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www.ildialogo.org Dar voce alle minoranze: una questione di democrazia e laicità,di Agenzia NEV del 21-10-2009

VERSO LA XV ASSEMBLEA FCEI
(Firenze, 5-8 dicembre 2009)
INTERVISTA

Dar voce alle minoranze: una questione di democrazia e laicità

di Agenzia NEV del 21-10-2009

Letizia Tomassone, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI)


La FCEI si avvia alla sua Assemblea triennale in un momento ecumenicamente delicato. Quali sono stati i successi e quali i fallimenti ecumenici degli ultimi anni?
Questi anni sono stati aperti dalla grande impresa della Terza Assemblea ecumenica europeadi Sibiu (Romania). Già in quel momento, alla fine dell’estate 2007, si dubitava della possibilità di ri-attivare un dialogo ecumenico. L’assemblea, con tutti i limiti che ha mostrato e che anche noi abbiamo sottolineato, ha però rimesso in moto delle dinamiche. Ci siamo resi conto che abbiamo bisogno del dialogo ecumenico, per la nostra stessa società. Abbiamo rafforzato legami con il SAE e con Pax Christi. Importante è diventato l’appuntamento giovani di “Osare la pace per fede”. Ma il lavoro europeo ha attivato anche delle energie nei dialoghi fra chiese evangeliche. Si è consolidata la prassi di lavorare insieme nell’ambito degli incontri ecumenici europei: è quanto è accaduto anche all’Assemblea della Conferenza delle chiese europee (KEK). E’ certamente un successo ogni volta che riusciamo a incontrarci. I fallimenti sono soprattutto legati allo scarso riconoscimento che sentiamo di avere da parte della chiesa cattolica, che spesso ci considera solo come un contorno decorativo rispetto ai rapporti reali, nei quali intercorrono questioni di potere e di immagine, con le chiese orientali o con la chiesa anglicana.
 
La FCEI vanta una serie di relazioni internazionali, prima tra tutte la KEK. Come vede, dall'osservatorio italiano, le dinamiche ecumeniche nell'Europa di oggi? Su quali temi crede che le chiese  possano e debbano intervenire nei confronti delle istituzioni europee?
La FCEI ha avuto un ampio riconoscimento rispetto al lavoro sui migranti e i richiedenti asilo in Italia, e rispetto al modo in cui le chiese si sono aperte alla presenza di credenti venuti dall’immigrazione. Questo è un tema di diritti di cittadinanza su cui assieme alla KEK abbiamo da investire molto in Europa. E un altro piano in cui siamo pienamente coinvolti è quello relativo all’ambiente e ai cambiamenti climatici. Mai come oggi ci dobbiamo confrontare con l’urgenza che richiede la “conversione” dei nostri stili di vita. Su questo le istituzioni europee sono più aperte di quelle italiane e sono per noi un interlocutore importante.
 
Il dialogo interreligioso è da tempo all'attenzione delle chiese evangeliche, ma spesso si limita al rapporto con l'islam. La FCEI in che rapporto si pone con la crescente realtà dell'islam italiano? E più in generale, come vede il rapporto con le altre comunità di fede?
E’ un fatto che le chiese che fanno parte della FCEI sono coinvolte in un dialogo in particolare con il mondo islamico. Nelle città la presenza di centri islamici è spesso appena tollerato e fanno bene le chiese ad attrezzarsi per sostenere una pratica di incontri e di confronto.
Il dialogo con le comunità ebraiche continua in modo molto leggero, attraverso le Amicizie ebraico-cristiane, ma la FCEI non ha una commissione che se ne occupi nello specifico. Tavoli interreligiosi in cui sono presenti esponenti di altre religioni vi sono in molte città, penso a Torino. Nel lavoro intrapreso per il riconoscimento delle Intese e della legge sulla libertà religiosa lavoriamo assieme a buddisti e induisti. Sono tutti rapporti da sviluppare, con un approccio sociologico ma anche e forse prima di tutto teologico.
 
Xenofobia, omofobia, disprezzo per le minoranze: la cronaca di questi mesi è punteggiata di piccole e grandi violenze contro i diversi. Come reagisce a questo clima culturale il protestantesimo italiano che si riconosce nella FCEI?
Con una partecipazione grande e generosa alle manifestazioni contro ogni forma di razzismo. Le nostre chiese sono ormai dei luoghi di grande apertura e di un dibattito rispettoso, anche quando si esprimono posizioni contrarie. Ho l’impressione che l’apertura che troviamo nelle nostre chiese, in questo settore almeno, non rispecchi per nulla la situazione della nostra società. E’ dunque una ricchezza da cui partire per mostrare che è possibile e anche piacevole convivere.
 
Essere voce dell'evangelismo italiano: è questo uno degli obiettivi per cui è nata la FCEI. Un voce che fatichiamo a udire nel dibattito pubblico.
Questo è un problema di potere, di peso nell’informazione pubblica che tende a essere uniformata. E’ anche un corollario del fatto che l’ecumenismo funziona poco, cioè che non c’è interesse da parte cattolica a dar risalto neppure a prese di posizione comuni. Per esempio, il convegno ecumenico nazionale svoltosi a maggio a Siracusa, ha prodotto un bel documento contro i respingimenti di migranti nel Mediterraneo, documento che non è stato diffuso neppure dai media cattolici, più interessati alle dichiarazioni sullo stesso argomento di qualche vescovo.
La questione di una informazione bloccata, però, ci tocca non solo perché oscura la nostra voce, ma perché esprime una società ferma, incapace di dar voce alle minoranze o al pensiero divergente. E’ una questione di democrazia e laicità, non smetteremo di lavorarci. (NEV-Notizie evangeliche 42/2009)


Giovedì 22 Ottobre,2009 Ore: 15:56
 
 
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