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www.ildialogo.org E se anche le chiese fossero “liquide”?,di ABS

Dopo Chianciano e in vista degli “Incontri di Koinonia”
E se anche le chiese fossero “liquide”?

di ABS

E se anche le chiese fossero “liquide”? È la domanda che mi si è presentata a conclusione della XLVI Sessione di formazione ecumenica del SAE, che si è svolta a Chianciano dal 26 luglio al 1 agosto ed a cui ho partecipato “in spirito di Koinonia”: nel senso di sentire e rendere partecipi quanti condividono il comune cammino di speranza e di riflessione. In fondo, è in ragione e a nome di quanto maturiamo e sosteniamo insieme che mi trovavo lì, e non certo sotto altri titoli: dico questo per ragioni che appariranno forse dopo, e non per qualche artificio di circostanza.
L’espressione “liquida” è mutuata da Bauman, che parla di “società liquida” e “vita liquida” nel senso che “le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida, come la società liquido-moderna non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo” (in Vita liquida, Introduzione, pag. VII).
Questo accostamento è nato dal fatto che, trattandosi di un’assemblea di formazione ecumenica, siamo stati messi davanti alla situazione dei rapporti tra le chiese e tra cristiani, almeno dove questi ci siano, come nel caso del SAE. Mentre tutto si svolgeva sulla base e in un clima di amicizia e di fraternità, e mentre sul piano della riflessione il consenso sembrava inevitabile (dato anche il tema: “La Parola della croce”), i nodi di fondo della separazione tra le chiese si rivelavano insolubili. Si potrebbe parlare di vasi comunicanti o di percorsi carsici alla base, ma in superficie rimaneva intatta l’immagine di chiese granitiche a scompartimenti stagni.
Ma una domanda era d’obbligo: se una vera comunione nella fede può avvenire in qualche modo e in qualche luogo, perché non dovrebbe o potrebbe avvenire globalmente tra i blocchi storici, almeno come tensione e come chance? Bisognerebbe che questi ghiacciai si liquefacessero, per dare vita a quel mare risanato di cui parla il profeta.
Il linguaggio delle immagini purtroppo non è il mio, ed ecco che al di là delle suggestioni immediate e fugaci si presentano le questioni che impediscono la fluidità necessaria, per cui i modi di essere e di agire restano consolidati in abitudini e procedure, come se il vino nuovo si volesse continuare a metterlo in otri vecchi. Altra immagine evangelica è quella del sale, che se non vuole essere buttato via e calpestato deve necessariamente sciogliersi nelle situazioni umane e storiche più diverse. Così come è illuminante il richiamo al seme destinato a morire perché possa portare frutto, ai tralci della vite che vanno potati, al corpo che vale più del vestito, alla vita che conta più del cibo ecc... C’è bisogno d’altro per convincersi di quanto sarebbe necessario andare al cuore delle questioni e consentire alla vita di essere vita, senza perdere in realismo e verità?
È qui che il discorso si riporta su Koinonia, in quanto anche questa esperienza di Chianciano, insieme ad altre, ha portato a maturazione che si può essere partecipi a questi eventi senza vesti ufficiali, ma sempre in ragione dell' “I care”. Nel DNA di Koinonia c'è un ecumenismo intrinseco alla fede, prima di quello accessorio tra le Chiese!
Per questo crediamo che ad un ecumenismo geografico e orizzontale dovrebbe subentrare un ecumenismo verticale, che attraversi tutti gli strati e le varie stratificazioni della fede dentro e tra le varie confessioni. In questo senso, Koinonia, intesa come intento e come vissuto, non si è mai posta come motivo di identificazione e di appartenenza, ma solo come fattore di comunicazione nella ricerca di quel “gradino zero della fede” di cui ci parla P.Claverie.
Senza uscire dal sistema visibile di chiesa, ma esercitando un discernimento critico, ha sempre dato la precedenza allo strato comunicativo interpersonale, che implicava un coinvolgimento totale di fedeltà e di ricerca, evitando di affidarsi a presupposti o a finalità predefinite.
Guardando all’immediato e volendo continuare a muoverci in questa linea di comunicazione aperta e spontanea, ma ragionata - che consenta di rimettere assieme le varie tessere di una verità che è dentro di noi - tutto si traduce in questo momento in alcune indicazioni di lavoro scaturite dalle diverse esperienze vissute sia tra di noi che con altri, fino appunto alla settimana di Chianciano, ricca di incontri e di nuove disponibilità.
Una costante in tutti questi passaggi e scambi è stata la latitanza delle nuove generazioni e l’interrogativo comune è per tutti come e a chi trasmettere o consegnare quel patrimonio di fede e di conoscenze che ha illuminato il nostro futuro e che forse potrebbe illuminare l’avvenire dei giovani. C’è un problema di formazione e di contagio delle coscienze: niente più è automatico in questo campo, ed anche i molti espedienti studiati e messi in atto vanno verso la condizione giovanile in quanto tale, piuttosto che favorire la necessaria continuità e unità tra le generazioni. Nelle sue espressioni estreme, il mondo dei giovani sembra diventato il mondo di tutti, mentre dovrebbe essere il contrario! E questo anche in versione ecclesiale, quando vediamo che nei Vangeli la categoria “giovani” non è affatto presente e che l’unico fallimento di Gesù riguarda proprio il “giovane ricco”!
È su questo punto di frattura che vorremmo porci, almeno come attenzione, nel tentativo e nella speranza di operare quella saldatura, non solo tecnica o di principio ma militante, che eviti ripetute sincopi generazionali: che vuol dire prendersi cura del tutto in maniera tale che ci siano spazio e chance anche per i giovani interessati al mondo di tutti oltre che al proprio mondo.
Perché, ad esempio, sembra funzionare l’operazione a ritroso di reclutamento dei giovani per posizioni autoritarie e conservatrici più che di apertura al futuro? C’è modo di provocare un coinvolgimento globale, non ideologico o festivaliero ma di convinzione e assunzione di responsabilità, nei confronti del passato e del futuro insieme?
In sostanza, ci chiediamo e chiediamo come muoversi per una iniziativa non mirata alla conquista del mondo giovanile, ma che preveda spazi di incontro, di dialogo, di confronto e di convergenza con chi ha voglia di sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda per guardare insieme al futuro. È la sfida che vogliamo accogliere!
Rimanendo sempre nel nostro piccolo, lanciamo una mobilitazione di intelligenza e di impegno, per una riflessione e azione collettiva nella prospettiva suggerita dalle parole di S.Paolo: “Cittadini degni del vangelo”: tradizione e futuro delle Chiese. Qualcosa che ci riporta alla corresponsabilità delle chiese, chiamate alla promozione e tradizione della fede come e quanto alla salvaguardia del creato. Non è questo il banco di prova comune, al di là di ogni proselitismo confessionale?
 
ABS

Articolo tratto da:

FORUM (159) Koinonia

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Mercoledì 26 Agosto,2009 Ore: 15:33
 
 
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