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www.ildialogo.org Chiediamo al papa di mondare la Chiesa dal sangue innocente da essa versato, come istituzione umana, utilizzando, prima, e consentendo, poi, universalmente, l’utilizzo della pena di morte.,di diacono Giuseppe Cavallaro

Chiediamo al papa di mondare la Chiesa dal sangue innocente da essa versato, come istituzione umana, utilizzando, prima, e consentendo, poi, universalmente, l’utilizzo della pena di morte.

di diacono Giuseppe Cavallaro

Se la Chiesa afferma, al n° 2261 del N. C. che: La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento «Non far morire l’innocente e il giusto»” (Es 23,7), lo fa allo scopo di giustificare la sua dottrina morale, circa la pena di morte, secondo la quale: “il comandamento «Non uccidere» ha valore assoluto quando si riferisce alla persona innocente” (Evangelium vitae n° 57) e valore relativo, quando si riferisce alla persona colpevole, infatti: “L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude… il ricorso alla pena di morte” (N.C. n° 2267).
Una precisazione poco convincente (vedi docum. n° 1 sito), su cui essa fonda il principio di liceità morale della pena di morte e mediante il quale, universalmente, educa le coscienze umane all’uccisione “legale” e offre ad esse un valido alibi per uccidere con il permesso di Dio.
Essa, aborrendo la pena di morte, solo quando questa è inflitta alle persone innocenti e permettendola quando è inflitta alle persone colpevoli, in verità, non protegge neanche la vita delle persone innocenti, a cui essa attribuisce valore assoluto.
La liceità morale di uccidere le persone colpevoli comporta, inevitabilmente, l’uccisione di una percentuale di vittime innocenti.
Un esempio: alcuni anni fa, un noto giudice della Corte suprema della Florida, Gerard Kogan, rivolgendosi alla Corte suprema degli Stati uniti, ebbe a dichiarare che grazie al Dna, la prova genetica, ben 53 detenuti nel braccio della morte furono scarcerati perché innocenti.
E Michael Radelet , autorevole giurista dell’Università, sempre, della Florida, accertò che 26 dei 500 detenuti sino ad allora giustiziati erano innocenti.
Perciò, autorizzando l’uccisione delle persone, considerate colpevoli dalla legge umana, che è imperfetta, come essa sa bene, ne autorizza anche l’uccisione di quelle innocenti, rendendosi, moralmente responsabile della loro morte.
E questo nonostante Gesù l’avesse avvertita di non porsi mai, nei confronti della vita umana, come arbitra assoluta, poiché: “l’arbitrarietà assoluta è alla radice di ogni male” (Benedetto XVI).
Nella parabola del grano e della zizzania (Mt 13,24-30); (vedi docum. n° 5), alla richiesta dei suoi servi, ossia degli Apostoli, di estirpare dal mondo la zizzania, che rappresenta, appunto, le persone giudicate gravemente colpevoli dalla legge umana, Gesù rispose, decisamente, “No”! E motivò: “perché non succeda che estirpandola, con essa sradichiate anche il grano” (Mt 13.29), cioè, perché non succeda che condannando a morte persone considerate colpevoli dalla legge umana, uccidiate anche quelle innocenti, rappresentate dal grano.
Quindi, Gesù rivela ai suoi servi, cioè alla Chiesa,che l’arbitrarietà assoluta, ovvero il diritto di decidere della vita e della morte nei confronti della persona umana, è un peccato grave perché determina, di fatto, la violazione del 5° Comandamento: “Non uccidere” (Es 20,13 ; Dt 5,17).
La Chiesa che, non è solo un’istituzione umana, ma anche divina, non può, assolutamente compromettersi con il principio cinico: “il fine giustifica i mezzi”, ma più del Corano deve poter dire: “Chiunque uccide una persona innocente è come se avesse ucciso l’umanità intera”.
Essa è il Corpo mistico di Cristo, ossia, è per il Cristo quello che il corpo è per l’anima, per cui, avendo utilizzata la pena di morte, direttamente nei tempi passati e, indirettamente nei tempi attuali per mezzo della liceità morale del principio penale capitale, come istituzione umana, ha sporcato di sangue innocente le mani di questo Corpo.
Solo proteggendo la vita umana, incondizionatamente, dal suo concepimento alla morte naturale, che sopraggiunge solo per vecchiaia o malattie, essa  protegge, in modo assoluto, anche la vita umana innocente.
La Chiesa attuale, ad imitazione di quella originaria, deve proteggere tanto gli innocenti, quanto i colpevoli, tanto gli Abele, quanto i Caino, perciò, Dio stesso dichiara: “chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte! Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato” (Gn 4,15).  
Se il Dna, ha fornito al mondo la prova scientifica che, in un contesto sociale e religioso in cui vige la pena di morte, è impossibile proteggere, in modo assoluto, la vita umana innocente, la prova morale ci viene fornita da Gesù stesso: Egli, il giusto per eccellenza, non è stato, forse assassinato innocentemente, proprio con la pena di morte? E la sua morte cruenta non dimostra la veridicità del suo insegnamento, circa l’incapacità umana di poter distinguere, con certezza assoluta, l’innocente dal colpevole (Mt 13,24-30)?
L’unico modo, certo, per proteggere la vita umana “innocente” è quello di condannare sempre la pena di morte, cioè “l’arbitrio assoluto”, mediante il quale “l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e dare la morte” (Benedetto XVI).
In qualità di diacono affido questa riflessione e me stesso al papa, a cui chiedo, unitamente a tutti i membri del Popolo di Dio clero e fedeli laici che ne condividono il contenuto, di lavare la Chiesa dal sangue delle vittime innocenti uccise con la pena di morte, rinunciando al principio di liceità morale della pena di morte e promuovendo preghiere per esse.
La Chiesa torni ad essere ed agire come quando è uscita dal Cenacolo dopo la preghiera di Maria e la discesa dello Spirito Santo.
 
7 ottobre 2009                                                                diacono Giuseppe Cavallaro
 
 
E-Mail gius-cavallaro@libero.it                                      www.chiesacattolicaproprincipiopenalecapitale.it
 
 
 
 
 


Venerdì 16 Ottobre,2009 Ore: 15:31
 
 
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