- Scrivi commento -- Leggi commenti ce ne sono (0)
Visite totali: (277) - Visite oggi : (1)
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori Sostienici!
ISSN 2420-997X

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito

www.ildialogo.org «Riflessioni a perdere»,di Alberto Simoni

Sula caso Le Piagge
«Riflessioni a perdere»

di Alberto Simoni

INFALLIBILITÀ DELLA PRASSI?
 
Qualcuno forse è rimasto meravigliato del silenzio o della mancata solidarietà – anche sollecitata - per l’amico don Alessandro Santoro in un momento difficile della sua vita. In realtà solidarietà c’è stata e c’è per lui e per la sua solitudine, nonostante il coro di voci amiche che ha intorno. Sì, perché so per esperienza che in momenti come questi è il senso di solitudine e di abbandono che ti prende nel profondo, e la mia fraterna vicinanza ad Alessandro non è quella traducibile in parole, ma di sostegno interiore quando tutta la sua vita è rimessa in discussione in nome di Cristo e dentro la Chiesa. Per cui una solidarietà gridata potrebbe lasciare il tempo che trova ed esaurirsi nello spazio di una giornata.
La solidarietà personale e silenziosa a don Alessandro non impedisce di guardare al problema di fondo che la vicenda sua e delle Piagge ripropone e chiedersi ancora una volta quale sia il modo migliore di uscirne. Senza poter approfondire tutti gli aspetti della questione, ma tenendo conto soprattutto del tenore delle varie dichiarazioni di solidarietà e dei pronunciamenti della Curia di Firenze, ho l’impressione che con le considerazioni personali si voglia sottovalutare l’aspetto istituzionale e dall’altra parte per il rispetto di esigenze istituzionali si voglia passar sopra alla dimensione umana. Per cui si ripropone in eterno il dissidio di fondo tra sistema e comunità, tanto che meraviglia la meraviglia di sorprendersi per provvedimenti forse anche previsti o da mettere in conto.
Due messaggi di amici - E.Peyretti e Vincenzo Bellini - tentano di entrare nel merito generale della situazione. Per me personalmente si ripresenta ancora una volta la questione di fondo della comunicazione tra la “chiesa dei poveri” e la “chiesa-potere” come già tra il povero Lazzaro e il ricco epulone: Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi” (Lc 16,26).
Dico questo non solo per il caso specifico, ma in linea generale, perché se davvero si vuole una chiesa evangelica, bisogna che lo sia fino in fondo, senza alcun potere, neanche quello giurisdizionale e magari scuotendosi la polvere dai calzari se necessario. Se c’è una potestà sacramentale o di “grazia e verità”, nessuno potrà impedirci di esercitarla in qualunque modo. E questo bisogna riuscire a farlo con la libertà con cui Cristo ci ha liberati!
Ecco perché, a mio modo di vedere, al di là dello sconcerto e delle prese di posizione il punto è come prevedere e sviluppare una effettiva riforma evangelica della chiesa su tutta la linea, compresa quella teologica: in questo senso ci sarebbe da imparare dalla chiesa o chiese riformate come attuare ai nostri giorni questo progetto, senza contentarsi di contrapporre ad una infallibilità dottrinale e assolutismo istituzionale una sorta di infallibilità della prassi e un assoluto dei fatti. Non è proprio quello che è mancato in tutti questi anni e che abbiamo vanamente invocato e che continuerà a mancare se non ci decidiamo a trovare il verso o un metodo di riforma o di esistenza ecclesiale che non sia necessariamente tributaria dell’esistente ma abbia forma evangelica su tutta la linea?
Sono accenni e auspici ripetuti, allora non posso non ricordare quanto andavo riflettendo al tempo della vicenda “Isolotto” e quanto ingenuamente osai scrivere allora come proposta per uscire da simile impasse, che si ripete come le stagioni senza spostare di un centimetro le rispettive posizioni. Per chi ha pazienza di riandare ai trascorsi di 40 anni fa, mi permetto di riproporre parte dell’articolo che apparve nel 1969 sulla rivista “Vita sociale”, al solo scopo di guardare avanti e vedere come venire a capo di un impasse ricorrente che ritarda o fa smarrire ogni volontà di riforma radicale e globale.
 
PROPOSTA PER L' ISOLOTTO
 
Lo si voglia ammettere o meno, il braccio di ferro, a Firenze, continua, all’insegna di un equivoco, che investe ormai la Chiesa, il Vangelo, il Cristo stesso, anche in questo caso segno di contraddizione. Né vale, per uscir d'equivoco, inchiodarsi su posizioni di principio o irrigidirsi su necessità di fatto, come sembra si stia facendo: voler stabilire ad ogni costo se l’offesa sia per una Autorità legittimamente operante o per una Comunità ed una esperienza pastorale degne se non altro di considerazione. In tal caso, l’equivoco non si farebbe che favorirlo ed esasperarlo, continuando a muoversi su piani paralleli, camminando su una strada a senso unico, in cui il mancato incontro è solo un motivo in più per non farsi incontro a chi magari potrebbe essere dietro o più avanti. Non si pretenderebbe di fare il miglio in più, ma almeno di percorrere insieme un tratto di strada!
 
Al limite, ci si potrebbe trovare di fronte questa situazione assurda ed insostenibile: la collisione di due sistemi di vita ecclesiale, ciascuno dei quali chiuso in se stesso e coerente con se stesso, ma incapace di recepire ed assorbire, sia pure dialetticamente, l’altro; due metodi, insomma, o stili di conduzione pastorale, che si trasformano via via in modi diversi ed incompatibili di essere e voler essere Chiesa. E poco vale, in questo caso, la volontà dichiarata di mantenere l'unità della Chiesa o di mantenersi nella Chiesa, quando i fatti potrebbero testimoniare diversamente!
 
Di fronte a questo stato di cose è facile essere tentati di “passare dall’altro lato della strada”: o minimizzando le proporzioni di un dramma, che supera forse chi è chiamato ad interpretarlo, o adottando l’atteggiamento scandalistico ed allarmistico di chi preferisce dispensarsi dal vedere le cose in faccia. In caso di impegno, invece, sappiamo già dove possono portare il legittimismo di una restaurazione o un riformismo ad oltranza: a schierarsi appunto per una parte o per l’altra, più per una certa affinità emotiva che per chiarezza e consapevolezza di scelta. Per cui ciò che conta è sempre la decisione iniziale e pregiudiziale, ed ogni confronto parte da posizioni di forza. Questo spiega, ad esempio, come ogni tentativo di incontro e di dialogo si sia spesso risolto in motivo e fattore di maggiore irrigidimento. E non so se sia del tutto esagerato dire che ci troviamo ormai di fronte ad una polemica che ha smarrito le sue più valide e legittime motivazioni e che va soffocando la sua ispirazione e la sua stessa ragion d'essere, per imporsi ed esaurirsi quasi come fine a se stessa. “Si lotta si lotta - ci si sente dire - ma non si sa ormai più perché!”.
 
È necessario perciò che si dissolva ogni fumo di polemica, perché ci possa essere un certo chiarimento; è necessario renderci conto e tener conto che è in gioco molto più che una semplice questione interna della Diocesi fiorentina o la sopravvivenza di una Comunità troppo semplicemente squalificata con un “cosiddetta”. È necessario uscire da termini così ristretti, per ripensare e rivedere tutto in termini autenticamente ecclesiali, nel rispetto di quel “sensus fidei” e “sensus Ecclesiae”, di quella sensibilità di fede e sentimento di fraternità, che stanno oltre ed al di sopra di qualunque struttura giuridica e di un qualunque sistema teologico; che sono, anzi, la misura più valida di ogni comportamento ecclesiale di carattere gerarchico e pastorale.
 
Ed è proprio questa sensibilità di fede e questo sentimento di fraternità del popolo di Dio a chiedersi come siano possibili e come si spieghino questi contrasti all’interno della Chiesa, a domandarsi cosa se ne debba pensare e cosa ci sia da fare. Poiché, il primo, comune torto di fronte a quanti sentono di non doversi schierare - e sono i più - potrebbe essere il fatto che questo contrasto ci sia, che sia offesa la fraternità, indipendentemente da ogni preciso bilancio dei torti e delle ragioni.
 
E non è sufficiente, per rispondere a queste richieste e per inquadrare un fenomeno così vasto e complesso, ricorrere ad interpretazioni parziali e limitate di carattere disciplinare, canonico, ed anche sociologico e politico. Si richiede invece una visione e valutazione d'insieme e globale, che tenda non tanto a sottolineare e mettere in rilievo inevitabili difetti e manchevolezze reciproche, ma a scorgere le effettive possibilità di un risanamento, di crescita e sviluppo del Corpo del Cristo, la Chiesa, nelle forme in cui l'umanità, che è la sua, lo richiede, e non solo come una certa prassi lo impone.
 
Questo l'intento da perseguire. Ma dobbiamo confessare di non sapere ancora come. Al di là delle risposte polemiche o di circostanza che si possono via via formulare, si acuisce la coscienza di un limite che lascia perplessi e rende problematico ogni definitivo pronunciamento: l'assenza o la carenza di un criterio valido ed abbastanza ampio di valutazione, di lettura esatta di questi autentici segni dei tempi, belli o brutti, buoni o cattivi che siano. L’Osservatore Toscano, organo della Curia fiorentina, non manca di ingenuità, quando crede di dirimere inequivocabilmente la questione, facendo ricorso alla “autentica teologia, quella da sempre professata dal Magistero della Chiesa Cattolica” (strano connubio tra teologia e Magistero!), da contrapporre alle “argomentazioni quanto meno strane” di un semplice incaricato, il noto religioso P. Balducci, a “presentare una teologia di comodo come quella che si predica e si pratica all'Isolotto”. Più serietà e meno avventatezza nelle affermazioni non guasterebbero! Non ci si illuda che una “teologia dell’Isolotto” (ammesso che vi sia, ma comunque sarebbe tutta da scrivere prima di poterla giudicare e condannare), possa trovare confutazione e risposta in alcune pur autorevoli parole del Papa ed in alcune citazioni di S. Ignazio, suscettibili peraltro di una più globale interpretazione teologica.
 
Questo semplicemente per dire dove sia il punctum dolens di tutta la faccenda: in due diverse concezioni o modi di intendere la Chiesa, contrapposte l’una all’altra, senza il tramite di una adeguata mentalità evolutiva e dialettica della vita concreta della Chiesa, a cui ogni teologia dovrebbe ispirarsi e rimanere asservita. E spesso, anche chi si batte per il rinnovamento non trova il modo giusto di operarlo e rimane ugualmente vittima di una mentalità assolutista ed intransigente, sia pure dall'altra sponda. Per questo sembra che non vi sia via di mezzo, fermo restando che questa via rimane comunque da ricercare.
 
Oltre che la solidarietà e il necessario incoraggiamento a don Alessandro per non demordere e non abbandonare la sua ricerca e testimonianza di una chiesa evangelica, la mia e nostra vicinanza al carissimo don Renzo Rossi, chiamato ad ereditare la sua opera, che certamente saprà rispettare e incrementare con il suo spirito libero di fraternità universale di “prete fiorentino”. Coraggio Alessandro, auguri Renzo, e in questa lotta siamo davvero con voi!
 

 

Articolo tratto da:

FORUM (170) Koinonia

http://www.koinonia-online.it

Convento S.Domenico - Piazza S.Domenico, 1 - Pistoia - Tel. 0573/22046



Mercoledì 04 Novembre,2009 Ore: 16:22
 
 
Ti piace l'articolo? Allora Sostienici!
Questo giornale non ha scopo di lucro, si basa sul lavoro volontario e si sostiene con i contributi dei lettori

Print Friendly and PDFPrintPrint Friendly and PDFPDF -- Segnala amico -- Salva sul tuo PC
Scrivi commento -- Leggi commenti (0) -- Condividi sul tuo sito
Segnala su: Digg - Facebook - StumbleUpon - del.icio.us - Reddit - Google
Tweet
Indice completo articoli sezione:
Crisi chiese

Canali social "il dialogo"
Youtube
- WhatsAppTelegram
- Facebook - Sociale network - Twitter
Mappa Sito


Ove non diversamente specificato, i materiali contenuti in questo sito sono liberamente riproducibili per uso personale, con l’obbligo di citare la fonte (www.ildialogo.org), non stravolgerne il significato e non utilizzarli a scopo di lucro.
Gli abusi saranno perseguiti a norma di legge.
Per tutte le NOTE LEGALI clicca qui
Questo sito fa uso dei cookie soltanto
per facilitare la navigazione.
Vedi
Info