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www.ildialogo.org C'è un giudice a Strasburgo,Bruno Gambardella

C'è un giudice a Strasburgo

Bruno Gambardella

E’ giusto, direi inevitabile, discutere della sentenza della Corte Europea di Strasburgo sulla questione dell’esposizione dei crocifissi nei luoghi pubblici e, in particolare, nelle aule scolastiche. Io però non ho gradito le grida scomposte di certa stampa e di certa politica, di quelli che vogliono far credere che vi sia in atto uno scontro tra laicisti e cattolici e non tra laici e integralisti. Per un anticlericale come il sottoscritto questa sarebbe stata un’occasione d’oro  per ironizzare sui balbettii di Bersani, sui sermoni stantii alla Buttiglione e alla Gasparri, le scivolate sugli specchi del mio amico Daniele Capezzone: invece continuo a pensare che non si tratti di una rivincita europea della ragione contro l’oscurantismo italiano, ma di un semplice elemento di diritto e di civiltà.

I fatti sono più o meno noti a tutti. Dopo una lunga battaglia civile iniziata nel 2004, la cittadina italiana di origine finlandese Soile Lautsi è riuscita nel suo intento. La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha riconosciuto gli sforzi della donna, madre atea, nella sua lotta ai crocefissi nelle aule. Tale presenza viene oggi definita, come cita la sentenza stessa, "una violazione del diritto dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni".

Una vittoria giunta dopo molte sconfitte. I due figli di Soile frequentavano all'epoca dei fatti l'istituto statale Vittorio da Feltre di Albano Terme, quando il caso venne posto all'attenzione dell'opinione pubblica. Molti furono i ricorsi sollevati dalla donna seguiti da pesanti sconfitte, tra cui quella risalente al 15 dicembre 2004, giorno che aveva visto imporre dai giudici supremi della sesta sessione il simbolo della cristianità nelle aule del nostro paese.

Questa conclusione era stata preceduta da un altalenante gioco dei giudidi della Consulta, che in merito alla questione avevano preferito lavarsi le mani adducendo come scusa che l'affissione del crocifisso nelle scuole non era prevista da una legge, bensì da due regolamenti del 1924 e del 1927 sugli arredi scolastici, materia questa sulla quale il giudice delle leggi non poteva sindacare.

Nella sentenza di allora redatta dal Consiglio di Stato, lunga ben 19 pagine, venne argomentato il concetto di laicità nel nostro paese. Si affermava dunque che "la laicità, benchè presupponga e richieda ovunque la distinzione tra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti e uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all'interno della medesima civiltà, ed è pertanto relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com'è al divenire di questa organizzazione".

Una definizione di laicità al quanto sommariamente delineata che torna a far parlare anche nel febbraio 2006. Anno durante il quale il Consiglio di Stato aveva lasciato tali dispute all'ambito religioso, pronunciandosi con la sentenza 556 dalla quale trapelava che era necessario, "...verificare se l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche sia lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, che danno forma e sostanza al principio di laicità che connota oggi lo Stato italiano..". I giudici di Palazzo Spada all'epoca sottolinearono ciò ribadendo come "il crocifisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo in cui è posto e...in una sede non religiosa, come la scuola, destinata all'educazione dei giovani, il crocifisso potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata ed assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo), valori civilmente rilevanti...quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile".

Per il momento la Corte europea dei diritti dell'uomo, dando ragione a Solie Lautsi, sembra affermare l'esatto contrario, maturando una sentenza già divenuta un invito per legislatori del nostro Paese a ritornare sulla questione.

Il governo italiano ha già preannunciato ricorso, promettendo che si andrà fino in fondo nella difesa di un tratto fondamentale della tradizione del nostro Paese. Probabilmente un governo di centrosinistra avrebbe fatto la stessa cosa. Peccato che entrambi gli schieramenti dimentichino, alla vigilia del 150° avversario dell’unità, che l’Italia nasce laica e liberale. Sarà il fascismo a rimettere in discussioni le nostre radici imponendo il cattolicesimo come religione di Stato e un Concordato che, secondo alcuni, si è dimostrato una iattura per la stessa chiesa romana. Oggi chi difende certe tradizioni non sostiene la nostra storia, ma le necessità propagandistiche di un dittatore. Che questo lo facciano Gasparri e la Santanché è quasi naturale, ma che Bersani ci metta il suo….

 



Mercoledì 04 Novembre,2009 Ore: 23:26
 
 
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Sparta e Atene

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