Preti pedofili
Il rispetto della verità. Tutta intera

di ANTONIO RIZZOLO

Per doverosa informazione dei nostri lettori riprendiamo questo editoriale di Vita Pastorale di luglio 2007 - http://www.stpauls.it/vita/0707vp/0707vp09.htm, che esprime le posizioni delle gerarchie cattoliche sulla questione del documentario della BBC sui preti pedofili. le posizioni sono note ma crediamo sia opportuno poterle leggere direttamente in modo che ognuno possa farsi una propria idea sull’argomento. Sul nostro sito è disponibile il filmato della BBC in inglese con sottotitoli in italiani (Clicca quì per scaricarlo).


Alcune riflessioni e precisazioni dopo le polemiche suscitate dal documentario della Bbc dedicato ai casi di abusi sessuali su minori da parte di alcuni sacerdoti.

Ignoranza e pregiudizio o tesi costruite ad arte per attaccare la Chiesa? È una domanda che sorge spontanea sempre più spesso di questi tempi, nei quali l’anticattolicesimo in generale sembra farsi sempre più forte. Con il rischio di un arroccamento in difesa da parte dei credenti e di un conseguente venir meno del dialogo e talvolta della testimonianza libera e gioiosa dell’incontro con il Cristo risorto.
Questi attacchi, d’altra parte, creano anche molta confusione tra i semplici fedeli, mettendo in crisi la loro fiducia nei confronti dell’istituzione ecclesiale. È il caso delle recenti polemiche sorte attorno al documentario Sex crimes and the Vatican, realizzato dal giornalista della Bbc Colm O’Gorman e mandato in onda nella trasmissione di Michele Santoro Annozero.
Il rispetto della verità richiede che prima di tutto si riconoscano gli abusi e i crimini compiuti da sacerdoti nei confronti dei bambini. L’aveva già espresso con chiarezza Benedetto XVI il 28 ottobre 2006, rivolgendosi ai vescovi irlandesi: «Nell’esercizio del vostro ministero pastorale, negli ultimi anni avete dovuto rispondere a molti casi dolorosi di abusi sessuali su minori. Questi sono ancora più tragici quando a compierli è un ecclesiastico. Le ferite causate da simili atti sono profonde, ed è urgente il compito di ristabilire la confidenza e la fiducia quando queste sono state lese. Nei vostri sforzi continui di affrontare in modo efficace questo problema, è importante stabilire la verità di ciò che è accaduto in passato, prendere tutte le misure atte a evitare che si ripeta in futuro, assicurare che i principi di giustizia vengano pienamente rispettati e, soprattutto, guarire le vittime e tutti coloro che sono colpiti da questi crimini abnormi».
Come ha detto monsignor Rino Fisichella durante la trasmissione di Santoro, quei sacerdoti non dovevano diventare tali, andavano fermati prima, hanno fatto solo male alle loro vittime e all’intera comunità ecclesiale; ha ribadito anzi che questi crimini vanno denunciati con tempestività e lucidità.
Il rispetto della verità richiede però che questa sia presentata nella sua interezza. Da questo punto di vista il documentario della Bbc è molto carente, ed è costruito con una tesi: la responsabilità ultima è dell’attuale Papa. In questo modo si è voluto ridurre la pedofilia a problema della Chiesa cattolica, chiudendo gli occhi su un fenomeno diffuso in tutto il mondo occidentale, che cerca anzi, come ha denunciato don Fortunato Di Noto, una sorta di legittimazione culturale (è di questi giorni la notizia che i pedofili italiani si affidano alla riservatezza del Liechtenstein per celebrare via Internet, il 23 giugno, la giornata dell’orgoglio pedofilo).
L’errore, o la mistificazione di fondo, del documentario della Bbc (per una disamina più ampia si veda l’articolo di Massimo Introvigne "Preti pedofili, le falsità del video Bbc", Avvenire 30.5.2007, pp.10-11, disponibile sul sito www.cesnur.org) consiste nella confusione tra diritto della Chiesa e diritto dello Stato. «La Chiesa», scrive Introvigne, «ha anche un suo diritto penale, che si occupa tra l’altro delle infrazioni commesse da sacerdoti e delle relative sanzioni, dalla sospensione a divinis alla scomunica. Queste pene non c’entrano con lo Stato, anche se potrà capitare che un sacerdote colpevole di un delitto che cade anche sotto le leggi civili sia giudicato due volte: dalla Chiesa, che lo ridurrà allo stato laicale, e dallo Stato, che lo metterà in prigione». Il documentario induce così lo spettatore a pensare che quando il documento De delictis gravioribus afferma che i processi relativi a certi gravi crimini sono riservati alla giurisdizione della Congregazione per la dottrina della fede voglia dare istruzione ai vescovi di sottrarli alla giurisdizione dello Stato e tenerli nascosti.
Tra le altre falsità vanno ricordate quelle riguardanti l’istruzione del 1962 Crimen sollicitationis, in particolare quando si sostiene che essa «aveva lo scopo di coprire gli abusi avvolgendoli in una coltre di segretezza tale per cui "la pena per chi rompe il segreto è la scomunica immediata". È precisamente il contrario: il paragrafo 16 impone alla vittima degli abusi di "denunciarli entro un mese" [...]. Il paragrafo 17 estende l’obbligo di denuncia a qualunque fedele cattolico che abbia "notizia certa" degli abusi. Il paragrafo 18 precisa che chi non ottempera all’obbligo di denuncia dei paragrafi 16 e 17 "incorre nella scomunica". Dunque non è scomunicato chi denuncia gli abusi ma, al contrario, chi non li denuncia».
Soltanto ignoranza e pregiudizio? Vorrei comunque concludere con un invito fatto da padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana: «È giusto che anche la società nel suo insieme si renda conto che nel campo della difesa dei minori e della lotta alla pedofilia ha un lungo cammino da compiere. L’esperienza della comunità ecclesiale, che conta nella sua lunga storia incalcolabili meriti di impegno per la gioventù, dovrà essere un elemento importante per collaborare costruttivamente in questa direzione».

Antonio Rizzolo



Lunedì, 09 luglio 2007