Preti pedofili
Rassegna stampa sul caso don Gelmini

http://www.corriere.it/cronache/07_dicembre_29/sarzanini_14df4a7c-b5ed-11dc-ac5d-0003ba99c667.shtml
Verifiche sui contatti dopo l’avvio dell’inchiesta
Don Gelmini, indagini su Martellino
Il giudice nel 2002 archiviò una prima denuncia su presunti abusi ritenendola infondata
ROMA — Telefonate, richieste di aiuto, appuntamenti all’estero. Anche la procura di Firenze indaga su don Gelmini. Sono stati i magistrati di Terni a trasmettere una parte del fascicolo. Lo stralcio riguarda i rapporti tra il fondatore della comunità Incontro e Cesare Martellino, l’ex procuratore di Terni attuale rappresentante per l’Italia di Eurojust, la struttura di giustizia europea. E dunque dovranno essere i pubblici ministeri toscani—competenti a valutare eventuali reati commessi dalle toghe umbre — a stabilire se siano leciti quei contatti avvenuti dopo l’apertura dell’inchiesta per violenza sessuale che il sacerdote avrebbe commesso nei confronti di alcuni ospiti della comunità. Nove ragazzi che, dice l’accusa, sarebbero stati costretti a subire le sue attenzioni particolari. Il primo ad occuparsi delle denunce contro don Gelmini fu proprio Martellino.
Nel 2000, Michele Iacobbe, 34 anni, si presentò ai magistrati di Bari per denunciare di essere vittima di abusi. Il fascicolo fu trasmesso a Terni, ma il 28 maggio 2002 la procura ritenne infondata la querela e decise per l’archiviazione. Cinque anni dopo Iacobbe ha presentato una nuova denuncia. Non è stato l’unico. Altri ragazzi hanno confermato il suo racconto descrivendo nel dettaglio le molestie. E sono ripartiti gli accertamenti. Interrogatori, controlli, intercettazioni telefoniche. Quando la notizia dell’inchiesta è diventata pubblica, don Gelmini ha contattato Martellino. «Il citato magistrato — si legge in una delle informative depositate agli atti — ha esternato la sua meraviglia per il riproporsi di indagini aventi lo stesso contenuto di quelle da lui personalmente archiviate e ha consigliato al prelato di assumere un valido difensore».
Fin qui nulla di strano. Ma ad insospettire chi indaga è quanto era accaduto prima. Vincenzo Di Marzo, un imprenditore romano che è stato preside dell’Istituto tecnico situato all’interno della comunità di Amelia, si sarebbe attivato per cercare di saperne di più. «Si è recato a Torino—annotano gli investigatori—per acquisire informazioni circa le dichiarazioni di P.M., indicato da un altro tossicodipendente, D.B., come una delle vittime di abusi. E poi si è recato all’Aja, in Olanda, per avere un incontro con il dottor Martellino al fine di avere da quest’ultimo consigli su come don Gelmini dovesse comportarsi nella specifica vicenda». Anche le trascrizioni di queste telefonate e la ricostruzione degli spostamenti dell’imprenditore sono state inserite nel fascicolo spedito a Firenze. Perché i magistrati dovranno valutare se il comportamento di Martellino e di chi cercava di scoprire quali elementi fossero stati raccolti dalla polizia, abbia in qualche modo favorito l’indagato. Un’accusa già rivolta a due suoi collaboratori, Luigi La Rocca e Gianpaolo Nicolasi. Entrambi avrebbero cercato di convincere uno dei ragazzi, G.P., a ritrattare le accuse. E per farlo avrebbero potuto contare sull’aiuto della madre Patrizia Guarino, adesso sotto inchiesta con loro per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio.
Fu proprio lei ad informare La Rocca che il giovane era stato interrogato e aveva raccontato di aver subito violenza. Sono numerose le denunce citate negli atti, ma alla fine soltanto in nove casi i pubblici ministeri hanno ritenuto che ci fossero indizi concreti per formalizzare le accuse nei confronti di don Gelmini. Uno di loro, D.B. si era confidato con suo padre che era detenuto ed è stato l’uomo, con una lettera inviata al giudice di sorveglianza di Torino, a denunciare le presunte molestie subite dal figlio. Gli inquirenti ritengono che il viaggio nel capoluogo piemontese dell’imprenditore Di Marzo, avesse come scopo proprio quello di saperne di più su questa segnalazione.
Fiorenza Sarzanini




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«Minacciava i giovani e prometteva favori tramite gli amici politici»
ROMA — Li avrebbe spogliati, palpeggiati, baciati. Li avrebbe costretti ad avere rapporti sessuali. Giochi erotici che don Gelmini avrebbe organizzato all’interno della comunità Incontro di Amelia. Vittime, i ragazzi che cercavano di uscire dal tunnel della tossicodipendenza. E lo avrebbe fatto, come sottolinea il pubblico ministero nel capo d’imputazione, «minacciando di avvalersi della sua autorità e della conoscenza di numerosi personaggi politici influenti e promettendo favori tramite dette conoscenze ».
Nella «rete» di don Pierino, così come viene individuata dall’accusa, ci sono anche i collaboratori più stretti. Quelli che avrebbero tentato di convincere, in cambio di soldi e di una promessa di lavoro, uno dei giovani a ritrattare. Il prezzo del silenzio sarebbe stato diviso in più rate da 500 euro. In un caso il denaro sarebbe stato consegnato attraverso un bonifico online.

Le richieste sessuali
Sono nove i ragazzi che avrebbero subito la violenza, due erano minorenni. Uno di loro sarebbe stato costretto «fino a tutto il mese di ottobre 2007» e cioè quando il sacerdote era già stato interrogato e dunque sapeva di essere sotto inchiesta. Nel provvedimento il magistrato descrive nei particolari le presunte
avances di don Gelmini. E poi aggiunge: «L’indagato li induceva a soddisfare le proprie richieste sessuali commettendo il fatto nella comunità Incontro di Amelia di cui era responsabile e tenuto, come pubblico ufficiale o comunque incaricato di pubblico servizio, alla cura, vigilanza, educazione e custodia di soggetti in stato di tossicodipendenza, abusando delle condizioni di inferiorità psico-fisica derivanti da tale stato». Contesta poi l’aggravante «per aver approfittato di circostanze di tempo, di luogo e di persone tali da ostacolare la pubblica e privata difesa, con abuso di poteri e con violazione dei doveri inerenti la pubblica funzione o il pubblico servizio e alla qualità di ministro di un culto e con abuso di autorità e di relazioni domestiche o di coabitazione o di ospitalità». Il primo a rivelare che cosa sarebbe avvenuto nella struttura di recupero è stato Michele Iacobbe, 34 anni. La sua de nuncia fu archiviata nel 2002, ma lui non si è arreso. L’ha ripresentata quattro anni dopo e così ha determinato l’apertura di una nuova indagine. Dice di aver cominciato a subire violenza nel 1999 quando, come sottolinea il magistrato nel provvedimento, «era sottoposto a detenzione domiciliare presso la comunità e quindi privato della libertà personale ».
Dopo di lui, altri si sono fatti coraggio e hanno parlato. M.L., anche lui ai domiciliari, ha descritto che cosa avveniva quando il sacerdote lo chiamava nella sua stanza. La maggior parte ha messo a verbale fatti che sarebbero avvenuti tra il 2003 e il 2004. Come D.G., entrato in comunità per decisione del tribunale dei minori di Perugia che gli aveva concesso «l’affidamento in prova». Don Gelmini avrebbe cominciato a manifestargli le sue attenzioni particolari quando aveva 19 anni. La stessa età di M.S. che ha raccontato di aver subito «per almeno quindici volte e fino all’ottobre scorso».

L’inquinamento delle prove
Violenze, ma anche tentativi di depistare le indagini sono descritti nel provvedimento del pubblico ministero. La «rete» si sarebbe attivata alla fine dello scorso anno. Patrizia Guarino, madre di una delle presunte vittime, G.P., «dopo aver saputo le accuse mosse da suo figlio durante l’interrogatorio del 15 novembre 2006 presso la squadra mobile, comunicava le circostanze a Pierluigi La Rocca che lo comunicava a don Gelmini, aiutandolo a eludere le investigazioni». La Rocca è uno dei collaboratori più stretti del fondatore di Incontro. Ora è indagato per favoreggiamento, insieme alla donna e ad un altro dipendente della comunità, Giampaolo Nicolasi. Il pubblico ministero ricostruisce nei dettagli quella che definisce «la loro attività illecita »: «Dopo aver appreso da Guarino dell’esistenza di indagini su don Gelmini e dopo vari colloqui telefonici con la stessa Guarino, La Rocca si recava ad Avellino presso l’abitazione della donna e di suo figlio». Le date diventano a questo punto fondamentali. Il viaggio avviene il 24 novembre 2006. «Mediante offerta di lavoro — contesta il magistrato — La Rocca obbligava G.P. a scrivere una lettera, inviata il 29 novembre successivo alla polizia e alla procura della Repubblica di Terni in cui falsamente affermava di aver reso le dichiarazioni del 15 novembre "in evidente stato confusionale e sotto effetto di psicofarmaci", aiutando don Gelmini».
La Rocca e Nicolasi sono anche accusati di aver «indotto con un’offerta di lavoro e somme di denaro che venivano effettivamente corrisposte al G.P. in varie occasioni (il 3 aprile 2007 vaglia online di 500 euro) a ribadire mendacemente al pm il contenuto della lettera e più in generale la falsità delle precedenti accusa a carico di don Gelmini e altre circostanze non veritiere, senza riuscire nell’intento perché il 31 maggio 2007 G.P., sentito come indagato per calunnia nei confronti di don Gelmini, ribadiva le accuse e affermava il carattere non spontaneo e mendace della lettera del 24 novembre 2006».
Il primo giugno scorso, durante l’istruttoria, La Rocca è stato interrogato su questo episodio e ha affermato: «Nel novembre del 2006 ero ad Avellino a casa di questa persona ed effettivamente ho assistito alla redazione della missiva, ma non sono stato io a chiedergli di scriverla ». Ma poi ha ammesso che don Ezio Miceli, amico di don Pierino «ha regalato 5.000 euro alla madre del ragazzo perché ne aveva bisogno».
Fiorenza Sarzanini




http://www.ilmattino.it/mattino/view.php?data=20071228&ediz=AVELLINO&npag=29&file=D.xml&type=STANDARD
28/12/2007

Don Gelmini, indagata la mamma irpina di uno degli accusatori

Nell’inchiesta che vede don Pierino Gelmini accusato di violenza sessuale nei confronti di otto giovani della sua comunità, figurano indagati anche tre collaboratori del sacerdote, fra cui Patrizia Guarino, originaria della provincia di Avellino, accusata dalla Procura di favoreggiamento personale per avere riferito all’entourage del sacerdote dell’interrogatorio cui era stato sottoposto il figlio, uno degli accusatori di don Gelmini. Dopo circa un anno di indagini svolte dalla polizia nel più assoluto riserbo, ieri la Procura di Terni ha notificato ai difensori di don Pierino Gelmini l’atto di conclusione delle indagini nella quale l’ultraottantenne sacerdote è accusato di molestie sessuali ai danni di otto ospiti della «Comunità Incontro» da lui fondata. Gli altri due collaboratori indagati sono Pierluigi Larocca, e Giampaolo Nicolasi, anche lui ufficialmente residente nella comunità.



Lunedì, 31 dicembre 2007