Preti pedofili - l’opinione
Omertà vaticana

di Rosario Amico Roxas

« Prometto, mi obbligo e giuro che manterrò inviolabilmente il segreto su ogni e qualsiasi notizia, di cui io sia messo al corrente nell’esercizio del mio incarico, escluse solo quelle legittimamente pubblicate al termine e durante il procedimento »

E’ la formula di un giuramento che ha valenza sacrale, ma ci appare anche piena di omertà, quasi un sigillo o una coltre di silenzio che deve calare su fatti che coinvolgono un oprocedimento.
Risulta inquietante l’analogia che emerge con il giuramento che si recita nella iniziazione mafiosa, ma non si tratta di mafia, si tratta della formula che impone il silenzio (o l’omertà) all’interno della lettere riservata inviata dal vaticano a tutti i cardinali, vescovi e monsignori, redatta nel 1962 dal cardinale Ottaviani e confermata nel 2001 dal cardinale Ratzinger, ben nota come “Crimen sollecitationis”.
Il testo latino recita testualmente:
« Spondeo, voveo ac iuro, inviolabile secretum me servaturum in omnibus et singulis quae mihi in praefato munere exercendo occurrerint, exceptis dumtaxat iis quae in fine et expeditiones huius negotii legitime publicari contingat. »

Non vogliano entrare nel merito delle decisioni del Vaticano, ma si tratta di valutare non soltanto peccati contro la morale, che sono di competenza della Chiesa, ma di reati penali che lo Stato ha il diritto/dovere di perseguire.
Così ci chiediamo: perché un vescovo che viene a conoscenza del comportamento di un proprio sacerdote, peccaminoso per la Chiesa, ma delittuoso per l’autorità civile, non ne deve informare la magistratura dello Stato dove il reato è stato commesso ?

Per bocca del cardinale Bertone, segretario di Stato dello Stato città del Vaticano, così risponde:
“ Le Norme di cui stiamo parlando si trovano all’interno di un ordinamento giuridico proprio, che ha un’autonomia garantita, e non solo nei Paesi concordatari. Non escludo che in particolari casi ci possa essere una forma di collaborazione, qualche scambio di informazioni, tra autorità ecclesiastiche e magistratura. Ma, a mio parere, non ha fondamento la pretesa che un vescovo, ad esempio, sia obbligato a rivolgersi alla magistratura civile per denunciare il sacerdote che gli ha confidato di aver commesso il delitto di pedofilia. Naturalmente la società civile ha l’obbligo di difendere i propri cittadini. Ma deve rispettare anche il «segreto professionale» dei sacerdoti, come si rispetta il segreto professionale di ogni categoria, rispetto che non può essere ridotto al sigillo confessionale, che è inviolabile.”

Si potrebbe obiettare che tutto ciò che viene detto al di fuori della confessione non rientri nel «segreto professionale» di un sacerdote...quindi divulgabile….

Ma è sempre il cardinale Bertone che si assume l’onere di rispondere:

”È ovvio che si tratta di due livelli differenti. Ma la questione è stata ben spiegata dal cardinale Ersilio Tonini durante una trasmissione televisiva: se un fedele, un uomo o una donna, non ha più nemmeno la possibilità di confidarsi liberamente, al di fuori della confessione, con un sacerdote per avere dei consigli perché ha paura che questo sacerdote lo possa denunciare; se un sacerdote non può fare lo stesso con il suo vescovo perché ha paura anche lui di essere denunciato... allora vuol dire che non c’è più libertà di coscienza. »

Ma così emerge la libertà di delinquere, in nome e per conto della libertà di coscienza.

Se oggi un prete pedofilo, ammonito con una sentenza segreta del tribunale ecclesiastico, possibilmente trasferito per evitare pettegolezzi, come è troppo spesso accaduto, ripetesse le parole di Cristo: “Lasciate che i fanciulli vengano a me”, non suonerebbero più come una minaccia che come un paterno invito ?

E che fine fa, così, la maledizione divina quando Cristo stesso dice che “Coloro che daranno scandalo a questi innocenti farebbero meglio a legarsi una macina da mulino al collo e buttarsi in mare” ?
Non c’è affatto l’impressione che dal Vaticano si vogliano adeguatamente punire i colpevoli del più odioso dei crimini, perché perpetrato a danno di bambini innocenti, facile preda dell’autorevolezza che traspare dall’abito talare, indegnamente indossato.

Rosario Amico Roxas



Giovedì, 27 settembre 2007