Preti pedofili
Nascondere il misfatto non è rispondere alle accuse di abusi sessuali

di Andrew Hamilton

Traduzione di Stefania Salomone


06-settembre-2007
http://www.acbc.catholic.org.au/documents/2001030111.pdf
Mentre il vescovo Geoffrey Robinson stava coordinando la risposta della chiesa cattolica australiana agli abusi sessuali ad opera dei suoi ministri, è stato colpito dall’azione di disturbo dei vertici vaticani nel tentativo di imporgli il silenzio. Aveva chiesto se il celibato presbiterale e il modo in cui la chiesa esercitava il potere avessero contribuito agli abusi. Ha scritto il suo libro arguto e ben strutturato perché la sua chiesa sembrava dare maggiore importanza alla propria reputazione che alla ricerca della verità.

Il desiderio di proteggere la buona reputazione non è solo appannaggio delle chiese. Quasi tutte le organizzazioni rispondono alle critiche rifiutandole. Ma le organizzazioni idealistiche, chiese incluse, sono particolarmente sensibili alle accuse di comportamenti negativi. E’ in ballo la propria ragion d’essere. Le chiese ritengono di essere state invitate da Cristo a vivere fedelmente la propria vocazione. Molte chiese inoltre credono che lo Spirito Santo agisca attraverso l’istituzione.

Dato che la chiesa fin dagli inizi ha avuto un così alto senso della propria chiamata, ha riscontrato grosse difficoltà nel gestire i propri membri responsabili di gravi mancanze seriamente e pubblicamente. Sembrava inconcepibile che persone prescelte da Dio potessero agire in modo da tradire la propria chiamata e la chiesa a cui appartenevano. Tuttavia, l’esperienza ha insegnato che i cristiani, come ogni altro, hanno ucciso, hanno commesso adulterio, hanno perseguitato e hanno negato la propria fede.
Le chiese locali inoltre hanno dovuto decidere se riaccoglierli o meno. Alcune hanno rifiutato, altre lo hanno fatto prontamente; la maggioranza invece ha optato per riammetterli sono dopo un periodo di pubblico pentimento della durata di molti anni.
Nella maggior parte delle chiese vige il principio, "due falli e sei fuori".

Attitudini rigide o indulgenti erano spesso associate all’immagine che il popolo aveva della chiesa. Se la gente vede la chiesa prevalentemente come l’inossidabile sposa di Cristo o come l’Arca dell’Alleanza, allora è solita dimostrarsi molto severa con i peccatori. L’infedeltà o l’abbandono della nave sembravano essere situazioni senza ritorno. Se vedevano la chiesa come una rete piena di pesci, o come un campo dove grano e frumento crescono insieme, la riconciliazione era più facilmente prevista.

Finalmente le chiese hanno trovato il modo di risolvere il conflitto tra il requisito di vivere fedelmente e la riconciliazione dei suoi membri peccatori. Ma hanno dovuto affrontarne un’altra più difficile sfida. Alcuni critici hanno affermato che le azioni negative venivano perpetuate nell’ambito dell’autorità, della celebrazione e dell’azione pastorale a supporto della vita quotidiana della chiesa.

Tali accuse venivano spesso effettuate nel periodo del tardo medioevo; hanno coinciso con la necessità riformista compresa nella Riforma Protestante. La risposta cattolica fu ampiamente difensiva. Riaffermò le strutture e le modalità di azione che la Riforma attaccava, elaborando un sempre più elevato prestigio della chiesa e sviando il previsto cambiamento verso una estensione del ciclo formativo in tema di fede e disciplina. Si focalizzava sul senso del peccato e non sulla capacità delle istituzioni di corrompere la gente.

Come dimostra il vescovo Robinson nel suo libro, la chiesa cattolica ha risposto in modo simile allo scandalo degli abusi sessuali perpetuati dai suoi membri. Obbligatorietà del celibato del clero, relazioni istituzionalizzate fra clero e laici, sono state ampiamente riconfermate e sottratte ad ogni ulteriore discussione. Si continua a raccomandare una alta teologia della chiesa. Nel mentre, si è cercato di stabilire a livello locale procedure per gestire le accuse di abusi.

Questa strategia, sebbene in parte efficace, presenta chiaramente delle pecche. I membri delle chiese locali possono essere disillusi, ritenendoche la loro chiesa abbia negato la realtà degli abusi e che la risposta sia stata fredda e priva di efficacia. Continuare a non chiedersi se celibato e istituzionalizzazione del potere possano aver portato a fatti criminali contribuisce al fatto che si pensi che proprio questi siano i temi chiave.

Questi limiti sono accentuati dall’immagine teorica che la chiesa da di se stessa. Quando vediamo la chiesa come pura, come sposa di Cristo, come madre, e quando la associamo con l’immagine idealizzata di Maria, madre dell’umanità, è difficile riconciliare questa nobile immagine con la realtà, spesso arida, della vita reale della chiesa e dei suoi rapporti istituzionali.

La chiesa primitiva disponeva di svariate immagini che la potessero descrivere. Alcune di esse esprimevano la tensione tra la somma vocazione e la debole risposta. Descrivevano la chiesa come una "casta prostituta", riconducendo questa immagine al largo numero di donne di dubbia reputazione descritte nell’Antico Testamento. Queste immagini scoraggiavano decisamente la certezza che le strutture gerarchiche fossero senza peccato, stando a significare che peccatori sono gli individui stessi che vi appartengono. Scoraggiavano anche l’ipotesi che le strutture fossero senza peccato, dato che invece i singoli rappresentanti erano senza dubbio peccatori.

Una chiesa che riconosce la propria lotta per seguire la strada di Cristo non ha bisogno di difendere la propria reputazione. Può imparare dai propri errori.

Testo originale

http://www.eurekastreet.com.au/article.aspx?aeid=3379

Hiding weakness no way to answer sex abuse charges

06-Sep-2007
By Andrew Hamilton

While Bishop Geoffrey Robinson was coordinating the response of the Australian Catholic church to sexual abuse by its ministers, he was angered by Vatican officials attempting to silence him. He had asked whether clerical celibacy and the way power was exercised in his church contributed to abuse. He wrote his cogently-argued book because his church seemed to give a higher priority to a good institutional reputation than to concern for truth.
The desire to protect a good reputation is not confined to churches. Almost any organisation responds to criticism by rebutting it. But idealistic organisations, including churches, are particularly sensitive to claims that they have behaved badly. Their reason for existence is at stake. Churches believe that they are invited by Christ to live lives worthy of their calling. Many churches also believe that the Holy Spirit works through their institutions.
Because from the beginning the church had such a high sense of its calling, it found it difficult to deal with members who sinned seriously and publicly. It seemed inconceivable that people who were set apart by God would act in ways that betrayed their calling and the church they formed. Yet experience taught that Christians, like others, murdered, acted adulterously and, when persecuted, denied their faith.

Local churches then had to decide whether to receive them back or not. Some refused to do so; others did so readily; most would do so only after a regime of public penance that could last for many years. In most churches, two strikes and you were out.
Rigorous or lenient attitudes were often associated with the images people had of the church. When people saw the church predominantly as the stainless bride of Christ or as the ark, they were often severe to sinners. Infidelity and abandoning ship seemed to make return impossible. If they saw the church as a net full of fish, or a field where wheat and weeds grew together, then reconciliation would be conceivable.
Eventually churches found ways to hold together under some tension the conflicting demands to live faithfully and to reconcile their sinful members. But then they faced another, more difficult, challenge. Critics claimed that sinful attitudes and actions were woven into the patterns of authority, celebration and support that made possible the daily life of the church.
This claim was often heard in the late medieval church; it fed the demand for reform embodied in the Protestant Reformation. The Catholic response was largely defensive. It affirmed the structures and ways of working that the Reformers attacked, elaborated a high understanding of the church, and addressed the need for change by strengthening education in the faith and discipline. It focused on individual sins and not on the capacity of institutions to corrupt people.

As Bishop Robinson demonstrates in his book, the Catholic Church has responded in a similar way to the scandal of sexual abuse by its representatives. Practices like requiring celibacy of clergy, and institutional relationships between clergy and laity, were reaffirmed and removed from discussion. A high theology of the church was commended. Meanwhile, procedures were developed at a local level to deal with accusations of abuse.

This strategy, while not ineffectual, clearly has weaknesses. Members of local churches can become disillusioned, believing that their church has denied the reality of abuse and that its response has been half-hearted and ineffective. The failure to ask whether celibacy and institutional forms of exercising power nurture abusive behaviour lead people to believe that in fact they are influential.

These weaknesses are accentuated by the high imagery used to describe the church. When we see the church as sinless, as the bride of Christ, or as mother, and when we associate it with an idealised image of Mary the mother of humanity, it is hard to reconcile the lofty images with the often grotty reality of church life and of its institutional relationships.

The early church had a wide store of images to describe the church. Some of them expressed the tension between high calling and broken response. They described the church as a ‘chaste prostitute’, making use of the broad range of women of doubtful reputation in the Old Testament. Such images discourage the assertion that the church is sinless but that its individual members are sinful. They also discourage the assumption that the structures of authority are sinless, but individual officers are sinful.

A church that recognises its struggle to follow the way of Christ has no need to defend its reputation. It can learn from its mistakes.



Mercoledì, 12 settembre 2007