Preti pedofili
Caso don Gelmini, fra ipotesi e paradossi

di Korazim.org

Riprendiamo dal sito http://www.korazym.org/news1.asp?Id=24637 questo articolo della redazione di Korazim.org sul "caso don Gelmini"


07/08/2007

Alcune riflessioni sulla vicenda che coinvolge il fondatore della Comunità Incontro: i fantasmi anticlericali, le dichiarazioni “religiosamente scorrette”, le guerre fra don, la battaglia di comunicati stampa, la necessità di indagini serie e rigorose.

Qualcuno ci ha voluto vedere una vera e propria “guerra fra don”. Certamente, fra denunce e indagini, dichiarazioni alla stampa e interrogatori di fronte ai magistrati, opinioni in libertà, accuse e controaccuse, nella vicenda che vede protagonista in questi giorni don Pierino Gelmini c’è molto di sgangherato, e forse qualcosa anche di marcio.

Anzitutto, sono apparse sospette ai più le modalità con le quali la notizia è stata resa nota, pochi giorni fa, dal quotidiano “La Stampa”: e in verità, più che il titolo in prima pagina, dovrebbe apparire strano che in questo paese, nel quale gli avvisi di garanzia sono spesso recapiti a mezzo stampa, un’indagine delicata ma potenzialmente capace di suscitare l’interesse dei mezzi di comunicazione di massa “filtri” a distanza di mesi e mesi dalla sua apertura. Il corto circuito fra giornali e giustizia (con gli informatori che hanno interesse a raccontare e i giornalisti che hanno interesse a pubblicare) non lo si scopre certo adesso, e tutta la vicenda infatti – indipendentemente dallo specifico dei fatti contestati - ha assunto un contorno poco limpido, più per opera dei diretti interessati (l’indagato, i testimoni, gli amici, i nemici, e via dicendo) che per diretta responsabilità dei cronisti.

Parlare di “lobby ebraica radical chic”, come ha fatto don Gelmini di fronte alle accuse di molestie sessuali rivoltegli contro, si è rivelato un boomerang. E al di là del “religiosamente corretto”, non è apparsa granché migliore neppure la sua seconda versione, quella che con le scuse alla comunità ebraica ha chiamato in causa la “lobby massonica radical chic”. Detta così – diciamolo con franchezza - è un po’ come accusare la società di essere ingiusta, il mondo di essere pericoloso e la politica e l’economia di essere guidate dai “poteri forti”. Parole al vento, alle quali si può pure credere, volendo, e che magari dipingono davvero la realtà, ma che appaiono inevitabilmente fondate sulla sabbia, più che sulla roccia. Da sagra del qualunquismo, insomma.

Ma ancor peggiore, occorre dirlo, è lo spettacolo offerto da chi non ha mancato di dare addosso alla magistratura e alla sua deriva anticlericale, anticattolica, anticristiana e pure antireligiosa. Come ben si sa, ogni indagato (e anche ogni imputato) ha il diritto di essere ritenuto innocente fino a quando non sia stato condannato con sentenza divenuta irrevocabile; allo stesso modo però si dovrebbe avere la bontà di ricordare che i magistrati fanno il proprio lavoro, che consiste, una volta raccolta una denuncia, nel valutarla e nel cercare riscontri, in ogni direzione, di modo da poter valutare la fondatezza o l’infondatezza delle accuse. E se cinque ragazzi raccontano alcuni fatti, e se successive (per quanto preliminari) indagini portano a confermare quelle accuse, o quanto meno a non escludere che possono essere vere, un magistrato ha il dovere civico e morale di andare avanti. Fino a che la verità non sia stabilita. Ora, è quanto meno paradossale che ogni qualvolta si indaga su qualche “pezzo celebre”, sia egli un parlamentare, un avvocato, un medico, un giornalista, un finanziere, un paparazzo (o presunto tale) o un prete, ci sia sempre qualcuno che grida allo scandalo, all’inimicizia personale, al complotto per screditar qualcuno, alla speculazione politica, al doppio o triplo gioco. Con dichiarazioni che saltellano dal garantismo assoluto al giustizialismo senza pietà a seconda della simpatia personale o – per lo più – dell’appartenenza politica dell’indagato. No, così non va. Però, chissà, il profilo basso adottato in questi giorni dalla procura di Terni (e ahinoi, quasi solo dalla procura di Terni) è un buon viatico per il futuro, e probabilmente anche l’indizio che i magistrati sono consapevoli della delicatezza del caso e vogliono essere irreprensibili nel loro lavoro.

Tutto ciò detto, don Pierino Gelmini ha tutte le possibilità di uscire indenne da questo caso. Lo speriamo di cuore. Che le accuse di molestie sessuali possano essere niente più che una invenzione motivata da rancori personali o vendette è una ipotesi che viene in mente perfino ad un detective in erba, e che dunque sarà certamente e attentamente valutata. Anche per questo è inutile e forse controproducente lanciarsi in proclami e in sgangherate contro-accuse, come pure mostrare ostilità per quanti - ascoltati come testimoni o come persone informate dei fatti (inclusi i preti) - semplicemente raccontano ai magistrati ciò di cui sono venuti a conoscenza tramite terzi. Fatti la cui veridicità e attinenza alla realtà toccherà poi a loro, ai magistrati, valutare, e ai quali però quei fatti e quei racconti devono - devono - essere riferiti.

Come che sia, l’intera vicenda non piace davvero. Se don Gelmini dovesse essere innocente, e tutto non fosse che una volgare calunnia, sarebbe comunque la conferma di quanto gli scandali che hanno coinvolto dei preti (pedofilia, ma non solo) abbiano inciso sull’immaginario dell’opinione pubblica, su quanto basti poco per mettere all’angolo un sacerdote e per infangare il suo nome con ignobili accuse. Se invece – e non vogliamo crederlo – don Gelmini fosse colpevole, ci troveremmo di fronte alla conferma della diffusione di un fenomeno che per troppo tempo, e più per incapacità e inettitudine che per complicità, si è negato a priori o sopportato con troppa leggerezza.

Chi ha qualcosa da dire, per il momento lasci perdere i microfoni e i comunicati stampa e si diriga dai magistrati. Se poi, bontà loro, gli illustri inquilini di Montecitorio e di Palazzo Madama volessero avere la decenza di tacere, avranno ringraziamenti copiosi. Gli stessi che andrebbero indirizzati a quei sacerdoti capaci, essi per primi, di sottrarsi alle insulse etichettature di essere i paladini della destra o gli eroi della sinistra. Indagini e casi giudiziari a parte, ne guadagnerebbero loro stessi per primi. E non solo loro.



Mercoledì, 08 agosto 2007