CHIESA POLACCA: CADONO I PRIMI VELI SULLA PEDOFILIA NEL CLERO. DENUNCE E OMISSIONI

di Agenzia Adista

34437. ROMA-ADISTA. Lo scandalo dei preti pedofili nella Chiesa cattolica è un caso chiuso? “C’era un problema da risolvere e lo abbiamo risolto. Ora si tratta di guardare al futuro”: così rispondeva, alla vigilia del viaggio negli Stati Uniti di papa Benedetto XVI, l’arcivescovo di Washington, mons. Donald Wuerl. Ma la fretta di dichiarare finita la questione degli abusi sessuali del clero è diffusa in tutta la Chiesa, e viene riaffermata con più convinzione man mano che arrivano a conclusione i processi milionari per danni intentati dalle vittime.

Eppure, malgrado le parole di Wuerl, i casi di pedofilia nel clero (e di copertura da parte delle gerarchie) continuano a venire alla luce, soprattutto in quei Paesi che sono stati, secondo il Vaticano, sostanzialmente ’risparmiati’ dalla bufera, e che quindi non si sono visti obbligati ad introdurre procedure di controllo più rigorose.

È il caso, ad esempio, della Polonia, dove lo scandalo più clamoroso ha iniziato a montare a metà marzo e ha messo in evidenza ancora una volta, come già in occasione delle dimissioni, agli inizi del 2007, dell’arcivescovo eletto di Varsavia, mons. Stanislaw Wielgus, le profonde divisioni presenti all’interno della Chiesa polacca. Un frate domenicano, Marcin Mogielski, ha infatti deciso di prendere la parola in nome delle vittime e denunciare alle autorità ecclesiastiche un prete, noto solo come ’padre Andrzej’, responsabile di numerosi e ripetuti abusi. ’Padre Andrzej’ sarebbe stato responsabile di un istituto cattolico per ragazzi nella diocesi di Szczecin-Kamien: secondo il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza che ha portato alla luce il caso, uno degli ospiti abusati avrebbe cercato di impiccarsi mentre un altro sarebbe stato costretto a lasciare il Paese. Le vittime hanno informato le autorità ecclesiastiche già nel 2003, anche se le proteste da parte delle famiglie sarebbero cominciate già molto prima. Ma l’allora arcivescovo di Szczecin-Kamien, mons. Marian Przykucki, aveva scelto di non ascoltarle e nel 1996 aveva anzi messo ’padre Andrzej’ alla guida delle scuole cattoliche della diocesi, carica che ha ricoperto fino al 2007.

L’iniziativa di p. Mogielski, però, non è stata presa bene dall’attuale arcivescovo di Szczecin-Kamien, mons. Zygmunt Kaminski, che in una lettera pastorale del 16 marzo, attacca violentemente il domenicano, accusandolo di aver infangato la reputazione della Chiesa. “Ci sono procedure apposite nella Chiesa”, scrive mons. Kaminski, secondo il quale il caso sarà “definitivamente risolto” dal processo ecclesiastico, “non riesco a capire le motivazioni degli autori [della denuncia] e di chi ha fornito loro il materiale. Mi addolora che la sfera intima di una persona sia stata messa in pubblico con tanta facilità”.

A prendere le difese di p. Mogielski è arrivato il provinciale dei Domenicani polacchi, Krzysztof Poplawski: “Come sicuramente sapete - ha detto pubblicamente rispondendo a mons. Kaminski - la Chiesa cattolica negli Stati Uniti ha pagato un prezzo enorme per il suo silenzio di fronte ai casi di abusi sessuali di preti, e per l’incapacità dei suoi leader di prendere decisioni chiare e responsabili”. “Non vedo nessuna chiara scorrettezza - ha aggiunto - nel comportamento del mio confratello, le cui azioni e decisioni sono mosse da preoccupazione per questa povera gente (le vittime, ndr), che ancora oggi portano dentro il dolore e il disinteresse da parte della gerarchia ecclesiastica”.

Nella polemica è entrato con durezza anche l’ex-segretario di papa Wojtyla, oggi arcivescovo di Cracovia, card. Stanislaw Dziwsz, invitando la Chiesa “a non cedere alle diverse forme di ingerenza e pressione da parte dei media, o alla tentazione del politically correct”. “Oggi, grazie a Dio, il sangue dei pastori non viene più versato nella nostra patria - ha detto durante un’omelia in riferimento agli ’attacchi’ degli organi di stampa - ma sono in atto degli sforzi per minare la loro autorità morale”, con lo scopo di “uccidere la verità del Vangelo proclamata dalla Chiesa”. Il caso di ’padre Andrzej’, infatti, è tutt’altro che isolato. Il vescovo di Plock, mons. Piotr Libera, si è ’lavato le mani’ della sorte di un gruppo di preti accusati di molestie e ha rinviato ogni decisione in merito al Vaticano: secondo la stampa polacca, però, nello scandalo sarebbero implicati altri sacerdoti e solo grazie a pressioni da parte della Santa Sede il vescovo si sarebbe deciso ad intervenire. Accuse di aver protetto preti pedofili sono state mosse anche contro l’ex-arcivescovo di Poznan, mons. Juliusz Paetz, costretto a dimettersi nel 2002 ma ancora invitato ad eventi pubblici e ritiri, e contro lo stesso mons. Wielgus.

In Italia, invece, è emersa recentemente la notizia che il vescovo emerito di Como, mons. Alessandro Maggiolini, è sotto inchiesta da parte della procura per aver informato delle indagini a suo carico un suo prete, don Mauro Stefanoni, accusato di abusi sessuali su un ragazzino di 14 anni con difficoltà cognitive. Dopo le scontate proteste di innocenza, mons. Maggiolini aveva proceduto, come da prassi, a trasferirlo ad altra parrocchia, da Laglio a Colico. Accusato di favoreggiamento, l’ex-vescovo di Como si è difeso affermando che, per un vescovo, tale crimine “non esiste, non può esistere”. “Mi sono soltanto comportato - spiega - come si comporterebbe un papà con un figlio. Ho saputo la notizia dell’indagine su don Mauro da chiacchiere che giravano da qualche giorno. Nessuno mi ha detto qualcosa di preciso, ma almeno tre persone me ne avevano parlato genericamente, senza sapere di che cosa si trattasse. Allora mi sono visto con il prete, gli ho detto delle voci che giravano e gli ho chiesto direttamente se vi fosse qualcosa di vero. Lui mi ha risposto di no. E a quel punto che cosa avrei dovuto fare? Il vescovo è come un papà, e cosa fa, si mette lui a fare lo 007 quando già c’è la polizia?”. (a. s.)

Articolo tratto da
ADISTA

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Lunedì, 26 maggio 2008