Il piccone di Ratzinger: l’unica chiesa è la mia

di Fulvio Fania

Nuovo documento dell’ex Sant’Uffizio. Gli ortodossi sono (quasi) chiesa di Cristo, i protestanti no. Hanno solo «elementi». L’Alleanza riformata protesta col Vaticano


Città del Vaticano
Ancora picconate da papa Ratzinger. «L’unica vera chiesa di Cristo è la chiesa cattolica», nelle altre comunità cristiane essa si manifesta soltanto in «elementi di santificazione e di verità». Nulla di più. I protestanti non sono «chiesa in senso proprio» mentre lo sono gli ortodossi che però scontano la grave «carenza» di non riconoscere «il capo visibile» cioè il papa di Roma.

A pochi giorni dal decreto con cui Benedetto XVI ha resuscitato la messa tridentina, ecco un documento della Congregazione per la dottrina che entra come elefante nella delicata cristalleria dei rapporti con gli altri cristiani, soprattutto i protestanti, e cala come un macigno sui cattolici più impegnati nel dialogo ecumenico. Protestano ufficialmente i riformati, i luterani, i vari di tipi di evangelici e perfino i copti egiziani, il cui vescovo Abdel Bassit invita senza perifrasi Ratzinger «a risvegliarsi dal coma», a non offendere milioni di persone e ad evitare un’altro caso Ratisbona, stavolta non tra i musulmani ma tra gli stessi cristiani. Criticano anche gli ortodossi che nelle intenzioni vaticane dovrebbero invece sentirsi lusingati dalla speciale considerazione di "chiese sorelle", con tutti i sacramenti a posto a differenza degli eredi di Lutero e di Calvino.

In questi giorni il Papa si gode la montagna del Cadore, respira aria pulita e scrive, ma intanto dal Vaticano fa uscire cinque Responsa , cioè risposte a quesiti teologici, che ribadiscono e rafforzano le tesi della Dominus Jesus , una precedente dichiarazione dell’ex Sant’Uffizio che lo stesso Ratzinger elaborò come prefetto per la fede nel 2000. Anche allora provocò una gelata tra le diverse confessioni cristiane.

Nel primo "responsum" si ritrova la filosofia generale che sta ormai emergendo da questo pontificato: impacchettare il Concilio Vaticano II nella carta dei suoi documenti finali, nei suoi compromessi e in una serie di citazioni utili ad attestare che quel grande evento non fu di rottura ma di perfetta continuità con la tradizione e pertanto nessuno è autorizzato ad appellarsi ad uno "spirito del Concilio" per avanzare nella riforma. Tutto si tiene e nulla cambia, proprio come la messa in latino quale optional accanto a quella nuova. Dopo il Concilio, secondo Ratzinger, si sono prodotte troppe innovazioni abusive ed è tempo d cancellarle. «Interpretazioni fuorvianti e in discontinuità», ripete infatti per l’ennesima volta il documento vaticano che riprende l’introduzione di Paolo VI alla costituzione Lumen gentium per dimostrare che i padri conciliari non avevano alcuna intenzione di cambiamenti profondi perché «nulla veramente cambia della dottrina tradizionale». Si sarebbe trattato solo di «approfondimenti». A quel tempo le rassicurazioni papali verso i conservatori compensavano un’intensa ondata innovatrice. Adesso sono invece poste al servizio di una decisa marcia indietro. «C’è continuità» nel magistero, sottolinea la nota vaticana soffermandosi in particolare proprio sulla Dominus Jesus .

Ratzinger sembra quasi incagliato nelle vecchie dispute che lo hanno coinvolto personalmente fin dai tempi dell’università e subito dopo il Concilio. Sorprende ad esempio che nel commento allegato a questi ultimi Responsa della Congregazione ricompaia, come unica citata, la censura contro il teologo della liberazione Leonardo Boff, reo di aver sostenuto che la chiesa di Cristo vive anche tra gli altri cristiani e di aver interpretato in questo senso l’innovazione apportata dal Vaticano II. Si tratta dell’espressione subsistit in , la Chiesa di Cristo «sussiste nella chiesa cattolica», un autentico rovello per i teologi. Come va interpretata? Perché la Lumen gentium preferì questa formula anziché affermare sbrigativamente che la chiesa di Cristo è la chiesa cattolica? La Congregazione per la dottrina non può negare che il Vaticano II in questo modo volle «esprimere più chiaramente» che anche al di fuori della chiesa di Roma ci sono «elementi di santificazione» ma subito dopo fa a pezzi la novità: «Il passaggio da è a sussiste - osserva - non riveste un particolare significato teologico» poiché l’unica chiesa costituita da Cristo resta quella cattolica, non è un luogo ideale ancora tutto da costruire.

E perché mai - hanno obiettato alcuni teologi - quelle ortodosse vengono definite chiese e quelle protestanti no? Risponde la Congregazione che gli ortodossi mantengono la successione apostolica dei vescovi, cioè la formale discendenza dagli apostoli nel trapasso da un vescovo all’altro, e celebrano «veri sacramenti». Unico peccato: non obbediscono al Papa e non è cosa da poco. I protestanti invece - ribadisce la nota citando un decreto conciliare - «non hanno conservato la genuina e integra sostanza del mistero eucaristico», perciò «non hanno l’elemento costitutivo essenziale dell’essere chiesa». Si accontentino di venir definite semplicemente «comunità».

La reazione è durissima. Il segretario dell’Alleanza riformata mondiale Setri Nyomi scrive formalmente al cardinale Walter Kasper, responsabile vaticano per il dialogo ecumenico: «Siamo sconcertati». Il documento della Congregazione - osserva il pastore protestante - mette in discussione «la serietà con cui la chiesa cattolica affronta il dialogo» e fa correre rischi agli incontri bilaterali. Nyoni si rivolge al Cielo: «Preghiamo perché venga il giorno in cui la chiesa cattolica vada al di là delle sue pretese esclusivistiche». Analogo il commento di Thomas Wipf, presidente delle chiese protestanti europee: «Un documento del genere manda segnali sbagliati». «E’ un vistoso passo indietro - incalza il presidente della Federazione evangelica italiana Domenico Maselli -, pare evidente che l’unico modo di fare l’unità sarebbe quello di entrare nella chiesa cattolica».

Curiosamente Ratzinger si attira le antipatie anche delle chiese evangeliche più conservatrici, tanto antipapiste quanto d’accordo con lui sulle materie etiche.

Il nuovo documento riaccende la tensione tra le comunità cristiane proprio alla vigilia dell’Assemblea ecumenica che si terrà a settembre a Sibiu in Romania. La premura di restaurare la "retta" dottrina non bada a contraccolpi, incurante che la messa in latino faccia indignare gli ebrei per le frasi sul loro popolo «accecato» e che i Responsa del Sant’Uffizio complichino la vita al cardinal Kasper. Il segretario della Congregazione Angelo Amato spiega su Radiovaticana che la ricerca dell’unità con gli altri cristiani esige chiarezza dottrinaria. «Un chiaro richiamo - sottolinea la nota - alla dottrina cattolica per fugare visioni inaccettabili tuttora diffuse nello stesso ambito cattolico» ma anche «precise indicazioni per il proseguimento del dialogo che resta sempre una delle priorità».

Al Papa, per il momento, interessano soprattutto gli ortodossi. Eppure anche da quella parte gli arrivano severe repliche. «La chiesa cattolica è ferma sulle posizioni dell’undicesimo secolo, non c’è nulla di nuovo, periodicamente ripete le stesse tesi che noi non condividiamo», manda a dire padre Igor Viszhanov dal patriarcato di Mosca.

11/07/2007 da Liberazione pag.2 - http://www.liberazione.it/



Mercoledì, 11 luglio 2007