"SPE SALVI"
Più ombre che luci nell’enciclica Spe salvi.

Il punto di vista di “Noi Siamo Chiesa”


La seconda enciclica di Benedetto XVI Spe salvi, come la prima Deus caritas est, è complessa ed impegnativa e merita più di una riflessione. Ben lontani da alcuna critica aprioristica ed immotivata e dopo approfondita lettura, ci sembra di poter affermare che, nel suo complesso, nell’enciclica vi siano più ombre che luci. Per parlare degli aspetti positivi ci piace segnalare quei paragrafi dove si esplicitano il rapporto tra fede e speranza, i limiti del progresso, la finitezza della ragione umana, il valore della speranza nella trasformazione della vita del credente, la convinzione che “il cielo non è vuoto”, la consapevolezza che non si può chiedere troppo alla scienza, la funzione della preghiera (“se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora… a Dio posso sempre parlare”), la fede nella giustizia di Dio. Si può osservare che si tratta solo della riproposizione di una parte importante del messaggio cristiano, ma ciò non ne riduce l’importanza. Ma quando, dal numero 16 in poi, l’enciclica tratta della fede/speranza cristiana nel rapporto col mondo moderno, allora emerge la tradizionale linea di papa Ratzinger incentrata su una pesante critica, senza incertezze o sfumature, alle grandi correnti di pensiero ed ai conseguenti movimenti politici degli ultimi due secoli, in Europa. Sotto accusa sono l’illuminismo, il marxismo, la fede illimitata nella scienza ed, in generale, la modernità. Tutte queste correnti, secondo il papa, hanno avuto ed hanno in comune il torto di aver negato, sia pure per opposte ragioni, il Trascendente, provocando così drammi tremendi.
Questo schema interpretativo ci sembra semplificatorio e, in definitiva, inaccettabile. Infatti:

--- se tutti i mali del mondo derivano dalla modernità considerata colpevole, nelle sue diverse ramificazioni, di aver negato Dio e quindi, sostiene il papa, anche l’uomo, restano da spiegare tutti i mali che hanno dominato la storia nei secoli precedenti e, per limitarsi alla sola Europa “cristiana”, le guerre che hanno insanguinato questo continente dal IV al XVII secolo, tutte combattute tra popoli cristiani; talora tra cattolici contrapposti, altre volte con cattolici da una parte e protestanti (o ortodossi) dall’altra. Oppure tra popoli aventi diverse fedi - come i cristiani e i musulmani - ma tutte professanti la sovranità del Dio Unico e Sommo. Insomma, nella storia, hanno fatto violenza all’uomo sia credenti che non credenti, tanto chi credeva in Dio che chi lo negava. Ma, per quanto riguarda la responsabilità dei cristiani papa Ratzinger evita di fare dei “mea culpa” per il sangue versato quando Dio era proclamato da tutta l’Europa “cristiana”. Atti di pentimento, a cui il Card. Ratzinger fu contrario quando li pronunciò papa Wojtyla, dovrebbero invece essere la premessa per rendere più leggibile e credibile l’esame critico di Benedetto XVI nei confronti delle correnti di pensiero e delle vicende storiche che egli esamina.

--- appare davvero difficile comprendere il mondo riducendolo di fatto all’Europa, e alle sue filosofie come fa Benedetto XVI nell’enciclica e, più in generale, nel suo magistero. Certamente, è in Europa che sono nate le due guerre mondiali, ma su queste vicende hanno pesato anche il NordAmerica e il Giappone. Da deceni pesano sempre più sul mondo (anche sull’Europa) Cina ed India mentre interi continenti come l’Africa e l’America del Sud sono ormai da tempo protagonisti, con le loro specifiche sofferenze ed i loro progressi, della scena mondiale. L’eurocentrismo di Benedetto XVI è sconcertante anche nei dettagli, come quando parla della “scoperta dell’America”, senza la minima avvertenza che molti popoli indigeni di quel continente chiamano quell’evento “invasione” delle loro terre da parte dei “cristiani” europei.
Manca, insomma, nell’enciclica, una prospettiva planetaria: non vi si parla dell’Islam; non vi è una riflessione sulle situazioni dei paesi che hanno subito il colonialismo; non vi è nessuna approfondita analisi del neoliberalismo, il vero sistema che, oggi, nei fatti, nega Dio, avendo solo fede nell’idolo del denaro. Nella stessa attenzione esclusiva all’Europa vi sono poi delle omissioni incomprensibili: sono ignorati il nazismo e e le varie manifestazioni del nazionalismo che pure, nel XX secolo, proposero grandi e fallaci speranze, cancellando e strumentalizzando Dio, e innescando due conflitti mondiali.

--- in nessun passo il papa cita il Vaticano II: un silenzio che, da solo, indica quale sia la distanza teologica e biblica tra l’enciclica e la Gaudium et spes, la costituzione conciliare che vedeva il “mondo” con occhi tendenzialmente positivi, illuminati dalla volontà di “scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo” (Gaudium et Spes, n. 4). Le parole di speranza Benedetto XVI, nella presentazione dell’enciclica, le rivolge solo al popolo cristiano ma, ci pare, esse dovrebbero essere indirizzate anche all’uomo in ricerca, all’agnostico, all’ateo, ad ogni uomo di buona volontà.
--- l’enciclica non parla delle conseguenze che, anche per la Chiesa istituzionale, dovrebbero derivare dalla ferma speranza in Cristo e nella vita eterna: e, cioè, la mansuetudine, la povertà, il distacco dai beni terreni, la rinuncia ai privilegi, la dismissione degli apparati mondani, la capacità continua di riformarsi e di ravvedersi. L’assenza di una adeguata riflessione su questi temi ci sembra dimostrare come sia davvero estranea a papa Ratzinger la visione del Vaticano II.

Il tema scelto dal papa - la speranza cristiana - poteva essere occasione per un discorso coraggioso, critico, autocritico, ecumenicamente aperto. Ma così non è stato, proprio mentre parole di speranza sono sempre più urgenti ed attese da una umanità che, all’inizio del terzo millennio, si trova di fronte a enormi ed irrisolti problemi e ad un grande disorientamento.

“Noi Siamo Chiesa”
Roma, 6 dicembre 2007





Giovedì, 06 dicembre 2007