Ma papa Ratzinger non è un «martire»

Editoriale della rivista Confronti sulla vicenda Papa-Sapienza


La manifestazione in piazza San Pietro, voluta il 20 gennaio dal cardinal Ruini, vicario di Roma, per esprimere «solidarietà» al papa «impedito» di andare, il 17 gennaio, all’università La Sapienza a inaugurarvi l’anno accademico, ha reso evidenti molte contraddizioni e, soprattutto, propagandato una mistificazione incredibile: che il papato e la gerarchia ecclesiastica siano «emarginati» in una Italia ove, in realtà, hanno ai loro piedi la Rai e, con poche eccezioni, l’establishment politico. Come reagire a tanta impudenza? Un nostro piccolo sogno, e una speranza.

Strumentalizzazioni e sante furbizie hanno accompagnato quella che il Vaticano ha chiamato la «nota vicenda»: il rifiuto del pontefice, annunciato il 15 gennaio, di recarsi il 17 all’università La Sapienza di Roma, motivato con la scusa di alcune previste contestazioni; ma fa parte della «storia» anche la lettera aperta con cui numerosi docenti, settimane prima della prevista visita del papa per inaugurare l’anno accademico, avevano motivatamente protestato contro il rettore, Renato Guarini; e ne fa parte, ancora, la convocazione di domenica 20 gennaio dei romani in piazza San Pietro, pensata dal cardinale vicario Camillo Ruini per riparare l’«offesa» e manifestare la «totale vicinanza» della gente a Benedetto XVI; e, infine, le parole di questi e, poi, dei politici.

Improvvido ci è sembrato l’invito di Guarini a Joseph Ratzinger – chiamato come professore? Vescovo di Roma? Sommo pontefice della Chiesa universale? Sovrano dello stato della Città del Vaticano? Un groviglio inestricabile che, prima di problemi politici, ne pone, e di gravissimi, teologici, alla Chiesa romana e all’ecumene. Ma, partito l’invito, il papa doveva poter svolgere la sua lectio. Semmai, andava previsto anche un libero contraddittorio; e, «dopo» il suo intervento, professori e studenti avrebbero potuto applaudire o dissentire. Il diritto al dissenso – s’intende: senza violenza e brutalità – è parte essenziale dello Stato di diritto, e perciò appare inaudito che, oltre alle autorità vaticane, ai vertici del Vicariato e della Conferenza episcopale italiana (Cei), ai partiti di destra e ai «laici devoti», tutta gente che fa il suo mestiere, anche formazioni e personalità della sinistra, salvo nobili eccezioni, e perfino le più alte cariche dello Stato, siano rimaste balbettanti, invece che vigili custodi della Costituzione che fonda questo diritto (come, ovviamente, il diritto di dissenso al dissenso, e di dissenso al consenso). Se, temendo il dissenso, il papa ha deciso di non andare alla Sapienza, dov’è la colpa dell’Italia? Del resto, se un presidente statunitense viene a Roma nessuno si scusa con nessuno se, chi contesta la politica guerrafondaia del capo della Casa Bianca in Medio Oriente, proclama tale opinione con pubbliche manifestazioni. Invece, e in linea di principio, un papa, in Italia, non può essere contestato? E se qualcuno lo fa, Quirinale e Palazzo Chigi debbono scusarsi con il pontefice e capo di Stato (perché tale oggi è il papa)?

Detto ciò, riteniamo che alzare oltre misura, nei giorni immediatamente precedenti la visita di Benedetto XVI, da parte di un gruppo di studenti, le grida antipapali, sia stato un errore politico, per quanto costituzionalmente legittimo, e un boomerang: infatti, complici molti media e molti politici, in larga parte dell’opinione pubblica si è fatto passare per «martire» della libertà di parola e di pensiero uno che martire non è. In un paese in cui la Rai – e in particolare il Tg1 e il Tg2, e spesso anche il Tg3 – (quasi) ogni mercoledì e (quasi) ogni domenica riporta quanto detto quel giorno dal papa, di norma senza alcun contraddittorio, ci vuole coraggio a far credere che in Italia si voglia chiudere la bocca al pontefice. In un paese in cui, di solito, i telegiornali e i giornaliradio dell’emittente pubblica fanno passare l’idea che l’etica sia solo quella cattolica come interpretata dal magistero papale e dalla Cei, ci vuole una faccia di bronzo a sostenere che si voglia emarginare la Chiesa (cattolica, sottinteso, perché per loro le altre Chiese non esistono). In un paese in cui, grazie al Concordato, un’enorme quantità di denaro pubblico va alla Cei, e infiniti sono i riguardi verso la Santa Sede, figli di Machiavelli ci appaiono quei prelati che dipingono Benedetto XVI come un poveraccio assalito sulla via di Gerico da facinorosi laicisti.

Ma l’imbroglio ha raggiunto l’acme il 20 gennaio con la manifestazione di «solidarietà» al papa. Il cardinale Ruini, bontà sua, ha assicurato che essa non voleva essere un comizio politico, ma solo un gesto di affetto al pontefice. E, infatti… ecco una fila di politici accorrere in piazza San Pietro, e tutti (di centro-destra, ma, a frotte, anche di centro-sinistra) a stracciarsi le vesti per l’«onta» arrecata al papa, al quale, hanno detto trepidanti, «si impedisce di parlare». Ora – al contrario di quanto affermato dal presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco – nessuno ha impedito al pontefice di parlare: se voleva, poteva andare a La Sapienza. Era «inopportuno»? Può darsi. Ma perché raccontare urbi et orbi la favola che il papa è stato «impedito»? E perché voler lasciare intendere che la gerarchia della Chiesa cattolica romana è «perseguitata»?

Tutto ciò ci è sembrata una moderna e scandalosa ordalìa lontana anni luce dalla «vera laicità» e, ancor più, dall’evangelo. Di fronte ad un tale scenario comprendiamo che i veri laici, e i cristiani che tentano di guardare all’Evangelo, siano presi da un senso di disgusto. E tuttavia esiste, a nostro parere, una medicina per cercare di risollevarsi da tanta depressione: i paradossi, le utopie, l’ironia e i sogni.

Vogliamo provare a fantasticare? Ecco, intravediamo il papa inaugurare gli anni accademici di tutte le università italiane, sostituito, ove lui non potesse, dai vari Ruini, Scola, Bagnasco, Biffi, Fisichella, Betori, Baget Bozzo… Ecco il pontefice ospite in Parlamento a dire il suo verbo sui «princìpi non negoziabili», delegando alla Cei il compito di impedire la legge sui Dico. E – siamo sempre in sogno – ecco rimanere intatto il diritto di senatori, deputati, professori e studenti, gente comune di rispondere, in un aperto dibattito, alle tesi del papa con altre tesi, alle sue idee con altre idee. E, poi… ecco che in sogno vediamo questa meravigliosa ondata di libertà e di «sana laicità» inondare anche la Chiesa romana. Ecco, ad introdurre un Sinodo dei vescovi dedicato al «genio» delle donne, chiamata dal pontefice parla Elisabeth Schussler Fiorenza (una delle più note teologhe statunitensi, invisa però al Vaticano per le sue idee «femministe» che denudano il maschilismo clericale). Ecco che le loro eminenze, ad aprire l’anno accademico della pontificia università Lateranense invitano Leonardo Boff, teologo della liberazione che nell’84-85 fu processato e punito proprio dal cardinale Ratzinger.

Torniamo alla realtà. Il 20 gennaio Benedetto XVI ha incoraggiato i «cari universitari ad essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e a ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene». Ed ecco, di nuovo sogniamo e… vediamo lo stesso papa che fa aprire i media vaticani, e quelli italiani controllati dalla Cei, a tutti i teologi e le teologhe che lui, come cardinal Ratzinger, zittì; e ad esponenti del dissenso, oltre che naturalmente del consenso. Che esempio trascinante, questo pluralismo ecclesiale, questo rispetto per le opinioni altrui, anche per La Sapienza «laicista»!

In spem contra spem. Coraggio, dunque, smarrita Italia. E smarrita Chiesa.



Fonte: http://www.confronti.net/EDITORIALI/ma-papa-ratzinger-non-e-un-martire

Mercoledì, 23 gennaio 2008