Dominus Jesus

«Il nostro no»

COSA C'È VERAMENTE NELLA DICHIARAZIONE

DELLA "CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE" INTITOLATA "DOMINUS JESUS".

A Cura della Redazione de Il Dialogo

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  Le seguenti note vogliono illustrare alcuni dei molti motivi per dire un no forte e deciso alla dichiarazione "Dominus Jesus" resa nota dal Cardinale Ratzinger all'inizio di settembre dell'anno 2000.

I motivi del nostro dissenso sono molteplici e possono essere così sintetizzati.

1.Una dichiarazione dell'ex Sant'Uffizio è di per se un "testo legale" e non un testo teologico e anche l'attuale dichiarazione ha tale significato. Per "testo legale", intendiamo qualcosa che costituisce una sentenza, un impegno preciso e inderogabile per gli appartenenti ad un qualsiasi consesso sociale emesso da un organismo preposto al rispetto della legge e tale è la natura ed il ruolo della Congregazione di Ratzinger. Nel caso dei testi della "Congregazione della Dottrina della Fede" (CDF), al posto del richiamo ad articoli di un codice civile o penale, si fa riferimento a passi biblici, usati come se fossero articoli di legge. Questo uso della Sacra Scrittura, per emettere sentenze, ci sembra non solo riduttivo del suo valore di "parola di Dio", ma persino offensivo se è vero che essa va letta per ascoltare quello che, attraverso le parole umane degli autori dei vari testi biblici, Dio vuole comunicare al cuore degli uomini. Continua lettura, dunque, e continuo ascolto. Che la dichiarazione sia un "testo legale", lo chiarisce la dichiarazione stessa quando afferma che suo scopo è quello "di confutare determinate posizioni erronee o ambigue", o che «I fedeli sono tenuti a professare che esiste una continuità storica — radicata nella successione apostolica — tra la Chiesa fondata da Cristo e la Chiesa Cattolica». Dopo i mea culpa sugli errori della chiesa, qualcuno di essi recitato fra l'altro proprio dal Cardinale Ratzinger, si ritorna a dividere i cristiani in buoni ed eretici, come ai tempi del medioevo più buio.

2. Nella dichiarazione si utilizza il termine "cattolico" non nel suo significato originario di "universale", ma in quello più limitato e riduttivo d'individuazione della chiesa di Roma. Quest'uso confessionale, ossessivamente ripetuto in tutto il testo della dichiarazione, rende di parte, e quindi opinabile, la dichiarazione stessa, di fronte all'evidenza della divisione esistente fra i cristiani che esiste e da cui non si può prescindere.

3.  La dichiarazione della Congregazione, presentata come in diretta continuità delle decisioni Conciliari, in realtà restaura i principi del concilio Vaticano I° e tende a ridurre il Concilio Vaticano II° ad una sorta di icona inoffensiva, con verità immutabili e definite una volta per tutte. Sappiamo tutti che non è così, vista la quantità di concili tenuti sia prima che dopo i vari scismi che hanno caratterizzato la vita dei cristiani da duemila anni a questa parte. Di ben altro spessore, ci sembra il contenuto del volume reso noto proprio in questi giorni dal Comitato per il Grande Giubileo del Duemila, frutto di un convegno internazionale tenutosi all'inizio dell'anno. Il senso complessivo di quel testo ci sembra essere quello di una chiesa che si interroga su come andare oltre quel momento di svolta "rivoluzionaria" voluto da Giovanni 23°. La dichiarazione (è un caso che sia stata pubblicata due settimane prima della presentazione di quel volume?) ci sembra diretta esclusivamente contro i lavori di quel convegno e di quanti nella chiesa vorrebbero la convocazione di un nuovo concilio che traghetti veramente la chiesa nel terzo millennio, al di la delle celebrazioni spettacolari di questo giubileo che passeranno. La dichiarazione di Ratzinger da una mano a quella chiesa che è rimasta ancora oggi su posizioni preconciliari, che è ancora molto forte e diffusa, soprattutto in Italia e nel meridione in particolare. Una chiesa, quella di Ratzinger di tipo monarchico dove i singoli credenti, ma gli stessi Vescovi, non hanno alcun peso.

4. Scopo della dichiarazione, secondo Ratzinger, sarebbe quello di opporsi a quello che lui definisce il "relativismo religioso", che metterebbe sullo stesso piano tutte le religioni in ognuna delle quali vi sarebbero elementi di verità e di salvezza. Ma è proprio questo il pericolo principale che oggi sta di fronte alla "chiesa universale di Cristo"? Magari fosse così! Ben altri sono i pericoli per la fede che vediamo e non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo, contro cui non ci pare ci sia altrettanto zelo. Vediamo l'emergere di un pericolosissimo razzismo, addirittura contro i figli adottivi, peggio se di colore, colpevoli solo di aver trovato dei genitori che li amano. Razzismo propagandato addirittura da eminenti cardinali che vorrebbero impedire l'ingresso di immigrati di religione islamica nel nostro paese, come se fossimo ai tempi delle crociate per la riconquista del "Santo Sepolcro". Vediamo un risorgente antisemitismo, con gruppi di neonazisti sempre più attivi; vediamo preti, che fra l'altro si fanno intervistare anche alla Tv, partecipare alle manifestazioni di questi gruppi dell'estrema destra, com'è successo recentemente a Roma in occasione del GayPride. Cosa abbiamo da dividere noi con il neonazismo o l'estrema destra? Vediamo, ancora, il prevalere nei comportamenti sociali dell'egoismo più bieco, della difesa del proprio orticello, molto spesso spacciato come difesa dei "valori cristiani della civiltà europea"; vediamo politici sedicenti cattolici spacciarsi per difensori dei valori della famiglia (pur essendo poi tutti regolarmente divorziati e risposati) a caccia di voti e di consensi della gerarchia ecclesiastica in funzione elettorale; vediamo il prevalere dell'irresponsabilità collettiva, del rifiuto di assumere i mali della società (droga, prostituzione, pedofilia, tanto per citarne qualcuno) come mali di cui tutti siamo responsabili e di cui tutti dobbiamo farci carico. Vediamo l'incitamento di certi giornali o di certa tv a farsi "giustizia da soli", per preparare l'avvento di una dittatura che, come d'incanto, risolva tutti i mali d'Italia e del mondo. Vediamo l'irresponsabilità dei comportamenti umani verso la natura che Dio ci ha donato, lo sperpero delle spese militari, le decine di guerre in corso, il genocidio dei bambini… Altro che relativismo religioso!

5. Per i modi, i tempi e i toni della dichiarazione, questa non può che provocare divisione, risentimenti ed un'accusa di altezzosità che è del tutto motivata. E se è vero che viviamo in un mondo pieno di relativismo, qual è la strategia migliore per combatterlo? Certamente non quello di gridare al mondo intero la propria superiorità che deriverebbe dall'essere la chiesa di Roma direttamente discendente dalla Chiesa fondata da Cristo duemila anni fa. A chi può interessare il problema del marchio di autenticità, ammesso che esista, della chiesa di Roma? Questo potrebbe interessare, ma non è neppure così, a chi si dice cristiano. Ma la realtà in cui si trova oggi a vivere il cristianesimo è del tutto diversa. Il cristianesimo è oggi minoritario in Italia e nel mondo. E' con quest'enorme massa di uomini e donne che orientano la propria vita di tutti i giorni con criteri che non rispondono ad alcuna etica o morale, di alcun tipo, che dobbiamo fare i conti. Grazie a Dio ci sono però anche centinaia di milioni di uomini e donne che oggi leggono direttamente la parola di Dio, grazie anche alle decisioni assunte dal Concilio Vaticano II° e da Papa Giovanni 23°, traendone stimoli per cambiare la propria vita, per entrare in dialogo con Dio e con i propri fratelli, anche al di la di quello che pensano o stabiliscono gli organi direttivi delle chiese, qualsiasi esse siano. E' con questo popolo di Dio diffuso, frutto dell'agire dello Spirito Santo, che soffia dove vuole e nessuno lo può fermare, che noi tutti, qualsiasi sia il servizio che svolgiamo nella chiesa di Cristo, abbiamo il dovere di confrontarci e dialogare, di gioire insieme ad essi quando si suscitano nuovi movimenti religiosi nel nome di Nostro Signore. Non è forse meglio il dialogo allo scontro, affiancarsi ai fratelli in cerca di luce, come Gesù che anonimamente si affianca ai discepoli di Emmaus, per dividere con loro le scritture e poi il pane ed il vino? Non si può sperare di cambiare la realtà esorcizzandola.

6. La Dichiarazione è inutile e dannosa anche per un altro motivo. Per la quantità di citazioni bibliche o di documenti richiamati, essa si configura come un documento per specialisti. Si continua con la pratica di tenere fuori dal dibattito della chiesa la stragrande maggioranza dei battezzati, che non sono né teologi, né specialisti di documenti conciliari. Spesso non lo sono neppure i parroci, soprattutto quelli che più s'impegnano nel loro ministero di "pastori in cura d'anime", nell'esercizio dell'amore cristiano insegnatoci da Gesù. La teologia viene praticata, oramai da secoli, come una sorta di scienza esatta, quasi si trattasse di dimostrare un teorema di matematica.  I documenti della chiesa cattolica, ma questo è un difetto di tutte le chiese, sono scritti da professori per altri professori, da studiosi per altri studiosi. E chi ascolta il "popolo di Dio"? Chi da loro voce, chi li fa partecipare attivamente ad una teologia che sia non "discorso razionale su Dio", da accettare supinamente, ma "discorso con Dio", dialogo dell'uomo con il suo Signore?

7. «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti», disse Gesù ai suoi discepoli che, mentre lui si stava recando a Gerusalemme per subire il martirio, discutevano su chi fra loro fosse il più grande. E a Giovanni che gli raccontava di aver impedito ad uno che non era un suo discepolo di scacciare demoni nel suo nome Gesù rispose: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi».  All'invito di Gesù ad essere gli ultimi la dichiarazione di Ratzinger sostituisce la rivendicazione del primato della chiesa di Roma nell'ambito di quelle che non dovrebbero neppure essere chiamate chiese sorelle. Non è più dunque vero che "ogni uomo e tuo fratello"? E che senso ha rivendicare la cosiddetta "successione apostolica"? Non è più dunque Cristo l'unico e vero capo della sua Chiesa?

8. All'ecumenismo non c'è alternativa. Dove per ecumenismo intendiamo il riconoscimento reciproco di quanti si dicono cristiani e praticano i suoi insegnamenti, secondo l'indicazione di Cristo stesso: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome li sono io".  All'ecumenismo non c'è alternativa perché Cristo ci ha chiesto una cosa semplice, completamente alla nostra portata, quello di "amarci l'un l'altro come lui ci ha amato". E all'amore fraterno, che è la vera base dell'ecumenismo, per i cristiani non c'è alternativa. E a chi ci offende siamo chiamati a perdonare "non sette volte ma settanta volte sette". L'Irpinia, terra di dialogo e di cultura, rifiuta le chiusure e l'oscurantismo di chi pretende di spostare indietro le lancette della storia. Lo Spirito Santo, che non a caso sembra essere stato dimenticato dagli estensori del documento, è più forte di qualsiasi dichiarazione di parte e in lui confidiamo.


"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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