Ma perche’ fede e scienza sono agli antipodi?

di Stefania Salomone

Sulla visita del Papa all’Università “La Sapienza”: è lecito dissentire


Chi ha stabilito che fede e scienza siano in contrasto?
Forse perché, da secoli, i discorsi ufficiali della gerarchia ecclesiastica sono “sembrati” vagamente contrari al progresso?
E perché il progresso è demonizzato?
Se per scienza intendiamo il livello di conoscenze acquisite in tutti i campi, grazie, per chi ci crede, ai doni intellettivi e ai carismi ricevuti, non vedo come questo possa essere contrario al messaggio di Cristo.
Anche in campo teologico si continua a progredire, ci sono studiosi che hanno speso e stanno spendendo la loro vita per arrivare alla radice del messaggio evangelico, mediante una nuova traduzione del testo originale greco.
Può considerarsi cosa negativa o pericolosa?
Se rispondessimo con un minimo di buon senso, diremmo “no”. Ma, purtroppo, nel comune sentire delle gerarchie vaticane, ogni nuova scoperta in campo esegetico rappresenta un problema. Sembra evidente che si voglia restare alla preistoria, nella fede, nelle conoscenze e che si tenti di demonizzare il progresso.
Il motivo è molto semplice: lo studio dei Vangeli ha portato alla comprensione che nessuna gerarchia è necessaria alla sequela di Cristo, nessun potere è giustificabile o almeno previsto, nessuna mediazione tra l’uomo e Dio è contemplata, poiché siamo un popolo sacerdotale. Quindi, il potere rappresentato dalla Chiesa istituzionale viene messo radicalmente in discussione.
Per l’istituzione anche l’ideologia progressista, o diciamo meglio “di sinistra”, rappresenta un pericolo. In realtà, il concetto che nulla debba essere privato, che tutto sia di tutti, che si condivida ciò che si ha, che non ci sia il forte e il debole, l’oppressore e l’oppresso è fortemente legato alla giustizia sociale, nonché al Vangelo stesso.
Siamo noi che, per restare ancorati al passato, per tenerci stretti i troni che pensiamo ci appartengano, chiudiamo gli occhi al nuovo. Perché il nuovo presuppone un cambiamento, un’apertura all’altro che non siamo disposti a concedere, in barba alle parole di Gesù.
Possiamo riferirci alla legge sulla regolamentazione dell’interruzione di gravidanza, che NON è una legge abortista, anche se ancora non l’abbiamo capito. Sono felice che esista una legge che permetta a chiunque opti per questa soluzione, con sicura sofferenza e conseguenze emotive certe, possa farlo in sicurezza, senza ricorrere a metodi poco ortodossi e spesso mortali.
Ciò non toglie che personalmente non lo farei.
Ho accompagnato molto tempo fa un’amica ad abortire e il mio cuore piangeva. Sarei stata più cristiana se l’avessi lasciata andare da sola?
Tornando alla scienza, in questo ambito, si cerca di stabilire a che età gestazionale un essere umano sia in grado di sopravvivere autonomamente, cioè a prescindere dalla madre e a prescindere dai macchinari.
Questa risposta ce la possono dare solo gli studiosi sul campo che, ad oggi, non sono ancora unanimi.
Certamente, anche se arrivassimo a stabilirlo con certezza, la mia scelta personale non cambierebbe. Ma forse cambierebbe quella di qualcun altro.
La scienza non rende tutto relativo, come semplicisticamente si afferma, ma tende a fornirci evidenze concrete.
Inoltre lo Stato è laico, cioè si definisce, si costituisce e si regolamenta a prescindere dal credo religioso di ciascun appartenente. E questo è un dato di fatto.
Perché un talento musicale è ben accetto e un talento medico o scientifico può non esserlo?
Deve restare inalterata la libertà di ciascuno di fidarsi delle scoperte scientifiche o di diffidare di esse. Questa è una grande libertà. Ma non possiamo mettere al rogo ciò che pensiamo sovverta le nostre certezze, soprattutto quando esse siano basate su convincimenti aprioristici.
Se nella storia i nostri antenati avessero vissuto col “si è sempre fatto così…”, le nostre automobili avrebbero le ruote quadrate.
Per concludere, sono grata ai docenti de “La Sapienza” e ai collettivi studenteschi, per aver manifestato il loro dissenso nei confronti dell’invito rivolto dal rettore al pontefice. Fermo restando che non si vieti a nessuno di parlare e non si neghi a nessuno il diritto di dissentire.



Martedì, 15 gennaio 2008