DEHONIANI E MESSALE TRIDENTINO

di Giovanni Panettiere

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Anche i Dehoniani non ci stanno. Entra oggi in vigore il motu proprio di Benedetto XVI,"Summorum pontificum", che liberalizza la Messa secondo il rito antico(attualmente in città si celebra sotto questa forma solo al Baraccano,ogni primo sabato del mese) e la congregazione religiosa bolognese, sul numero 31di "Settimana", il suo settimanale di attualità pastorale, con un articolodi padre Riccardo Barile, fa valere, in maniera ferma e dettagliata, le proprieperplessità al testo, pur garantendo piena obbedienza al successore di Pietro.

In primo luogo si pone un sentito interrogativo sul rischio effettivo, una volta vigenteil documento, di una dispensa dall’impianto del Vaticano II.

E’ tuttavia sul ruolo dei lefebvriani, nella genesi del motu proprio, l’affondo più deciso dei Dehoniani:"La sensazione è che in tutta la questione i lefebvriani dettino l’agenda e le condizionicon un metodo classico di conquista: prima ci si impadronisce di un territorio, poi si trattacedendo qualcosa, ma conservando ciò che non si sarebbe mai ottenuto limitandosidall’inizio a obbedire e a trattare. Viene da domandarsi se la componente ecclesiale "fedele"è stata ascoltata quanto i lefebvriani scismatici o pentiti".

L’articolo critica anche la possibilità,sancita dal Papa, di costituire "parrocchie personali" per i simpatizzanti del Messale antico:"L’effetto domino si completa con la possibilità di erigere una "parrocchia personale"e a questo punto si accetterà non solo una differenza rituale, ma anche un ambiente legittimatoa rilanciare un nuovo – cioè vecchio – modo di pensare la chiesa, il suo rapporto con l’ecumenismo,con la società, con la politica, insomma con il mondo". 

In gioco nel dibattito, infuocatosin dalle prime battute, sulla "Sommorum pontificum" è sempre più evidente chenon c’è solo la liturgia, il modo di dire Messa, bensì l’intera teologia conciliare.

Si procede quindi con l’evidenziare il fatto che il Pontefice manifestasse, sin dai tempidella promulgazione del nuovo Messale di Paolo VI, 1970, la volontà di non perdere del tuttoil rito tradizionale, che ora finisce per recuperare con la "Summorum pontificum".

Una volta ricostruito il rapporto tra Papa Ratzinger e la Messa antica, che sostanzialmentedifferisce da quella paolina per un ruolo ancor più significativo del sacerdote celebrantea discapito dell’assemblea, lo scritto allarga i confini del problema denunciando,con parole sofferte e molto incisive, la difficoltà per taluni di rapportarsi al Papa:"Tutto questo genera difficoltà nel rapportarsi al papa da parte di alcuni uomini di chiesa:sembra che si faccia qualcosa per evitare la divisione ma solo da una parte (destra);il papa è veramente convinto quando afferma la bontà della riforma liturgica oppure lo dice per dovere mentre il suo cuore è nel concedere l’indulto? noi ( cristiani normali) ci governa, quelli (dell’indulto) li ama…".

L’allarme lanciato da "Settimana"non è un episodio isolato:già dopo la pubblicazione del motu proprio, a parte le dure critiche di alcuni movimenti,si ebbe il pubblico disappunto del vescovo di Sora, mons. Brandolini, senza dimenticare anche i dubbidell’arcivescovo di Milano, card. Dionigi Tettamanzi, del card. Martini,del vescovo di Pisa, mons. Plotti.

 

Giovanni Panettiere 

"IL RESTO DEL CARLINO BOLOGNA"



Marted́, 18 settembre 2007