Una critica acuta sul pontificato di Benedetto XVI

di Christine M. Roussel

Questo editoriale pubblicato dal settimanale ARCC Light (=Association for the Rights of Catholics in the Church - Associazione per i diritti dei cattolici nella chiesa) dipinge una immagine devastante del Pontificato di papa Benedetto e sembra indicare che l’intenzione della chiesa e del nuovo papa di disattendere gli elementi innovativi del Vaticano II sia giunta a compimento. E’ finita la luna di miele di papa Benedetto?
(Traduzione di Stefania Salomone)


Siamo già da due anni sotto il pontificato dell’ex Cardinale Joseph Ratzinger, ora Benedetto XVI e si stanno svelando, giorno per giorno, i suoi reali contorni.
Devo essere onesta: quando ho appreso dell’elezione di Ratzinger, dopo quasi 27 anni di Giovanni Paolo II, ho avvertito come un pugno nello stomaco. Ma, poiché ho fiducia in Dio e nell’attenzione che riserva alla chiesa di Cristo, ho tentato di guardare al futuro con ottimismo. Sicuramente la formazione e la cultura di papa Ratzinger ci preserverà da brutte sorprese? Sicuramente Giovanni Paolo II ci ha portato ad un reale allontanamento dal Vaticano II? Sicuramente la rimozione suggerita da Benedetto del fondatore dei Legionari di Cristo, pedofilo, è stato un grande segno di onestà da parte del Vaticano. Sicuramente, questo piccolo uomo sorridente, che ha scherzato dicendo che il suo non sarebbe stato un lungo pontificato, ha mitigato l’attività della Legione a sostegno del regno precedente. Tutto questo è vero? No, è falso.
Bisogna sempre dare a un nuovo papa il beneficio del dubbio, una possibilità per fare del suo meglio prima di criticarlo severamente, ma non credo che possiamo lasciare che questi buoni propositi ci rendano ciechi sull’assolutizzazione del potere che il diritto canonico e la passività dei laici continuano di fatto a garantire al papa. Avere l’indiscusso potere di stabilire cosa è "giusto" è il sogno più antico dell’umanità. E’ un sogno che facilmente può tentare qualunque chierico rigido, devoto, autoritario, studioso, ma fondamentalmente timido, che teme che il mondo intorno a se stia impazzendo. Papa Ratzinger, Benedetto XVI, è questo tipo di uomo.
Questa visione di Benedetto XVI, passato e presente, non è così malevola come sembra. Ratzinger è nato in una famiglia religiosa di ceto medio-basso (i due figli sono diventati preti e la sorella è diventata la loro domestica), in una piccola cittadina della Baviera. E’ entrato in seminario a 12 anni, ma il suo seminario fu chiuso quando la guerra aveva bisogno di risorse e reclute. Pur restio, fece parte della Gioventù di Hitler per due anni e quando fu chiamato alle armi, ha detto di non aver mai imbracciato il fucile, ma di aver disertato e di essere tornato a casa. Ratzinger tornò in seminario nell’autunno del 1945 e fu ordinato nel 1951. Il suo mondo era casa, religione e studio. Quando le truppe naziste tentarono di sconvolgere quel mondo, lui tentò di evitarlo e si rifugiò a casa, nel suo mondo familiare. Questo è un fattore che si è ripetuto varie volte nella sua vita.
Il biografo di Ratzinger, John Allen, descrive questi anni con indulgenza ma aggiunge il racconto di un episodio sulla sua precisa visione del Nazional-Socialismo: "… Ratzinger considera i dodici anni del Terzo Reich come la prova del fuoco della chiesa cattolica, nella quale la chiesa è stata trionfalmente vendicata". Questo è riscontrabile anche nella analisi che Allen fa del Cardinale Ratzinger: "Avendo vissuto il fascismo, Ratzinger oggi ritiene che il migliore antidoto al totalitarismo politico sia il totalitarismo ecclesiastico". Piuttosto allarmante, ma probabilmente, nel suo insieme, vicino alla realtà.
Si sa che Ratzinger era il perito del Cardinale Joseph Frings ai tempi del Vaticano II, e alcuni ritengono che ciò possa voler dire che fosse un giovane riformatore con idee liberali. Il Vaticano II era oggettivamente una sfida esaltante per un teologo 35enne così ambizioso, ma, per comprendere Ratzinger, è fondamentale ricordare che la sua partecipazione al Vaticano II fu una esperienza degli esordi del Concilio, con particolare enfasi su un ritorno al cattolicesimo primitivo. O spirito nuovo, tipico della maturità del Concilio culminato nella Gaudium et Spes, lo ha preoccupato, cosa che ha espresso fermamente a parole e negli scritti.
Comunque, Ratzinger ha portato avanti egregiamente la propria carriera accademica, passando da Bonn a Munster, a Tubingen durante e immediatamente dopo il Concilio, con enormi soddisfazioni personali derivanti anche dal suo pedalare all’indietro. Ironia della sorte, il suo ultimo trasferimento a Tubinga fu dovuto in gran parte alle pressioni di Hans Kung. Ma eravamo prossimi ai turbolenti anni ’60. Kung non aveva paura di confrontarsi con colleghi e studenti, ma Ratzinger invece ne aveva. La rivolta studentesca e la radicalizzazione delle posizioni dei suoi colleghi lo disturbarono non poco, tanto che nel 1969 lasciò Tubinga, la università più prestigiosa della Germania, e andò a Ratisbona, una nuova università che aveva contribuito a costruire per creare una nuova generazione di teologi docili e ortodossi. Ancora una volta, quando sentiva che le sue posizioni o la sua autorità venivano messe alla prova, piuttosto che cercare il dialogo, si rifugiava in realtà più sicure e sotto controllo.
Il Vaticano, e in particolare Giovanni Paolo II, hanno continuato a favorire Ratzinger e lui li ha ripagati con la sua fedeltà, ivi inclusa la decisione di sostenere l’allontanamento di Hans Kung, suo ex-amico e benefattore, sancito da Giovanni Paolo II e dai vescovi tedeschi, che gli toglievano la cattedra di insegnamento come teologo cattolico. Ratzinger cominciò i suoi attacchi alla teologia della liberazione e i suoi sostenitori, che è andata avanti fino agli anni ’80. Quindi, quando Giovanni Paolo II lo nominò a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1981, Ratzinger era già una personalità nota - una roccia ultra-conservatrice, brillante, devota e rigida, estremo difensore della visione della chiesa - che non a caso coincideva con quella di Giovanni Paolo II.
Sono certo di non essere l’unico osservatore cattolico che si sia domandato sempre più spesso negli ultimi cinque anni se Ratzinger, di fatto, non fosse "la mente pensante" dietro al papato di Wojtyla. Karol Wojtyla era certamente intellettualmente dotato, ma il livello delle sue affermazioni era sicuramente gonfiato dai suoi ammiratori, gli autori del leggendario "John Paul the Great - Giovanni Paolo il Grande". A questo supposto genio fu negato il dottorato a Roma e dovette tornare in Polonia per ottenerlo. Gli fu consentito di viaggiare liberamente in lungo e in largo per la Polonia, alimentando la sua rete di contatti in un periodo in cui nessuno, che non fosse sostenuto dalla Polizia Segreta Comunista, aveva il permesso di viaggiare, e si dice che egli abbia - modestamente - portato un elettrocardiogramma al secondo conclave del 1978 per dimostrare che non sarebbe morto improvvisamente come Luciani! Non si può negare che Wojtyla e Ratzinger siano stati "la strana coppia", cosa che ha permesso a Giovanni Paolo II di proclamare, davanti al Muro del Pianto: "Siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nella storia hanno causato sofferenza ai più piccoli, e chiediamo il vostro perdono, e vogliamo impegnarci in una genuina fratellanza con il popolo dell’alleanza". Mentre Ratzinger imprecava: "La proclamazione messianica della chiesa è messa in pericolo dalle teorie relativiste che tentano di giustificare il pluralismo religioso". (Dominus Iesus). Sebbene Wojtyla e Ratzinger fossero piuttosto simili sotto molti aspetti - arroganti, rigidi, autoritari, intolleranti, convinti di aver ragione, xenofobi - esistevano alcune differenze tra i due. Wojtyla è stato meno banale di Ratzinger, aveva una visione più romantica e sognatrice, una maggiore empatia verso i sofferenti, specialmente nel momento in cui ha sofferto per la malattia che lo ha portato alla morte. Ha vissuto in modo più emozionale ma, che se ne rendesse conto o meno, avendo un simile sostenitore alle spalle, ha tenuto a freno la sua parte liberale, specialmente verso gli ebrei e i "Fratelli separati", senza preoccuparsi che la chiesa si sarebbe indebolita. Così durante il pontificato di Giovanni Paolo II, abbiamo sentito l’annuncio che l’ordinazione delle donne era fuori discussione, con Ratzinger che dietro le quinte rincarava la dose dicendo: "E questa è materia di infallibilità". Wojtyla vescovo avrebbe potuto firmare la Gaudium et Spes al Concilio, ma Ratzinger invece distorce lo stesso documento per giustificare la Dominus Iesus. E via dicendo.

La "grande speranza delle fazioni anti-Vaticano II

Siamo arrivati ad una domanda importante: Ratzinger era veramente il successore designato di Giovanni Paolo? Alcuni mesi prima del conclave, più di un elettore disse a John Allen che si pensava che Ratzinger sarebbe stato il candidato più idoneo e Allen è convinto che molti altri la pensassero così. Le grandi dimostrazioni di dolore alla morte di Giovanni Paolo II, e il grido "santo subito", hanno avuto un certo effetto su Ratzinger, convincendo i Cardinali della convenienza di scegliere qualcuno capace di agire in continuità con Giovanni Paolo II e le sue politiche. Dopo quasi 25 anni di fedele collaborazione, Ratzinger aveva certamente questi requisiti. Era intelligente, aveva esperienza, conosceva gli eventi dell’era moderna, era la grande speranza della fazione anti-Vaticano II, e avrebbe certamente portato avanti l’inversione dalle riforme di quel Concilio. Come illustrato dal brillante studio di Ingrid Shafer, "The Genie is Out of the Bottle" (Il Genio è uscito dalla lampada, luglio 2007, pubblicato da ARCC Light), appena si è saputo che Ratzinger sarebbe stato il prossimo papa, i gruppi reazionari hanno iniziato a prepararsi per i cambiamenti sia liturgici che programmatici che sapevano avrebbe adottato. Non è improbabile che tali processi siano iniziati ben prima del trapasso del vecchio papa.
Si possono trovare riscontri sostanziali a questa teoria nell’affascinante lettera del Cardinale Ratzinger al Dott. Heinz Lothar Barth, datata 23 giugno 2003, pubblicata recentemente sul sito web del Prof. Joseph O’Leary dell’Università di Sophia a Tokio. Di seguito alcuni passaggi rilevanti:

A: Heinz­Lothar Barth, 23 giugno 2003
Caro Dott. Barth,
… Mi chiede di agire nell’ottica di una maggiore diffusione del vecchio rito romano. Sa che io sono molto sensibile a questa richiesta. E il mio lavoro relativamente a questa causa è generalmente risaputo.
Se la Santa Sede "ammetterà di nuovo il vecchio rito senza restrizioni", come lei desidera e come ha sentito da voci di corridoio, non può trovare facile risposta e non può essere confermato. E’ ancora troppo grande l’avversione di molti cattolici, instillata in loro nel corso degli anni, verso la liturgia tradizionale che è considerata "preconciliare".
Bisognerebbe anche considerare la notevole resistenza di molta parte dei vescovi verso questa riammissione.
Le cose sarebbero diverse se si riconsiderasse una ri-ammissione parziale. La richiesta di un ritorno al vecchio rito è limitata. E’ ovvio, naturalmente, che questo non dipende da quanti venga richiesta, ma il dato numerico di preti e laici che la desiderano, ha un ruolo non indifferente.
Inoltre, una misura di questo tipo, può avvenire in modo graduale, a 30 anni dalla riforma liturgica di Paolo VI.
Avere fretta in questo senso avrebbe effetti negativi.
Credo, comunque, che nel lungo periodo la chiesa cattolica romana debba tornare al rito romano. L’esistenza di due riti ufficiali è difficile da gestire per i preti e per i vescovi.
Il rito romano del futuro deve essere unico, celebrato in Latino o in vernacolo, ma in totale conformità con la tradizione del rito che abbiamo dimenticato. Questo potrebbe portare a nuovi elementi, come ad esempio la creazione di nuove festività, nuovi Prefazi, un lezionario più ampio che preveda più scelta, ma non troppa, una "oratio fidelium", cioè una litania delle intercessioni fissa dopo l’Oremus prima dell’offertorio, dove di fatto era già collocata anticamente.
Caro Dott. Barth, se intende impegnarsi per questa causa, non sarà solo, aiuterà a preparare l’opinione pubblica nella chiesa per eventuali future misure di allargamento nell’utilizzo dell’antico rito. Bisogna essere cauti nel risvegliare le aspettative dei fedeli tradizionali…
Cordialmente…
Cardinale Joseph Ratzinger
(http://josephsoleary.typepad.com/my_weblog)

Si potrebbe tentare di spiegare le decisioni passate riguardo la liturgia. Esse non intendono riannettere la società di Pio X, sebbene Benedetto gradisca riunire questi tradizionalisti al cuore della chiesa. Intendono invece portare indietro la liturgia fin dove Benedetto vuole che si arrivi. Papa Ratzinger sta precorrendo i tempi su molti fronti: non gradisce la musica moderna, ama la vecchia musica sacra, quindi la chiesa scoraggia l’utilizzo di musica moderna e ha creato un apposito dipartimento nella curia che verifichi che non venga usata. Ama il Rito Tridentino, quindi un prete non può più rifiutarsi di celebrarlo per gruppi (non importa quanto numerosi) che lo richiedano. Non è più prevista l’autorizzazione del vescovo e coloro che si rifiutano dovranno vedersela con Roma. Il prossimo passo, presumibilmente, sarà "il rito romano del futuro", come accennato nella lettera, che sembra possibilmente simile alla Messa Tridentina, con un lezionario più ampio e alcuni nuovi Prefazi. Nonostante il giochetto di Ratzinger alla sua elezione - "questo non sarà un lungo pontificato" - sembra chiaro che voglia assicurarsi la continuazione nella stessa direzione, eleggendo regolarmente cardinali di un certo tipo che costituiscano il nuovo Collegio Elettorale, fino ad un massimo di 120. Ha già nominato un quarto del collegio in soli due anni!
Tali revisioni liturgiche sono perfettamente in linea con la teologia di Benedetto. Altrettanto in linea è la proposta di un Cardinale della Curia che ha suggerito che il tabernacolo sia spostato di nuovo al centro delle chiese. Altrettanto scontato il suo proclamare alcune preghiere per la Messa di Natale a Roma in latino, invece che in italiano. Altrettanto in linea la sua Messa per lo staff vaticano nella Cappella Sistina, dando le spalle all’assemblea. Papa Ratzinger vede un presbiterato oggetto di culto, separato dai fedeli, rivolto in maniera esclusiva al culto di Dio, ma c’è molto di più: nel 1968 in un articolo sui Padri della Chiesa, egli descrisse il nucleo del cattolicesimo come "episcopale, sacramentale e liturgico" (Allen, 98). Tale visione non era diversa nel 1979, quando ha difeso l’allontanamento di Kung in una omelia dicendo "i fedeli cristiani sono persone semplici: i vescovi devono proteggere la fede di costoro contro il potere degli intellettuali" (Allen, 130). Ratzinger ha sempre visto il relativismo culturale come il più grande pericolo per la fede. Non ha completamente torto: il relativismo la mette in dubbio ed è pericoloso se combinato con le filosofie orientali. Allen ne parla in modo acuto: "Radicato in una visione Agostiniano/Bonaventuriana, Ratzinger ha sempre sottolineato la distanza critica che deve separare la chiesa dalla cultura" (Allen, 90). Quindi, papa Ratzinger non "Il Servo dei Servi diDio", per usare uno dei vecchi titoli riservati ai papi, egli è il Fuhrer e il totalitarismo ecclesiastico è salvo.
Non solo è salvo, ma ci si trova a suo agio - e questo è quello che possiamo dire sull’attuale pontificato. Ratzinger è intenzionato ad utilizzare tutto il suo potere per rimettere in riga il mondo cattolico, ri-evangelizzarlo, cioè deviarlo dal Vaticano II e dal modernismo. La chiesa ritornerà a quella semplice, obbediente e fedele entità che era in passato. Il popolo, specialmente gli intellettuali, o si adegueranno o lasceranno. Sarà una chiesa più piccola, più pura, più allineata con il messaggio dell’amore di Dio - o forse con qualcos’altro.
Sfortunatamente, la teologia di Ratzinger era già antiquata nel 1930, quando lui l’ha imparata. L’era di un laicato infantile è passata; l’epoca di un clero "deificato" è finita, a parte gli ambienti dei legionari o degli Open Doors (associazione religiosa conservatrice); il giorno dei papi di stampo fascista è finito - la loro fine è stata segnata dall’Illuminismo del XVIII secolo.
In un certo senso, l’espressione più simbolica di questo papato è il commento recente di un curiale, che ha affermato che il rispetto per il sacro ha iniziato a diminuire quando si è cominciato a dare la comunione in mano e bisognerebbe assolutamente ritornare alla comunione esclusivamente sulla lingua. Solo il prete è abbastanza santo per toccare le sacre specie. Che ne è stato del presbiterato di tutti i fedeli promosso dal Vaticano II? La verità è che Ratzinger & Co. non l’hanno mai accettato ed ora stanno usando il più alto pulpito del mondo, il papato, per rimuovere le tracce del Vaticano II, pezzettino per pezzettino.
Uno dei papi della famiglia De Medici sembra abbia detto: "Dato che è piaciuto a Dio eleggerci papa, rallegriamocene". La variazione di Ratzinger a questa frase potrebbe essere: "Dato che è piaciuto a Dio eleggerci papa, sfruttiamo l’occasione" per riparare a tutti gli errori liberali degli ultimi 40 anni e restaurare l’antica purità della chiesa. Coloro che non sono d’accordo possono pure andarsene.
Nello scenario immaginario di papa Benedetto, i vescovi, i preti e i laici accettano docilmente il volere del magistero. Questo era purtroppo vero fino alla fine degli anni ’30, quando viveva in Baviera. Ora tutto questo è soltanto nella sua memoria. Scusaci, papa Ratzinger: nonostante la presenza dei tuoi gruppetti di supporters, sei in ritardo di 200 anni!!!!


Christine M. Roussel


Testo originale



Martedì, 18 marzo 2008