Crisi chiese
Un sociologo guarda oltre

di Andrew M. Greeley

Traduzione di Stefania Salomone


http://www.commonwealmagazine.org/article.php?id_article=2287

Dobbiamo partire dal presupposto: Non aspettiamoci una vera riforma della chiesa cattolica finché la curia romana non sarà controllata dai vescovi locali. Il Vaticano II fu il concilio riformista più efficace nella storia della chiesa cattolica, anche se poi i vescovi lasciarono roma e la curia prese di nuovo il controllo. Ora ci rendiamo conto che il concilio non cambiò quasi nulla, ma divenne praticamente uno strumento di continuità.

Purtroppo, la leadership che avrebbe dovuto guidare le risorse del post-concilio una volta elette lo hanno soppresso e lo Spirito ha dovuto contare solo sul basso clero e sui laici per ristrutturare la chiesa. Nessuno di noi vivrà per vedere una chiesa post-Vaticano II.

In molte parti del mondo, i seminari cattolici sono praticamente vuoti, le scuole parrocchiali chiudono, le chiese restano chiuse durante il giorno e le rettorie, i conventi e i noviziati sono vacanti. I teorici, che non rappresentano che se stessi, combattono sulle rovine. Comunque, ci sono i segni dei tempi all’orizzonte, non più grandi di una mano dell’uomo, che rilevano una grande vitalità nel cattolicesimo e costituiscono le basi di una nuova speranza. Alcuni di questi segni sono confermati dai dati, altri da impressioni e altri ancora da timide iniziative. Molte di queste saranno contrastate e rese inoffensive dai sostenitori sia della sinistra che della destra.

Ci sono molti più cattolici negli Stati Uniti di quanti se ne possano contare, forse 15 milioni in più delle attuali stime. Non esistono dati attendibili sulla dimensione della popolazione messicana negli Stati Uniti, legale o illegale. 30 milioni è una cifra sotto-stimata, e molti sono cattolici. Mentre la chiesa cattolica perde fedeli a vantaggio di quella evangelica (specialmente dopo le apparizioni di Guadalupe), almeno il 75% di questi immigrati restano cattolici. Essi sono, per la maggior parte, costituiti da famiglie devote per le quali religione e famiglia sono intimamente connesse.
Uno studente laureato di Latina mi ha detto "Riteniamo che Dio sia parte della nostra famiglia, e quando celebriamo tra noi, Dio venga a gioire con noi". I latino-americani non solo sono la nuova fonte di energia del cattolicesimo, ma portano una dimensione di gioia che è difficile riscontrare nelle etnie celtiche come la mia. Non sono i nuovi dettami del ministero di cui la chiesa ha disperatamente bisogno, ma di una dimensione di gioia sacramentale.

L’identità dei cattolici americani si basa sull’immaginario e la tradizione narrativa cattolica. Dean R. Hoge della Catholic University ha chiesto ai laici cattolici quali siano le componenti essenziali della propria eredità religiosa.
Le risposte al suo sondaggio informale hanno rivelato un insieme di elementi che rimangono invariati a prescindere dall’età e dalle aree, come la Risurrezione, la Presenza Reale di Gesù nell’Eucaristia, Dio nei sacramenti, la carità verso i poveri e Maria, la madre di Gesù. Questi sono fattori essenziali rimasti invariati nel millennio. Le novità non potrebbero quindi essere migliori di così, questi sono i vessilli della fede, la materia prima della meditazione teologica, i primi frutti dell’immaginazione cattolica.

Nei quaranta anni successivi alla Humanae vitae, l’enciclica sul controllo delle nascite, i cattolici hanno imparato ad esserlo a modo proprio. Quando fu pubblicata la Humanae vitae nel 1968, coloro che dissentivano potevano lasciare la chiesa o smettere di praticare il controllo delle nascite.
Due generazioni dopo, è chiaro che le coppie sposate conservano il proprio amore per la chiesa pur continuando a utilizzare metodi contraccettivi. Si regolano secondo la convinzione che il Dio in cui credono comprenda meglio di chiunque l’amore sponsale. Nonostante continue denuncie della autorità ecclesiastiche che auspicano perfino che i cattolici cosiddetti da "caffetteria" lascino la chiesa, le coppie sposate non intendono farlo.

Dopo quaranta anni, la crisi non sembra destinata ad esaurirsi. Non esiste paese al mondo (compresa la Polonia) in cui la maggioranza dei cattolici accetti l’etica sessuale della chiesa. Come ha affermato una sociologa australiana, Margaret Daw, i cattolici praticano una "ragionevolezza dei simboli".
Possono non accettare a pieno gli insegnamenti del papa, ma continuano ad identificarsi con lui come rappresentante della chiesa e appaudirlo durante le sue visite. Questa è una buona notizia nel senso che la crisi non ha distrutto la chiesa. Nessuna delle parti cambierà la propria posizione. La leadership non è preparata a scomunicare chi dissente e i dissenzienti non sono pronti a levare le tende. Quanto durerà questa crisi? Dopo quaranta anni, si può ancora parlare di crisi? Melissa Wilde, nel suo libro Vaticano II: Una analisi sociologica dei cambiamenti sociali (Princeton University Press), suggerisce che potrebbe volerci un altro concilio per mettere in salvo la saggezza degli insegnamenti tradizionali cattolici in materia di sesso, per i quali gli scritti degli ultimi due papi riguardo l’immagine sponsale di Dio potrebbe fungere da cornice.

I cattolici sono diventati più tolleranti verso gli omosessuali. Nel 1973, il primo rapporto del National Opinion Research Center, evidenziava che il 76% dei protestanti e il 71% dei cattolici riteneva l’omosessualità qualcosa di gravemente sbagliato. Nel 2007 le percentuali sono scese rispettivamente al 65% e al 47%.
Molta parte del cambiamento, come tutte le modifiche delle attitudini, non è il risultato di cambiamenti di mentalità personale, ma dei cambi generazionali per cui la mentalità giovane sostituisce coloro che muoiono. Quindi, nella generazione dei nati prima del 1910, l’86% pensava che l’omosessualità fosse sbagliata, mentre per quelli nati dopo il 1980, la percentuale scende a 38%.

Le associazioni di volontariato, molto presenti in ambito cattolico, vivono l’essenza del cattolicesimo: servire gli ultimi, fratelli e sorelle. Nelle parrocchie dove esiste un pastore intelligente e preparato, i volontari abbondano - ministri per l’aiuto agli infermi, lettori, cantori, ministri eucaristici, ministri per la gioventù, insegnanti, allenatori, membri dei consigli parrocchiali, membri dei consigli scolastici - ci sono schiere di parrocchiani desiderosi di assumersi delle responasbilità rispetto alle necessarie attività. Nella mia parrocchia di Tucson ci sono 75 organizzazioni che portano avanti la baracca con dedizione.
Abbiamo una missione ad Haiti dove i giovani trascorrono le vacanze estive costruendo abitazioni, insegnando ai bambini, visitando gli anziani e cercando di mediare tra i vari gruppi etnici. Ma troppe parrocchie sono sprovviste di queste attività frenetiche. Il pastore non gradisce che qualcuno si immischi nelle faccende parrocchiali. E troppi vescovi hanno i banchi vuoti - troppi pochi uomini preparati alla guida dell’onda attiva e benefica dei laici.

Le devozioni popolari, alcune disdegnate dai liturgisti, rimangono forti. La novena della Madre dei Dolori e la Benedizione del Sabato pomeriggio non hanno resistito, ma le cappelle per l’adorazione, le celebrazioni in onore dell’Eucaristia (specialmente la processione del Corpus Christi) e le devozioni Mariane sono sopravvissute.
La madre di Gesù tenta di sfuggire agli stupidi sentimentalismi della vecchia mariologia, nonché alla ideologia a senso unico tipica del femminismo radicale.

Non c’è da stupirsi. Ogni simbolo che ricorda che Dio ci ama come una madre, non può che attirare. I popoli latini aggiungono a questo le devozioni popolari. Praticamente Guadalupe resterà nel tempo. E così altre devozioni popolari. I conflitto tra liturgia e devozioni è un costrutto che i cattolici non accetteranno mai. Le devozioni non sono superstizioni. Esse rimistificano il mondo con il presupposto che la grazia sia dovunque.

Lo scorso Sabato Santo mi sono recato al Barrio Libre di Tucson, alla cappella di St. Martin De Pores, per partecpare alla Pascua Yaqui Passion Play (teatralizzazione della passione). Quella particolare sezione della recita prevedeva anche che Giuda saltasse in aria con delle bombe carta. A prima vista, questa sceneggiata potrebbe non sembrare cattolica. In realtà invece è cattolica, nonostante preveda una serie di elementi folcloristici. Dovremmo accogliere questi fenomeni e rispettare le intenzioni e la sensibilità artistica di coloro che vi prendono parte.

La frequentazione a Pasqua e a Natale hanno soppiantato la frequenza domenicale, come attitudine e norma dell’identità cattolica. La metà della gente delle parrocchie va in chiesa circa due volte al mese. L’altra metà sono presenti nelle due grandi festività. Non credono che andranno all’inferno per l’eternità per non essere andati a messa la domenica. Se viene loro chiesto perché non vi si rechino più spesso, la risposta è scontata: non ne ricavano nulla di buono. Le omelie sono terribili, la musica è orribile e dura troppo. Ma l’Eucaristia resta importante nella loro vita.
Nonostante la mancanza di dedizione della chiesa verso i giovani, l’entusiasmo dei giovani cattolici appartenenti ai nuovi movimenti è un fenomeno notevole e talvolta scarsamente apprezzato. Per "nuovi movimenti" non intendo l’Opus Dei o i Legionari di Cristo, ma gruppi che sono cresciuti intorno ad ordini religiosi, come i volontari gesuiti, i volontari claretiani, la Amate House e il programma della Notre Dame’s Alliance for Catholic Education (ACE).

Quando ero un prete giovane, ho tentato di instillare l’entusiasmo nei giovani, senza molto successo. Le famiglie non volevano che questo entusiasmo interferisse con il loro futuro lavorativo.

Sono rimasto impressionato dall’ACE e dalla disciplina che ho constatato nei suoi membri. In un meeting degli alunni la scorsa estate, ho percepito un grande entusiasmo. Coniugando la formazione spirituale intensa con un ideale di vita comunitaria, i gruppi ACE creano un fervore che è sia eccitante che impegnativo. Quando i membri ACE finiscono i due anni di preparazione, il 75% continua ad insegnare, la metà in scuole cattoliche. Ho partecipato ad un seminario di un’ora con i diplomati dell’ACE che svolgevano una ricerca sull’educazione cattolica. Similmente, nel deserto dell’Arizona lo scorso anno due gruppi ACE hanno lavorato in comunità povere (i soli posti in cui si reca ACE). Ora se ne richiedono altri.

Le catene di collaborazione tra cattolici sono i grandi esempi di comunità cattolica.
Nel mio attuale studio dell’Arcidiocesi di Chicago, ho scoperto che il 44% dei cattolici affermano che i propri cinque amici più cari sono cattolici, una manifestazione comunitaria che potremmo definire tribale. Fenomeno analogo è presente in altre diocesi. Essere cattolici si sposa facilmente con la fedeltà alla chiesa, con la partecipazione alla messa, la collaborazione con il clero e il rispetto delle autorità, accettazione che i cattolici ascoltino i dettami papali sulla guerra, collaborazione nelle parrocchie ed altri tipi di affiliazione o partecipazione economica. Prima di sviluppare questi dati, non ero a conoscenza di queste reti comunitarie, e non sono sicuro che molti preti le conoscano. Queste sono risorse enormemente positive. E’ da qui che arrivano tutti i volontari.

Molti cattolici usciti, stanno semplicemente aspettando un invito a tornare.
La mia ricerca nell’arcidiocesi di Chicago evidenzia che esistono quattrocentomila cattolici "usciti". Circa la metà hanno lasciato a causa di matrimoni misti, l’altra metà ha lasciato per altre motivazioni legate ai dettami del magistero, sul sesso, o un background familiare conflittuale.

Circa la metà ammette di aver pensato di tornare e il 17% sostiene di pensarci "a volte" o "spesso". Quindi, ci sono circa sessantottomila "usciti" a Cook e Lake Counties che vorrebbero un aperto invito a tornare e sedicimila che potrebbero ripensarci dietro invito.

Non sono a conoscenza di alcun tentativo a Chicago di riportare questa barca al porto. Nella mia parrocchia di Tucson, il parroco ha gestito incontri anonimi di cattolici dissenzienti per più di venti anni. Organizza tre incontri l’anno e la sua stima è che circa seicento persone si siano decise a tornare dall’inizio del programma. Alcuni sono diventati parrocchiani e volontari attivi.

Barrio Libre, ACE, Alienated Catholics Anonymous, Guadalupe, l’immaginario tradizionale, gli applausi al papa - nulla di tutto ciò ricostituirà la vecchia chiesa disciplinata e ordinata nella quale sono stato ordinato. Ma ciò significa che qualcosa di nuovo e positivo sta nascendo. Guardo indietro ai miei otto decenni di vita con speranza, e, perché no, con diletto.


Testo Originale
Traduzione di Stefania Salomone


A Sociologist Looks Ahead
http://www.commonwealmagazine.org/article.php?id_article=2287
By Andrew M. Greeley

By way of setting the assumptions: Don’t expect real reform in the Catholic Church until the Roman curia is brought under control of local bishops. Vatican II was the most successful reform council in Catholic history-until the world’s bishops left Rome and the curia took control again. Now we hear that the council didn’t change a thing but was merely an exercise in continuity.

Unfortunately, the leadership that should have guided the energies released by the council elected to suppress them, and the Spirit has been forced to rely on the lower clergy and the laity to restructure the church. None of us will live to see an authentic post-Vatican II church emerge.

In many parts of the world, Catholic seminaries are nearly empty, parochial schools are closing, churches are locked during the day, and rectories, convents, and novitiates are vacant. Ideologues, representing no one but themselves, fight over the ruins. Still, there are signs of the times on the horizon, no bigger than the size of a man’s hand, that suggest enormous vitality in Catholicism and give grounds for hope. Some of these signs are validated by data, others by strong impressions, and others by unobtrusive measures. Most will be dismissed as meaningless by partisans of both the Left and the Right.


There are a lot more Catholics in the United States than anyone has been able to count, perhaps 15 million more than current estimates. There are no reliable data about the size of the Mexican-American population of the United States, legal and illegal. Thirty million would be a low estimate, and most are Catholic. While the Catholic Church loses some to Evangelical churches (especially when they display statues of Guadalupe), at least 75 percent of these immigrants remain Catholic. They are, for the most part, devout family people for whom religion and family are connected in an intimate way. "We believe," a Latina graduate student told me, "that God is part of our family, and that when we have a celebration in the family, God comes and rejoices with us." Not only are Latinos a new source of energy in Catholicism; they bring a dimension of joy that is difficult for anglicized Celts like me to attain. They are not a new obligation for ministry but a sacrament of joy the church desperately needs.

The identity of American Catholics is rooted in the Catholic imaginative and narrative tradition. Dean R. Hoge of Catholic University has asked Catholic laity what they consider the essential components of their heritage. Responses to his "cafeteria" of possible identity items-and they remained invariant across age and locales-emphasized the Resurrection, the Real Presence of Jesus in the Eucharist, God in the sacraments, concern for the poor, and Mary the mother of Jesus. These essentials have remained unchanged for about a thousand years. So the news couldn’t be much better, because these are the vessels of faith, the raw materials of theological reflection, the first fruits of the Catholic analogical imagination.

In the forty years since Humanae vitae, the birth-control encyclical, Catholics have learned to be Catholic on their own terms. When Humanae vitae appeared in 1968, some thought dissenting Catholics would either have to leave the church or stop practicing artificial birth control. Two generations later, it’s clear a majority of married Catholics maintain their love for the church while continuing to practice birth control. They do so by appealing to a God whom they believe understands married love. Despite constant denunciations from those in authority, and even suggestions from some that these so-called cafeteria Catholics should simply leave the church, such married Catholics stubbornly refuse to do so.

After forty years, the crisis does not seem likely to go away. There is not a country in the world (including Poland) where the majority of Catholics accept the church’s sexual ethic. As Margaret Daw, an Australian sociologist, has said, Catholics practice a "rationality of symbol." They may not accept everything the pope teaches, but they still identify with him as representing the church and cheer him during papal visits. This is good news in the sense that the crisis has not torn the church apart. Neither side will change its position. The leadership is not prepared to excommunicate the dissenters, and the dissidents are not ready to decamp. How long can this crisis last? After forty years, is it still a crisis? In her Vatican II: A Sociological Analysis of Social Change (Princeton University Press), Melissa Wilde has suggested that it might take another council to salvage the wisdom of traditional Catholic sexual teaching-for which the writings of the past two popes on the spousal image of God might provide a frame.

Catholics have become more tolerant of homosexuals. In 1973, the first year of the National Opinion Research Center’s General Social Survey, 76 percent of Protestants and 71percent of Catholics asserted that homosexual sex was always wrong. In 2007, the percentages had declined to 65 percent and 47 percent, respectively. Much of this change, like most change of attitudes, is not the result of individuals changing their minds but of cohort replacement-younger respondents replace those who have died. Thus, in the cohort born before 1910, 86 percent thought that homosexual sex was always wrong, while in the cohort born after 1980, the rate has fallen to 38 percent.

Volunteer movements, strong among Catholics, touch on the essence of Catholicism: serving the least of one’s brothers and sisters. In parishes with an intelligent, emotionally secure pastor, volunteers abound-ministers of welcome (ushers), ministers to the sick, lectors, cantors, Eucharistic ministers, youth ministers, CCD teachers, sports ministers, parish and financial council members, school-board members, and parish trustees-there are scores of parishioners eager to assume responsibility for needed activities. In my parish in Tucson, there are seventy-five organizations cheerfully keeping the ship afloat. We have a mission in Haiti where young people spend their summer vacations building houses, teaching kids, visiting the elderly, and trying to bridge ethnic divisions. But too many parishes are innocent of this frantic activity. The pastor does not want anyone messing with his administration of the parish. And too many bishops have weak benches-not enough men who are prepared to minister to the tidal waves of eager laity.

Popular devotions, some scorned by liturgists, remain strong. The Sorrowful Mother novena and Sunday-afternoon Benediction have not survived, but adoration chapels, festivals in honor of the Eucharist (especially Corpus Christi processions), and devotion to Mary have. The mother of Jesus has managed to escape the silly sentimentality of the old Mariology and the one-dimensional ideology of radical feminists. Small wonder. Any symbol that suggests God loves us like a mother cannot but appeal. Latinos are adding their popular devotions. Guadalupe will simply not go away. Neither will other popular devotions. The artificial conflict between liturgy and devotions is a construct the Catholic people will never accept. Devotions are not superstitious. They remystify the world through the insight that grace is everywhere.

Last Holy Saturday I wandered over to Barrio Libre in Tucson, to the chapel of St. Martin De Pores, to participate in the Pascua Yaqui Passion Play. That particular part of the play included Judas being blown up by a barge of firecrackers. At first, some of this Lent-long play may hardly appear Catholic. In fact, it is certainly Catholic, despite the mix of folk religion. We should welcome such phenomena and respect the serious intentions and artistic sensibility of those involved.

Easter and Christmas attendance has replaced Sunday Mass as an identifying norm of Catholic behavior. Half our regular parish attendees show up in church a couple of times a month. The other half are enthusiastically present at the two major feast days. They don’t believe that they will go to hell for all eternity for missing a Sunday Mass. If asked why they don’t go more often, the answer is obvious: They don’t get anything out of it. The sermons are terrible, the music is horrible, and it takes too long. Yet the Eucharist remains important in their lives.

Despite the church’s lack of interest in teenagers and young people, the enthusiasm of young Catholics in some of the new movements is a remarkable, if underappreciated, phenomenon. By "new movements" I do not mean Opus Dei or the Legionaries of Christ but groups that have grown up around some of the religious orders, such as the Jesuit Volunteers, the Vincentian Volunteers, the Claretian Volunteers, Amate House, and Notre Dame’s Alliance for Catholic Education (ACE) program. When I was a much younger priest, I tried to nurture enthusiasm among the young, without much success. Their families did not want such enthusiasm to interfere with their children’s careers. I have been impressed by ACE and the discipline and skill I have seen in its members. At one alumni meeting last summer, I witnessed a great sense of enthusiasm. By combining intense educational and spiritual formation with a shared common life, ACE teams create an elan that is both exciting and demanding. When ACErs finish their two-year stint, 75 percent continue to teach, half of them in Catholic schools. I attended an hour-long seminar with ACE graduate students who were doing research on Catholic education. Similarly, in the Arizona desert last year we had two ACE teams working in impoverished communities (the only places ACE serves). Now there is a demand for more.

Friendship networks among Catholics are strong manifestations of Catholic community. In my current study of the Archdiocese of Chicago, I have discovered that 44 percent of Catholics say their five best friends are also Catholic, an almost tribal manifestation of community. There is evidence of this phenomenon in other dioceses. Being Catholic correlates positively with loyalty to the church, Mass attendance, refusal to leave, sympathy for the clergy and respect for leaders, agreement that Catholics should listen to papal teaching on the war, activity in the parish and other measures of affiliation, and financial contributions. Before developing this data, I wasn’t aware of such community networks, and I’m not sure many priests are aware of them even now. Yet these are enormously important resources. This is where all the volunteers come from.

Many fallen-away Catholics are merely waiting for invitations to return. My research in the Archdiocese of Chicago suggests there are some four hundred thousand "fallen away" Catholics. About half have left because of a mixed marriage. The other half have left because of the "other" issues-authority, sex, or a conflicted family background. Nearly half admit to occasional thoughts about returning, and 17 percent say that they think of it "sometimes" or "often." Thus, there are roughly sixty-eight thousand "fallen-aways" in Cook and Lake Counties who might be open to invitations to return, and sixteen thousand who could be just waiting for an invitation. I know of no organized effort in Chicago to reclaim these lost sheep. In my parish in Tucson, the monsignor has been running a series for Alienated Catholics Anonymous for almost two decades. He presides over three series a year, and estimates that perhaps six hundred people have "come home to stay" since the program began. Some have become active parishioners-volunteers, in other words.

Barrio Libre, ACE, Alienated Catholics Anonymous, Guadalupe, the analogical imagination, cheers for the pope-these will never recreate the orderly, disciplined immigrant church into which I was ordained. But they suggest that something new and exciting is aborning. I look back on my eight decades with hope and, yes, delight.



Giovedì, 04 settembre 2008