Diocesi in cenere: uno scandalo travolge la chiesa senese

di Adista n. 55 del 28-07-2007

33993. SIENA-ADISTA. C'è del marcio nella Chiesa senese: è la conclusione a cui sono arrivati gli inquirenti che indagavano sull'incendio scoppiato il 2 aprile 2006 nei locali dell'economato, all'interno del palazzo arcivescovile di Siena. Accusato del rogo è infatti l'economo diocesano, don Giuseppe Acampa, che in un primo momento aveva fatto cadere i sospetti sul responsabile dell'Archivio dell'arcidiocesi, Franco Daniele Nardi. Quest'ultimo, inizialmente raggiunto da un avviso di garanzia, è stato poi scagionato dai magistrati, che hanno invece chiesto il rinvio a giudizio di Acampa, oltre che per incendio doloso, anche per calunnia. L'udienza preliminare è stata fissata per il 22 gennaio 2008.

La storia del prof. Nardi

La Curia senese ha subito manifestato il suo incondizionato sostegno ad Acampa: prima con un comunicato in cui si constata con "dispiacere" che "gli inquirenti sembrano essere giunti a conclusioni che distorcono completamente la realtà dei fatti", dettate probabilmente "dal desiderio di rivalsa di componenti ecclesiali probabilmente contrarie all'attuazione della riorganizzazione degli uffici di Curia"; poi con la decisione dell'arcivescovo, mons. Antonio Buoncristiani, di riconfermare Acampa come economo diocesano per altri cinque anni, "dopo aver ricevuto il parere unanime del Collegio dei Consultori e del Consiglio Diocesano per gli Affari Economici".

Sostegno che invece Nardi non ha mai ricevuto. "Mi sono ritrovato ad essere il sospettato principale praticamente subito dopo la scoperta dell'incendio", spiega ad Adista, "e da allora, per oltre un anno, non ho mai ricevuto alcun segno di vicinanza dalla Curia o dal vescovo, che si è persino rifiutato di incontrarmi 'per non inficiare le indagini', a suo dire".

"Quel giorno", racconta ancora il professore che insegna Lettere in un liceo e da oltre trent'anni è responsabile volontario, a titolo gratuito, dell'archivio dell'arcidiocesi, "era una domenica, ma io ero al Palazzo arcivescovile perché dovevo terminare un inventario. Mi sono accorto dell'incendio solo quando sono arrivati i vigili del fuoco". L'economato si trova due piani sopra l'archivio e don Acampa, che secondo la ricostruzione degli inquirenti si era recato lì dopo aver detto messa, avrebbe aspettato almeno mezz'ora più del necessario prima di chiamare i soccorsi. Immediatamente, racconta Nardi, l'economo diocesano avrebbe cominciato ad indicarlo come responsabile del rogo: "Ha parlato di alcune lettere e telefonate minatorie che gli avrei mandato e ha anche fatto capire che ero un po' 'squilibrato'". Il 16 luglio di quell'anno, l'archivista riceve un avviso di garanzia. "È stato un periodo durissimo per me: mia madre era morta da poco e io avevo da poco avuto un infarto; forse, si pensava che anch'io non sarei durato a lungo".

In quei mesi, per il professore, il clima in Curia si fa pesante e pieno di sospetti. Il vescovo si era rifiutato di riceverlo e, per telefono, si era limitato a dirgli che l'incendio era un grave atto di intimidazione contro la Chiesa e che bisognava stare in guardia da persone che, "come Annamaria Franzoni", commettono un fatto e poi non se ne ricordano. Poi, a metà giugno, la svolta nelle indagini e il rinvio a giudizio per don Acampa: "Allora, finalmente, ho ricevuto una telefonata del vescovo, che però mi aveva chiamato solo per chiedermi di ritrattare la sua frase che avevo riportato sulla Franzoni. Naturalmente, mi sono rifiutato".

Un prete ben introdotto

Don Giuseppe Acampa è un personaggio ben noto a Siena: oltre che economo diocesano è anche direttore dell'Oratorio "Pio II" al Costone, vicario parrocchiale di San Pietro in Castelvecchio a Siena, "correttore" della contrada della Selva, nonché membro del Consiglio di Gestione della Fondazione Musei Senesi, che ha il compito di valorizzare il polo museale della provincia. La Fondazione, costituita nel 2003, vede la partecipazione, tra gli altri, del Comune e della Provincia di Siena, della Curia senese e del Monte dei Paschi di Siena (Mps). E proprio all'antico istituto di credito cittadino sembra essere legato in maniera particolare don Acampa: la società sportiva del suo oratorio è infatti sponsorizzata dalla Montepaschi Vita, braccio assicurativo dell'Mps.

Don Acampa ha la fiducia completa del suo vescovo, tanto da essere stato nominato, nel 2004, "amministratore unico" dei beni diocesani, con poteri amplissimi su tutte le operazioni di compravendita di terreni e immobili. Sarebbe in queste operazioni il movente che avrebbe spinto il sacerdote a provocare l'incendio negli uffici dell'economato: tra le carte distrutte ci sono infatti i testamenti di moltissimi fedeli che avevano lasciato i loro beni all'arcidiocesi, insieme a documenti riguardanti affitti, vendite e appalti. Documenti in gran parte distrutti, ma che i magistrati stanno cercando di ricostruire attraverso le copie depositate in altri uffici. Dai primi riscontri, il loro contenuto getterebbe un'ombra sulle attività del sacerdote, nell'ambito di un'inchiesta destinata ad allargarsi: la Procura adesso vuole vederci chiaro sulle attività economiche ed immobiliari della Curia mentre mons. Acampa, oltre che per incendio e calunnia, sarebbe sotto indagine anche per truffa aggravata).

Sulla stampa locale sono trapelati, ad esempio, dettagli della vendita, curata da Acampa per conto della Curia, di un complesso immobiliare di prestigio sulle colline di fronte a Siena, ceduto nel 2003 all'imprenditore veneto René Fernando Caovilla per un prezzo, secondo le accuse, di favore (1.250.000 euro). In cambio, Caovilla avrebbe acquistato per l'economo diocesano, pagandola in contanti, un'Audi da 30.000 euro. È emersa anche la vicenda di un'anziana signora della nobiltà senese, che aveva lasciato tutti i suoi beni all'arcidiocesi con il mandato di venderli e dividere poi il ricavato tra cinque beneficiari: uno di questi, però, il Collegio missionario del Sacro Cuore di Gesù di Andria, prima dell'apertura delle indagini, dalla Curia di Siena non aveva ancora visto un soldo e, anzi, ignorava del tutto l'esistenza dell'eredità. (alessandro speciale)



Mercoledì, 25 luglio 2007