Küng, le sfide dun «contadino cosmopolita»
di daniela tuscano
Ringraziamo daniela tuscano per averci segnalato questo suo articolo che moltovolentieri riprendiamo sul nostro sito. Fonte: http://dimelaltra.blogspot.com domenica 25 maggio 2008Ha compiuto ottantanni lo scorso 19 marzo, Hans Küng. Ma il piglio vivo e alacre con cui affronta la platea dellUniversità della Bicocca sgombera subito il campo da equivoci: il primo volume della sua monumentale autobiografia, La mia battaglia per la libertà (Diabasis), non è un punto darrivo, e lui non intende "ricapitolare" nulla. "Mettere al centro lidea di libertà - spiega lillustre teologo - significa guardare avanti". La vita, continua Küng, scrive sempre le storie più interessanti. E per questo le vicende che racconta sono vere. Uno scorcio manzoniano in queste parole e, forse, non potrebbe essere altrimenti. Squarci duna religiosità severa, vissuta con austera passione, ma esigente e mistica. Libertà, verità: per Küng luna non sussiste senza laltra. E gli è stato chiaro fin dalla giovinezza, pur se la libertà è crescita e sviluppo: "Allinizio, per me svizzero di famiglia conservatrice, la libertà si declinava necessariamente con la lotta contro il fascismo e il nazismo". In seguito si è configurata come libertà interiore, ossia della coscienza. Più oltre ancora, è divenuta la libertà del Concilio Vaticano II - "levento più significativo nella storia della Chiesa non solo contemporanea, la cui portata dirompente oggi si cerca di ridimensionare" - e infine la libertà della teologia e della Chiesa. Per comprendere il dono e la successiva banalizzazione del concetto di libertà, Küng ha osservato che le giovani generazioni, alcune delle quali affascinate da nostalgie temporaliste, non si rendono conto di come realmente fosse la cristianità occidentale prima del Concilio. "Era ancora il Medioevo", commenta lapidario. Medioevo che si concretizzava nel gelo duna liturgia ingessata e immutabile, nei "fedeli" del tutto passivi, ridotti a gregge nel senso deteriore del termine, con un sacerdote-sciamano portatore di un insegnamento incontestabile, cui bisognava solo obbedire tacitamente. Lesaltazione del laicato contro una Chiesa clericale, il dialogo tra le diverse culture e religioni, lapertura al "mondo" sono passi irrinunciabili che, malgrado i tentativi in tal senso, nessuno potrà mai cancellare. Non dimentichiamo, in questo senso, che anche il papa Pio XII aveva in mente un Concilio: ma, secondo lui, la costituzione La Chiesa nel mondo contemporaneo avrebbe dovuto recare un titolo leggermente ma significativamente diverso: al posto della preposizione, una congiunzione, però con significato disgiuntivo. La Chiesa "e" il mondo contemporaneo, a siglare una differenza e una distinzione incolmabili, un confine tra le due sfere, tra la città di Dio e la città delluomo, luna perfetta e irriformabile, laltra incompleta e fragile, soggetta al peccato. La Chiesa del Sillabo. C. Urbino, La Pentecoste (sec. XVII), Milano, chiesa di San Marco. Giovanni XXIII fu lapparizione inaspettata che sovvertì una Chiesa museale e asfittica. Ma le resistenze al rinnovamento, pur minoritarie, si sono rivelate forte e potenti. "Hanno abolito lIndice dei libri proibiti, ma questultimo funziona in modo indiretto nella condanna dei teologi e dei pensatori che osano affrontare temi considerati tabù: celibato dei preti, elezione dei vescovi, ruolo del papato. Le questioni irrisolte restano così le stesse di quarantanni fa: il controllo delle nascite, la validità del matrimonio, la riforma della curia romana, i rapporti con le altre religioni, linfallibilità papale. E tutto ciò ha un effetto pratico devastante, perché questa concezione autoritaria si riflette sullazione della gerarchia ecclesiastica nella politica interna e mondiale. Küng, autore qualche anno fa dun severo documento sul pontificato di Wojtyla, non esita ad additare come responsabile indiretta della fame e della diffusione del virus dellAids la lotta contro i metodi anti-concezionali portata avanti con pertinacia dal Vaticano. In ogni caso, Küng tiene a specificare di non sentirsi un "teologo dissidente", come spesso lhanno definito; in lui vibra la stessa preoccupazione che già aveva agitato un temperamento pur molto diverso dal suo, don Milani. Entrambi tengono a sottolineare di non essere "cristiani sui generis", ma cristiani e basta. "Sono rimasto nella Chiesa cattolica, e non intendo uscirne", ripete Küng. E alla provocazione di Giancarlo Bosetti di "Repubblica", secondo cui il timore della dissoluzione ha tuttavia permesso alla Chiesa la sua sopravvivenza (e quindi la sua testimonianza) nel mondo, il teologo replica che non si tratta di scardinare la struttura: "La quale presenta anche caratteristiche importanti. La figura del Papa è un utilissimo fattore di coesione. Un Bin Laden cristiano oggigiorno non potrebbe nascere: una scomunica lo priverebbe subito di qualsiasi autorità". Nemmeno il Protestantesimo, a cui Küng ha pure dedicato molta attenzione, è il suo modello: "Anche presso quella confessione sussistono problemi: talora troppe divisioni interne, poca sostanza". Non si tratta, insomma, di denunciare solo i propri mali, o di considerare perfette altre confessioni o credi. Rimarcare le differenze può essere salutare: Küng dice no a inutili e sincretisti sensi dinferiorità, ma si oppone pure a unautosufficienza perniciosa. "Credo che, col famoso discorso di Ratisbona, Ratzinger intendesse più che altro dimostrare la validità delle differenze. Ma, per operare in tal modo, occorre uninformazione politica seria: non si può portare come teste un imperatore bizantino, e ridimensionare le violenze operate dai cristiani. La reazione dei musulmani, comunque, è stata equilibrata: hanno creato una commissione di 138 saggi in dialogo col Vaticano e il mondo moderno, di recente anche gli sciiti hanno inviato a Roma una delegazione esplorativa. Ratzinger ha almeno dimostrato una capacità di correggersi cui gli va dato atto". Ma la "dissoluzione" proviene solo dai cosiddetti "dissidenti", o non alligna piuttosto in seno al Magistero stesso? I ripetuti viaggi e allocuzioni di Wojtyla non hanno sortito alcun effetto: le vocazioni hanno continuato a diminuire, la liturgia resta poco frequentata, il prestigio dellepiscopato, soprattutto negli Stati Uniti dopo i ripetuti scandali per pedofilia, è crollato. E non si può ignorare - ha accusato Küng - che spessissimo la curia romana ha insabbiato i casi dei preti pedofili. Non sono pertanto, secondo Küng, la discussione e la critica le cause prime della crisi della Chiesa, ma nella paura e nella mancanza di fede. Quasi una visione profetica. Un Vaticano III? Da tempo Küng lo chiede. Come "contadino cosmopolita", secondo un suo icastico autoritratto, che ben riassume il senso duna vita ancora in movimento perché legata alle vere radici. (25 maggio 2008, solennità del Corpus Domini) Martedě, 27 maggio 2008 |