Ruanda
Ergastolo per genociaio al cattolico padre Seromba

Rassegna stampa


http://www.unita.it/view.asp?IDcontent=73700

Ruanda, ergastolo al prete complice del genocidio

È il primo prete cattolico giudicato dal Tribunale penale internazionale per il Ruanda. Ed è stato condannato all’ergastolo. Per l’abate Athanase Seromba un’accusa tremenda: ha partecipato attivamente allo sterminio di quasi 1500 persone durante il genocidio del 1994. Millecinquecento cittadini di etnia tutsi lasciati massacrare dalle milizie hutu e sepolti sotto le macerie della sua parrocchia.

La condanna in appello all’ergastolo significa che padre Seromba, cui in primo grado era stata comminata una pena di soli 15 anni, non si è limitato ad essere «complice» passivo dei miliziani, ma ha pianificato giorno dopo giorno la mattanza. È stato lui, secondo le testimonianze raccolte dal tribunale, a incoraggiare centinaia e centinaia di tusti in fuga dalle campagne a rifugiarsi nella sua chiesa. Lui a far circondare l’edificio, a lasciare i rifugiati senza acqua né cibo, a far uccidere chiunque tentasse la fuga. Ed è stato ancora lui a ideare la soluzione finale: due grandi bulldozer che hanno spianato la chiesa seppellendo sotto le macerie tutti gli occupanti, mentre i bastoni e i machete degli hutu si accanivano sui superstiti. Alla fine, contemplando i mucchi di cadaveri, disse: «Ora levatemi di qui questa immondizia». E così i corpi furono gettati nelle fosse comuni.

Athanase Seromba è stato arrestato nel 2002 in Italia, nella chiesa di San Martino in Montughi a Firenze, dove aveva trovato rifugio sotto il falso nome di Anastasio Sumba Bura. Nonostante il governo italiano avesse rifiutato in un primo momento l’estradizione, alla fine, anche grazie ad una forte pressione internazionale, è stato consegnato al Tribunale di Arusha (Tanzania).




http://www.corriere.it/esteri/08_marzo_12/condannato_padre_seromba_6f3e64f0-f060-11dc-a686-0003ba99c667.shtml

Sentenza d’appello della corte internazionale. In primo grado se l’era cavata con 15 anni
Fu genocidio, ergastolo a padre Seromba
Condannato alla massima pena il sacerdote cattolico ruandese accusato del massacro in chiesa di 1.500 tutsi
Athanase Seromba, un prete cattolico ruandese, è stato condannato all’ergastolo per aver commesso atti di genocidio e sterminio durante la mattanza che sconvolse il piccolo Paese africano nel 1994. La sentenza della Corte d’appello del tribunale internazionale per il Ruanda (che ha sede ad Arusha, in Tanzania) è durissima e ribalta quella, mite, di primo grado con la quale i giudici avevano condannato Seromba a 15 anni di carcere. La condanna di allora parlava di aiuto e sostegno agli assassini. Quella di oggi aver commesso egli stesso i massacri.
«NESSUN PENTIMENTO» - «Seromba - ha spiegato ’Silvana Arbia, l’italiana capo dei procuratori della corte, voluta dall’Onu all’indomani del genocidio durante il quale furono trucidati in cento giorni un milioni di tutsi e hutu moderati - non ha mostrato alcun segno di pentimento e non ha riconosciuto le sue responsabilità, evidenziate, invece, dai testimoni che hanno partecipato al processo». Un altro imputato, l’italo-belga George Ruggiu, speaker della Radio Television Libre des Mille Collines (RTLM) che aveva incitato gli hutu a massacrare i tutsi, si era dichiarato colpevole e dimostrato pentito. Aveva ottenuto le attenuanti e il 1° giugno 2000 era stato condannato a una pena tutto sommato mite, 12 anni di carcere. Dal 28 febbraio scorso Ruggiu sta scontando la pena in Italia. Questi i fatti accertati dalla corte, dopo aver sentito numerosi testimoni.
MASSACRO IN CHIESA - Durante la caccia all’uomo del 1994, Padre Seromba aveva attirato all’interno della sua parrochia a Nyange, nella prefettura di Kibuye, almeno 1500 tutsi. Aveva assicurato a tutti che lì, al cospetto di Gesù e della Madonna, protettrice del Ruanda, sarebbero stati in salvo. Le bande armate hutu non avrebbero osato entrare nella cattedrale. Invece mentre i rifugiati pregavano, ha chiuso a chiave le porte della chiesa, e ha ordinato all’autista di un bulldozer di abbattere l’edificio mentre gli assassini sparavano e lanciavano granate dalle finestre. Fu un massacro soprattutto di donne, vecchi e bambini. «La corte - spiega la dottoressa Arbia - ha constatato che senza la sua autorità morale quel massacro non sarebbe stato commesso. I capi degli assassini e le autorità civili premevano per ammazzare i rifugiati in chiesa, ma nessuno osava muoversi. Anche l’uomo che operava sul bulldozer se era rifiutato di obbedire agli ordini e si è mosso solo dopo che ha avuto l’ok dal sacerdote.
LE RESPONSABILITA’ - Una sentenza giusta vista la gravità dei fatti e il prestigio dell’imputato, massima autorità morale in quel contesto. Nessuno avrebbe abbattuto una chiesa senza il consenso e l’approvazione dell’autorità religiosa che la governa. E’ stato accertato che Seromba, addirittura, ha indicato all’autista del mezzo meccanico il lato più debole dell’edificio in modo tale che la demolizione fosse più efficace. Il comportamento del sacerdote, insomma conferma la volontà di portare a termine il massacro.
LA FUGA IN ITALIA - Seromba - che si è sempre dichiarato innocente - era poi scappato e con la copertura di amici preti e delle gerarchie vaticane si era rifugiato a Prato, aveva cambiato nome, padre Anastasio Sumbabura) e continuava a officiare messa come se nulla fosse accaduto. Era stato riconosciuto e denunciato, ma l’allora procuratrice del Tribunale dell’Onu, Carla del Ponte, aveva avuto difficoltà a ottenere l’estradizione. Aveva accusato il Vaticano di esercitare pressioni sul governo italiano per evitare che prendesse una decisione in proposito. Infatti il sacerdote non è mai stato estradato: si è costituito.
«MA LUI E’ INNOCENTE» - L’avvocato di Seromba, il beninese, Alfred Pognon, uno dei fondatori di Avvocati Senza Frontiere, durante un’intervista al Corriere nel settembre del 2004 ad Arusha, mentre si stava celebrando il processo era tranquillo. «Il mio cliente è una vittima - aveva sostenuto sicuro - e il tribunale dell’Onu è politicizzato. Quei giudici vogliono condannare gli accusati per giustificare la loro esistenza e la loro burocrazia che costa milioni di dollari. Attraverso Seromba intendono colpire la Chiesa e noi dobbiamo impedirlo. Dimostrerò la sua innocenza». Ma le prove e le testimonianze sono state schiaccianti e lui non è riuscito a farlo dichiarare innocente nonostante - sostengono sottovoce alla procura del tribunale - le pesanti pressioni del Vaticano per assolverlo.
Massimo A. Alberizzi
(malberizzi@corriere.it)




http://www.osservatoriosullalegalita.org/08/note/03mar2/1224ruanda.htm
Ruanda : ergastolo a sacerdote cattolico complice del genocidio
di Carla Amato
Un sacerdote cattolico e’ stato condannato all’ergastolo per la parte avuta nel genocidio del 1994 in Ruanda.
Padre Athanase Seromba aveva presentato ricorso al secondo grado del Tribunale ONU di Arusha, in Tanzania, contro una sentenza a 15 anni per la morte di 1.500 di Tutsi che avevano cercato rifugio nella sua chiesa di Nyange, ma si e’ visto aumentare la pena. Egli aveva negato ogni addebito.
L’accusa ha detto che dopo aver ordinato la demolizione della chiesa con i bulldozer, che egli ha inviato in miliziani ad uccidere i sopravvissuti con machete e fucili. Tutti coloro che si trovavano all’interno della costruzione sarebbero morti. I giudici d’appello hanno stabilito che la sua responsabilita’ e’ andata oltre l’aiuto e l’inconraggiamento alle uccisioni, cioe’ i crimini ascrittigli in prima istanza nel dicembre 2006.
Seromba e’ stato il primo sacerdote cattolico incriminato per genocidio dal tribunale. Diversi religiosi europei sono stati accusati di coinvolgimento nel massacro del Ruanda, che si consumo’ in poche settimane nel 1994, vide la morte orribile di circa Tutsi ed Hutu moderati uccisi in una ondata di odio etnico dagli Hutu.



Giovedì, 13 marzo 2008