Scisma nella chiesa anglicana

Rassegna Stampa


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Scisma nella chiesa anglicana: i conservatori non riconoscono più autorità arcivescovo Canterbury

LONDRA (30 giugno) - Scisma nella chiesa anglicana. L’ala tradizionalista, contraria alla consacrazione vescovile di donne e preti gay, decide di organizzarsi in struttura indipendente, con il proprio clero e i propri seminari. Va quindi a pezzi la chiesa fondata da Enrico VIII, il re dalle sei mogli che nel 1535 ruppe con la Roma dei Papi: l’ala tradizionalista della Comunione Anglicana non riconoscerà più come indiscutibile autorità suprema l’arcivescovo di Canterbury. Di fatto si va allo scisma, anche se i diretti interessati rifiutano questa definizione.

Il clamoroso strappo covava da tempo e si è consumato ufficialmente domenica a Gerusalemme, dove per un’intera settimana circa trecento vescovi conservatori - perlopiù in provenienza di Africa, Asia e Australia - hanno tuonato contro il «falso vangelo» predicato dai sacerdoti anglicani "liberali" e si sono ripromessi di essere fedeli ai "principi morali biblici" senza più contaminazioni moderne. D’ora in poi avranno come unico parametro il Book of Common Prayer, il libro delle preghiere uscito nel 1622. A loro giudizio la gerarchia anglicana occidentale (in particolare quella americana) ha manipolato le scritture sacre in un erroneo lavoro di aggioramento e ha anche il torto di non essersi opposta con il dovuto vigore al «secolarismo miliante e al pluralismo» contribuendo così al generalizzato «declino spirituale».

Il "casus belli" all’origine della clamorosa rottura risale al 2003 quando gli anglicani tradizionalisti - molto vicini alla religione cattolica sotto il profilo teologico - reagirono con choc al fatto che negli Stati Uniti un prete apertamente gay - Gene Robinson - fosse stato consacrato vescovo del New Hampshire. Ma i contrasti risalgono almeno ai primi anni Novanta quando la Church of England ammise tra mille polemiche l’ordinazione sacerdotale delle donne.

I trecento vescovi riuniti a Gerusalemme - punto di riferimento per almeno trentacinque milioni di anglicani sparsi per il mondo su un totale di ottanta - hanno detto adesso basta alle derive modernistiche: daranno vita ad una vera e propria struttura ecclesiale alternativa. L’hanno chiamata «The Fellowship of Confessing Anglicans» (Foca). Rifiutano però la parola scisma, sottolineando che opereranno come «chiesa dentro la chiesa». Significativo il siluro contro l’arcivescovo di Canterbury, finora autorità suprema di quella che nel Regno Unito è tuttora la religione di Stato: per i tradizionalisti - che non gli perdonano di non essersi opposto alla consacrazione del vescovo gay in Usa - va riconosciuto «per il suo ruolo storico» ma nella «realtà post-coloniale» non può essere più considerato il leader indiscusso.

Una delle figure di maggior spicco nella Fellowship of Confessing Anglicans è l’arcivescovo di Sydney, il reverendo Peter Jensen, che ha definito «un atto di follia» e «un grossolano errore strategico» la consacrazione del vescovo gay in Usa. Durante il vertice di Gerusalemme un’altra figura di primo piano, l’arcivescovo della Nigeria Peter Akinola, ha sferrato un attacco diretto contro l’arcivescovo di Canterbury - Rowan William - e gli ha addossato la responsabilità per «lo stato di "agitazione e bancarotta" in cui è finita la Comunione Anglicana.

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CHIESA ANGLICANA, SCISMA DEI CONSERVATORI

LONDRA - Va a pezzi la chiesa fondata da Enrico VIII, il re-barbablù dalle sei mogli che nel 1535 ruppe con la Roma dei Papi: l’ala tradizionalista della Comunione Anglicana, contraria alla consacrazione vescovile di donne e preti gay e alle nozze religiose tra persone delle stesso sesso, ha deciso di organizzarsi in modo indipendente e autonomo. Avrà un proprio clero e propri seminari. Non riconoscerà più come indiscutibile autorità suprema l’arcivescovo di Canterbury.

Di fatto si va allo scisma, anche se i diretti interessati rifiutano questa definizione. Il clamoroso strappo covava da tempo e si è consumato ufficialmente ieri a Gerusalemme, dove per un’intera settimana circa trecento vescovi conservatori - perlopiù in provenienza di Africa, Asia e Australia - hanno tuonato contro il "falso vangelo" predicato dai sacerdoti anglicani ’liberali’ e si sono ripromessi di essere fedeli ai ’principi morali biblici’ senza più contaminazioni moderne.

D’ora in poi avranno come unico parametro il ’Book of Common Prayer’, il libro delle preghiere uscito nel 1622. A loro giudizio la gerarchia anglicana occidentale (in particolare quella americana) ha manipolato le scritture sacre in un erroneo lavoro di aggioramento e ha anche il torto di non essersi opposta con il dovuto vigore al "secolarismo miliante e al pluralismo" contribuendo così al generalizzato "declino spirituale". Il ’casus belli’ all’origine della clamorosa rottura risale al 2003 quando gli anglicani tradizionalisti - molto vicini alla religione cattolica sotto il profilo teologico - reagirono con choc al fatto che negli Stati Uniti un prete apertamente gay - Gene Robinson - era stato consacrato vescovo del New Hampshire. Il disagio viene però da molto più lontano, almeno dai primi Anni Novanta quando la Church of England ammise tra mille polemiche l’ordinazione sacerdotale delle donne. I trecento vescovi riuniti a Gerusalemme - punto di riferimento per almeno trentacinque milioni di anglicani sparsi per il mondo su un totale di ottanta - hanno detto adesso basta alle derive modernistiche: daranno vita ad una vera e propria struttura ecclesiale alternativa.

L’hanno chiamata "The Fellowship of Confessing Anglicans" (Foca). Rifiutano la parola scisma, sottolineando che opereranno come "chiesa dentro la chiesa", ma proprio di questo sembra trattarsi. Significativo il siluro contro l’arcivescovo di Canterbury, finora autorità suprema di quella che nel Regno Unito è tuttora la religione di Stato: per i tradizionalisti - che non gli perdonano di non essersi opposto alla consacrazione del vescovo gay in Usa - va riconosciuto "per il suo ruolo storico" ma nella "realtà post-coloniale" non può essere più considerato il leader indiscusso. Una delle figure di maggior spicco nella ’Fellowship of Confessing Anglicans’ è l’arcivescovo di Sydney, il reverendo Peter Jensen, che ha definito "un atto di follia" e "un grossolano errore strategico" la consacrazione del vescovo gay in Usa. Durante il vertice di Gerusalemme un’altra figura di primo piano, l’arcivescovo della Nigeria Peter Akinola, ha sferrato un attacco diretto contro l’arcivescovo di Canterbury - Rowan William - e gli ha addossato la responsabilità per "lo stato di "agitazione e bancarotta" in cui è finita la Comunione Anglicana.



Martedì, 01 luglio 2008