Chiesa cattolica polacca
Un presente peggiore del suo passato.

Ecco chi è l’arcivescovo di Varsavia


da agenzia ADISTA n. 7 l del 27-01-2007

Intervista a Carla Tonini, docente di Storia dell’Europa orientale all’Università di Bologna


NELLA CHIESA POLACCA, LA CONFUSIONE REGNA SOVRANA


33716. VARSAVIA-ADISTA. Il peggio deve ancora venire: è questa la frase che si è sentita ripetere più spesso dopo la dimissioni di mons. Stanislaw Wielgus da arcivescovo di Varsavia lo scorso 6 gennaio (v. Adista n. 5/07). La sua rinuncia, a parere di molti, non basterà infatti per arginare l’emorragia di dossier e rivelazioni provenienti dagli archivi della polizia segreta del regime filo-sovietico. D’altra parte, già in un documento della scorsa estate, in un documento, la Conferenza episcopale polacca aveva valutato tra il 10 e il 15% del clero il numero dei collaboratori con i servizi segreti, e altre stime arrivavano a raddoppiare questa percentuale.
Per arginare una situazione esplosiva, i vescovi polacchi – che si sono incontrati lo scorso venerdì per una riunione di emergenza – hanno deciso di sottoporre ad una "piena verifica" tutti i documenti che li riguardano conservati dall’Istituto per la Memoria Nazionale. I risultati dell’indagine non saranno resi pubblici ma spediti a Roma, perché Benedetto XVI valuti i provvedimenti necessari.
Nell’attesa di questa verifica – e della pubblicazione del libro del prete-inquisitore p. Tadeusz Isakowicz-Zaleski – Wielgus continua a ribadire di non aver mentito al papa e alla Curia sulla sua collaborazione, un’accusa che molti, anche in vaticano, gli hanno mosso all’indomani dello scandalo. In un’intervista all’agenzia cattolica polacca "Kai", l’ex-arcivescovo ha negato di aver fornito "al nunzio apostolico in Polonia una falsa testimonianza circa i miei contatti con i servizi speciali". La sua dichiarazione risponde a quanto affermato dal nunzio in Polonia, mons. Józef Kowalczyk, che aveva accusato Wielgus di non aver fornito "un’immagine completa" dei suoi contatti con la polizia segreta prima della sua nomina. Dopo la pubblicazione delle prime accuse sulla Gazeta polska, Kowalczyk racconta di aver convocato Wielgus per chiedergli ulteriori dettagli: "Egli ha scritto una spiegazione dettagliata, che ho immediatamente inoltrato alla santa sede". (alessandro speciale)

UN PRESENTE PEGGIORE DEL SUO PASSATO. ECCO CHI È L’ARCIVESCOVO DI VARSAVIA


33717. BOLOGNA-ADISTA. "Monsignor Wielgus non sarebbe dovuto diventare arcivescovo di Varsavia non per il suo passato, ma per il suo presente". Sintetizza così la vicenda delle dimissioni di mons. Stanislaw Wielgus da arcivescovo di Varsavia (v. Adista n. 5/07) Carla Tonini, docente di Storia dell’Europa orientale all’Università di Bologna a cui abbiamo rivolto qualche domanda sulla situazione della Chiesa polacca e della Polonia in generale e su un problema molto attuale che tutti conoscono ma di cui nessuno parla: l’antisemitismo.

D: Cominciamo dalla cronaca: raccontando delle dimissioni di monsignor Wielgus, c’è un dettaglio che i giornali italiani hanno in maggioranza tralasciato: mentre l’arcivescovo leggeva le sue dimissioni nella cattedrale di Varsavia, all’esterno i fan suoi e di Radio Marjya accusavano gli "ebrei" di voler distruggere la Chiesa cattolica. È il ritorno di un passato superato?
R: In Polonia è frequente ritenere gli ebrei responsabili di ogni disgrazia. Radio Marjya, poi, di cui Wielgus era un protettore, ha fatto della figura dell’‘ebreo comunista’ uno dei suoi leit-motiv, dipingendolo come il responsabile dell’instaurazione del regime nel dopoguerra. Quella di un complotto ebraico-comunista è un’idea vecchia, che risale addirittura alla prima guerra mondiale. Ma in Polonia questa idea si è conservata intatta fino ai nostri giorni. Dopo l’89 è riesplosa con particolare forza e a farsene portatrice sono state soprattutto la chiesa e le sue alte gerarchie. Il cardinal glemp, ad esempio, ha ribadito il collegamento tra ebrei e comunismo durante il dibattito infuocato sull’eccidio di Jedwabne (nel luglio 1942, a Jedwabne, una cittadina nei dintorni di Lublino, i polacchi massacrarono barbaramente circa 800 ebrei, i loro ‘vicini di casa’. La strage è stata portata alla luce da un libro di Jan Tomasz Gross, pubblicato da mondadori con il titolo I carnefici della porta accanto; ndr). La scoperta di questo episodio è stato un duro colpo per l’autostima polacca ed ha suscitato un vespaio durato oltre due anni. Glemp, interrogato a questo proposito, rispose di non vedere nessun motivo per chiedere scusa agli ebrei, che sono i principali responsabili del comunismo. È un motivo che torna regolarmente anche nelle prediche di padre Henryk Jankowski, cappellano della chiesa di santa Brigida a Danzica, ex consigliere e confessore di Walesa. Jankowski, che inveisce regolarmente nelle sue omelie contro gli ebrei, è stato sospeso per un paio d’anni ma poi è tornato in servizio. E nel 2005 è tornato al suo tema degli ebrei portatori dei due mali della Polonia, il bolscevismo e il liberalismo. E su questi temi la posizione di Radio Marjya è ben nota. Niente di nuovo, quindi, nell’antisemitismo di parte della Chiesa polacca. Solo, non ci si rende conto di quanto sia radicata quest’idea dell’ebreo-bolscevico…

D: Radicata soprattutto a livello popolare?
R: No, lo è a livello popolare perché lo è a livello della gerarchia. Se l’alta gerarchia – perché qui non stiamo parlando di un prete di campagna – diffonde questa immagine, nella mente della gente si inculca l’idea che si tratti di una posizione accettabile o quantomeno neutra. Comunque, non è un fatto che porti scandalo o che possa compromettere qualcuno come nel caso di Wielgus. Ecco, io ho letto stralci dalle sue omelie in cui lui inveisce contro i liberali, i cosmopoliti, i bolscevichi, i massoni, gli omosessuali… tutti i bersagli abituali collegati nell’immaginario collettivo all’ebreo.

D: Wielgus era già vescovo da 7 anni quando è stato nominato arcivescovo di Varsavia da Benedetto XVI. Com’era stato il suo profilo pubblico fino ad allora?
R: Il 7 dicembre (giorno della sua nomina, ndr) mi trovavo a Varsavia e Gazeta wyborcza ha pubblicato degli stralci delle sue omelie. Mi ha molto colpito leggere come lui lamentava la secolarizzazione della Polonia e indicava come colpevoli tutta la lista di ‘soliti sospetti’ di cui parlavo sopra. Wielgus era il rappresentante di questa chiesa integralista, intollerante, xenofoba ed è sorprendente che qualcuno con questo profilo sia stato scelto come arcivescovo della capitale e che il vaticano non sia intervenuto. E anche qui in Polonia nessuno ha protestato, nemmeno negli ambienti della Chiesa ‘liberal’. È come se tutto ciò rientrasse nella normalità: dato che il papa non ha rimosso un personaggio come p. Jankowski, quello che dice non è deprecabile, anzi, è ‘bello’. Credo sia importante spiegare questa situazione, altrimenti si rischia di raccontare una versione dei fatti che è deresponsabilizzante. Quando si dice che la folla inveiva contro gli ebrei, ci sono delle responsabilità ben precise a livello di gerarchia e di vaticano, perché hanno tollerato questa situazione fino ad oggi. Anzi, nella rosa dei candidati Roma ha scelto proprio un esponente di questo ambiente come Wielgus.

D: Quindi lei crede che sia impossibile che a Roma non sapessero?
R: Io credo che a Roma non sapessero della collaborazione di Wielgus con la polizia segreta. Però sapevano sicuramente delle sue posizioni ultraortodosse, integraliste, xenofobe. E Wielgus sarebbe succeduto a Glemp che già aveva dato abbondanti manifestazioni di sé su questi temi. Inoltre, è membro del comitato in difesa di Radio Marjya. Motivi per non sceglierlo ce n’erano, ma si trattava di motivi che in Polonia non sono sufficienti per screditare. L’unica cosa che scredita è se si è stati collaboratori dei servizi segreti.

D: C’è un clima di ‘maccartismo’ nella Chiesa polacca?
R: Non direi tanto nella Chiesa quanto sulla scena politica. I fratelli Kaczynski hanno fatto della lustracja il perno della loro campagna elettorale e poi del loro governo. Ma la lustracja si può trasformare in un boomerang e dà luogo ad un clima di caccia alle streghe, perché chiunque può venir accusato di essere stato un collaboratore. Quanto a chi c’è dietro l’operazione per screditare Wielgus, naturalmente non saprei dirlo con certezza. Sicuramente si sono intrecciati diversi elementi. Quel che so è che, contrariamente a quel che si dice, Kaczynski ha sostenuto la nomina di Wielgus, in origine, ma quando hanno cominciato a circolare le notizie di una sua collaborazione le ha cavalcate perché non poteva non farlo; lo stesso vale per i settimanali e i giornali dell’estrema destra che hanno fatto esplodere il caso come la Gazeta polska.

D: Quindi Wielgus era originariamente un candidato vicino al blocco ultraconservatore e populista. E poi?
R: Poi è esploso il caso ed è scappato di mano. I Kaczynski stanno cercando di liberarsi di questi due alleati che sono ormai scomodi, il partito dell’autodifesa e la lega delle famiglie polacche, per rifarsi una verginità politica e arrivare ad un’alleanza con il partito di destra moderata, ‘europea’, la piattaforma civica. Hanno anche cercato di screditare il leader di autodifesa con uno scandalo sessuale ma questa manovra è fallita. Il passo logico successivo è quello di attaccare gli ambienti più retrivi e compromessi della Chiesa. D’altra parte, proprio mentre nominavano Wielgus, il presidente Kaczynski (Lech, presidente della Repubblica e fratello gemello di Jaroslaw, primo ministro, ndr) partecipava all’anniversario della fondazione di Radio Marjya di cui è un aperto sostenitore. Quindi, come vede, è una storia molto intricata. Ci sono dentro le forti rivalità all’interno della Chiesa, tutta un’atmosfera di caccia alle streghe. (alessandro speciale)

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Martedì, 23 gennaio 2007