L’assemblea dei vescovi discute dell’ottopermille.

di Vittorio Bellavite, portavoce di “Noi Siamo Chiesa”

I vescovi ascoltino quanto dicono i cattolici “critici” sulla gestione delle risorse della Chiesa e sulla loro gestione.


All’ordine del giorno dell’assemblea dei vescovi, che inizia oggi, figura, tra l’altro, una “Lettera” di bilancio e di riflessione sul sostegno economico alla Chiesa (a venti anni dal primo documento “Sovvenire” uscito dopo l’avvio del sistema dell’ottopermille). Questo intervento dei vescovi cade nel momento in cui è vivace la discussione su queste tematiche grazie a “La questua” di Curzio Maltese, libro a cui l’Avvenire” (per conto della gerarchia della CEI) ha dedicato un’attenzione solo fortemente polemica, incapace di dare una risposta esauriente al complesso delle informazioni fornite.

Molti cattolici, che si richiamano allo spirito del Concilio Vaticano II, da tempo si sono occupati della questione, ma sono rimasti inascoltati dalle strutture ufficiali della Chiesa. Nel marzo 2007 a Milano un convegno ha riflettuto sulla povertà nel Vangelo e nella storia della Chiesa, sulla Chiesa dei poveri al Concilio e sulla situazione attuale (Concordato ed ottopermille).
I contenuti di questo incontro, che mi piacerebbe approfondire in modo parallelo con Curzio Maltese, sono contenuti nel volumetto “ Sulla Chiesa povera” per le edizioni della Meridiana, uscito due mesi fa. I vescovi finora hanno passato sotto silenzio queste riflessioni. Perché sono troppo imbarazzanti da affrontare? Perché con esse è difficile fare polemica? Perché non hanno fatto notizia?

Mi sento in dovere di richiamare i punti conclusivi di queste riflessioni per quanto riguarda la Chiesa italiana oggi:
1) le strutture della Chiesa godono di una situazione di privilegio e di ingenti risorse di provenienza pubblica, maggiori di quelle di qualsiasi altro paese europeo;
2) ciò dovrebbe, nell’immediato, portare, nei confronti delle istituzioni e dell’opinione pubblica, ad un atteggiamento meno “vittimista” e a ridurre le continue “pretese” (fisco, scuole private….) e, in prospettiva, ad una riflessione su come si può essere più credibili nell’evangelizzazione se la Chiesa, nel suo complesso, fosse più povera;
3) è molto debole attualmente un’opinione pubblica interna alla Chiesa su questi problemi. E’ necessario che essa si formi, che sia possibilmente trasversale, non solo cioè espressione delle aree progressiste e non solo limitata ai laici e che coinvolga tutti, anche il clero, anche i religiosi;
4) una nuova opinione pubblica cattolica dovrebbe pretendere ed ottenere che nella gestione dei beni ci sia pubblicità, trasparenza e condivisione. Pubblicità deve significare che non ci devono più essere bilanci segreti o semisegreti. Trasparenza deve significare che le decisioni ed i bilanci devono essere comprensibili da tutti, analitici e rendicontati. Condivisione significa che i criteri impiegati devono essere conosciuti, proposti e discussi non solo nei precari ed inefficienti organi consultivi ora esistenti. Ora si parte quasi da zero. Tra i criteri concreti da usare mi sembra che si debbano proporre quelli di una maggiore sobrietà e di una maggiore distribuzione egualitaria delle risorse tra le parrocchie e le diocesi e di una ribaltamento dell’attuale divisione dei fondi dell’ottopermille tra centro e periferia.

E’ troppo sperare che, in assemblea, almeno su queste questioni che non coinvolgono questioni teologiche, quei vescovi che hanno osservazioni da fare al testo preconfezionato che sarà loro sottoposto, aprano bocca (e non tacciano more solito) facendosi anche eco delle preoccupazioni che cominciano a serpeggiare qua e là nel corpo della nostra Chiesa ? è troppo sperare che esca dall’assemblea un testo non trionfalista o rivendicativo?



Vittorio Bellavite, portavoce di “Noi Siamo Chiesa”

Roma, 26 maggio 2008



Lunedì, 26 maggio 2008