Avanti a sinistra: è laico e progressista il nuovo direttore del «National Catholic Reporter»

di Agenzia Adista

34640. KANSAS CITY-ADISTA. L’inatteso cambio al vertice del più prestigioso settimanale cattolico progressista degli Stati Uniti, il National Catholic Reporter, non farebbe più nemmeno notizia, in tempi di conservatorismo ecclesiale e di normalizzazione, se non fosse che si tratta, qui, di una svolta decisamente coraggiosa nonché di una scelta di campo controcorrente: a sostituire la già energica sr. Rita Larivee, al vertice del settimanale negli ultimi quattro anni, è stato infatti chiamato Joe Feuerhard, 45 anni, ufficialmente subentrato alla direzione lo scorso primo ottobre. Giornalista “scomodo”, Feuerhard, all’interno dell’Ncr, ha già ricoperto, negli anni, diversi ruoli – tra cui, dal 2002 al 2007, quello di corrispondente da Washington – e ha espresso anche di recente posizioni decisamente critiche nei confronti dell’establishment ecclesiale, tanto da attirarsi gli strali della Conferenza episcopale Usa.

Causa diretta dell’avvicendamento, a quanto sembra, è l’elezione di sr. Rita a superiora generale delle suore di Sant’Anna, la sua congregazione religiosa, avvenuta ad agosto. Ciò che sorprende, tuttavia, è la scelta, tutt’altro che scontata, di un personaggio tanto “visibile” quanto poco incline alla mediazione con l’istituzione, soprattutto in una fase di progressivo “addomesticamento” dei media cattolici più indipendenti, che ebbe nel 2005 uno dei suoi momenti più critici quando, il neo eletto papa Benedetto XVI chiese la testa di p. Thomas Reese, direttore del settimanale dei gesuiti Usa America,, per lo spazio concesso, sulle pagine del giornale, a figure o a temi scottanti e dunque off limits (v. Adista nn. 37 e 40/2005).

Feuerhard, infatti, è tra i maggiori esperti nell’area Chiesa-finanza e, in tempi di mega-risarcimenti da parte delle diocesi alle vittime degli abusi sessuali perpetrati da membri del clero, ha pestato i piedi più volte ai vescovi. Fu lui, ad esempio, a dare la notizia, nel 2006, del fatto che l’arcidiocesi di Detroit aveva versato 40 milioni di dollari al John Paul Cultural Center di Washington, un mastodontico centro creato nel 1997 che, nelle intenzioni dell’allora arcivescovo card. Adam Maida, doveva diventare una sorta di mecca culturale e intellettuale per il XXI secolo, ma che non ebbe però il successo sperato: in cinque anni (cioè dall’inaugura-zione, avvenuta nel 2001, fino al 2006) accumulò infatti debiti su debiti (v. Adista n. 13/06). Fu sempre Feuerhard, poi, a svelare i maneggi dell’imprenditore italiano, attivo a New York, Raffaello Follieri che, millantando amicizie importanti in Vaticano, acquistava a basso costo proprietà dalla Chiesa Usa per riconvertirle, e che qualche mese fa è stato arrestato (v. Adista nn. 19/06 e 53/08).

Le esternazioni più eclatanti di Feuerhard risalgono però al febbraio di quest’anno quando, dalle pagine dell’autorevole Washington Post, usò toni molto violenti contro il documento dei vescovi Formare le coscienze per una cittadinanza responsabile, pubblicato alla fine del 2007 durante la campagna elettorale per le primarie alle presidenziali Usa; nel documento si dava rilievo quasi esclusivo alla posizione pro o antiabortista dei candidati come criterio di valutazione per gli elettori. “Per i cattolici come me – scrisse allora Feuerhard – che sono contrari alla liberalizzazione dell’aborto ma che pensano anche che contino molto altri temi (guerra o pace, assistenza sanitaria, salari giusti, immigrazione, questione abitativa, tortura), l’idea che l’aborto sia l’asso pigliatutto, sempre e comunque, è cattiva religione e cattiva sociologia. Grazie a Dio non è come se fossimo nella Germania nazista e appoggiassimo Hitler”. “Che cosa si suppone che faccia, il prossimo novembre, un cattolico a favore della vita, a favore della famiglia, contro la guerra, a favore degli immigrati e della giustizia sociale come me?”, si chiedeva poi Feuerhard nell’articolo, spiegando che per i vescovi tutti questi temi ricadono nell’ambito del “giudizio prudenziale” su cui i cattolici possono non essere d’accordo. “La risposta è facile. Coerentemente con la mia fede, voterò per il candidato che offre le migliori speranze di concludere una guerra ingiusta, che promuove la dignità attraverso un servizio sanitario universale e una riforma dell’immigrazione, e la cui politica rafforzerà le famiglie e offrirà alternative a chi si trova in situazioni disperate. A occhio voterò per i Democratici, e al diavolo i vescovi”.

L’articolo suscitò una risposta immediata e risentita da parte della Conferenza episcopale, che sullo stesso quotidiano tacciò Feuerhard di “impressionante inciviltà” nei contenuti e nei toni.

Intanto, la nomina di Feuerhard è stata salutata con calore dalla direttrice uscente che, pur non avendo fatto alcun accenno al direttore entrante nel suo ultimo editoriale (19/9) - nel quale si limita laconicamente ad annunciare il suo nuovo ministero in Quebec e dà l’addio ai lettori -, in un’intervista pubblicata sullo stesso numero di Ncr si è detta però “eccezionalmente contenta dell’esperienza di Joe e del suo impegno verso un giornalismo indipendente al servizio della Chiesa, e fiduciosa nella sua capacità di continuare l’impegno del giornale verso la giustizia, il rispetto dei diritti umani e la vita nella Chiesa nel mondo”.

Resta ora da vedere se e quanto la gerarchia ecclesiastica degli Stati Uniti digerirà questa nomina, frutto, forse, della volontà di dare un segnale forte e chiaro di “lotta” ai tanti cattolici delusi, amareggiati, disamorati di fronte agli scandali di cui la Chiesa si è resa protagonista negli ultimi anni. (ludovica eugenio)

Articolo tratto da
ADISTA

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Martedì, 14 ottobre 2008