Lettera aperta alla città ed alla Chiesa genovese

In occasione del prossima visita del Papa a Genoca


12 maggio 2008
Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta scritta da un gruppo di credenti genovesi. Chi volesse aderire può farlo utilizzando il link sottostante “commenta la notizia”, fornendo nome e cognome e città, oltre a un indirizzo email valido


Noi, un gruppo di persone impegnate a vario titolo nella Chiesa, ci siamo interrogati sul significato della visita del Papa a Genova. Come membri di quel popolo di Dio che incontra il proprio Pastore, riteniamo irrinunciabile, mentre ascoltiamo con attenzione la sua parola, poter pronunciare anche la nostra.
Non è una “pretesa”, perché il dialogo che auspichiamo è l’espressione di una corresponsabilità che espone la nostra appartenenza alle scelte che riteniamo stiano allontanando la Chiesa dalle coraggiose parole pronunciate da Giovanni XXIII durante il Concilio Vaticano II.
Avremmo desiderato una “Vera” visita: un Padre che incontra e dialoga con i suoi figli, scambiandosi notizie, informazioni, pensieri, preoccupazioni, dolori e gioie. Sembra invece prevalere il mito dell’immagine, del pensare che assemblee oceaniche possano esprimere la fede con la forza mediatica, dell’accettare senza scrupoli privilegi e compiacenze del potere, del preferire incontrare uomini dei “primi posti” piuttosto che gli ultimi e i senza voce.
Vorremmo una Chiesa più vicina ai suoi fedeli, che sappia anche ascoltarli, amarli, comprenderli, non solo giudicarli ed impartirgli leggi ferree e principi non negoziabili che sono il risultato di una carenza d’ascolto dei reali problemi e quindi incapaci di cogliere il vissuto delle persone, che così si accolgono a parole, ma di fatto si giudicano e si emarginano.
Noi intendiamo vivere il nostro tempo. Un tempo che esprime forti contraddizioni, ma che ci spinge ad essere certi che lo Spirito non abbia mai smesso di soffiare. Ci ostiniamo a credere nel dialogo che costruisce relazioni e abbatte muri di intolleranza, attraverso l’ascolto piuttosto che il giudizio, la solidarietà piuttosto che la rigidità, l’amore piuttosto che il potere.
Vorremmo una Chiesa più vicina all’uomo, una Chiesa che non abbia solo da insegnare al mondo, ma debba anche imparare da esso, così come siamo convinti che la gerarchia della Chiesa debba mettersi sullo stesso piano di noi laici. Solo così, in un rapporto di dialogo e di riconoscimento reciproco, si potranno sperimentare quei percorsi indicati dal Vangelo all’uomo d’oggi. Percorsi che ci permettano di non perdere di vista la centralità della predicazione di Gesù, venuto per servire, non per essere servito, per amare senza riserve piuttosto che mettere fardelli pesanti e insopportabili.
Alessandro Crupi
Carlo di Bernardo
Angelo Chiapparo
Silveria Bosso
Angelo Cifatte
Isabella Cinquegrana
Enrico Campantico
Silvia Parodi
Ornella Ceci
Stefana Dellacà
Liliana Mensi
Fernanda Rossini
Armando Schenone
Maria Fabiano
Mara Ghersi
Annunziata Di Giacomo
Pietro Rossi
Luigi Guidi
Gianni Russotto
Maria Marcenaro



Mercoledì, 14 maggio 2008