La visita di Benedetto XVI negli USA - L’opinione
Pellegrinaggio in USA: da Paolo VI a Benedetto XVI

di Rosario Amico Roxas

Benedetto XVI si appresta ad un viaggio che auspichiamo essere diverso dal “viaggio di Stato” compiuto in Brasile, un pellegrinaggio e una testimonianza, come lo fu quello di Paolo VI.
Oggi, specialmente negli USA che ribadiscono la politica della forza, è urgente la rinascita dell’Umanesimo, del Nuovo Umanesimo, sulla scia ispiratrice delle grandi encicliche che hanno identificato le pietre miliari dell’evoluzione del Magistero della Chiesa.
L’aspirazione ecumenica non può discostarsi dalla continuità, pur nelle evoluzione dei tempi.
Abbiamo presente la più importante enciclica del Magistero sociale, quella che ha identificato la via maestra per la promozione dello “sviluppo dei popoli”.
La lunga strada del Nuovo Umanesimo, pur con un itinerario ben definito e in piena evoluzione, ha capisaldi remoti, che non si sono voluti ascoltare e che oggi si preferisce ignorare, nella speranza che possano transitare nell’oblio.
Uno di questi capisaldi è certamente la Populorum Progressio di Paolo VI (di seguito PP); due sono le chiavi di lettura dell’Enciclica di Paolo VI:

• la prima nella scia del percorso già iniziato con la Rerum Novarum, agganciando e completando le tematiche degli altri documenti più importanti che seguirono al RN e che precedettero la PP;

• la seconda che si caratterizza per l’innovazione degli argomenti che l’hanno resa di perenne attualità, essendo rivolta non più soltanto alle classi disagiate per riconoscere loro diritti precedentemente disconosciuti, ma perché si rivolge a tutti gli uomini nei loro rapporti interpersonali con tutti i popoli della terra.
Quale forza obbligante può avere una lettera enciclica ?
La risposta può essere globale o parziale, o, addirittura, negativa; la forza obbligante corrisponde con la forza della coscienza; quale valore può avere distinguere la lettera nelle sue parti dottrinali, che sarebbero di fede, da quelle di carattere pratico, che sarebbero opinabili ? Il discorso di Paolo VI, che giunge dopo decenni di sviluppo del pensiero sociale della Chiesa, ha un valore unico e una sua interezza, va ascoltato nelle sue articolate argomentazioni e accolto nella misura della retta coscienza.
Per queste ragioni la PP è rivolta a tutti, anche a quelli che non credono nella infallibilità; nella PP, infatti, non ci sono argomentazioni che prevedono un certo tipo di certezza filosofica, è una sollecitazione

“…a tutti gli uomini e a tutti i popoli di assumersi le proprie responsabilità”;

questo è il severo monito e il sigillo delle argomentazioni dell’enciclica, che, anche per questo è un documento modernissimo e sempre attuale, perché porta i segni del Nuovo Umanesimo, che potremmo chiamare l’Umanesimo delle Responsabilità.
Se l’organo soggettivo della responsabilità è la coscienza, il suo valore oggettivo è l’uomo, la persona umana, nel cui primato credono concordemente cristiani e musulmani:
“Ridurre le disuguaglianze, combattere le discriminazioni, liberare l’uomo dalle sue servitù, per renderlo capace di divenire lui stesso l’attore responsabile del suo miglioramento materiale, del suo progresso materiale e dello svolgimento pieno del suo destino spirituale”
quale uomo di buona volontà potrebbe respingere un programma di questo genere; l’Islam, come abbiamo visto, indica l’itinerario dell’uomo come “sforzo per indirizzarsi a Dio” per diventare egli stesso testimone e rappresentante di Dio sulla terra.
La PP si presenta, così, non solamente come una pastorale pietistica, che fa appello alla carità cristiana, ma si trasforma nella nuova sociologia dell’umanesimo integrale (la collaborazione di J. Maritain alla stesura dell’enciclica è ormai informazione accettata), ponendo una pietra miliare nel pensiero sociale della Chiesa, destinato a tutti gli uomini, senza differenze di censo, cultura, religione o colore della pelle.
Ne scaturisce anche il concetto di un diverso e nuovo peccato: il peccato sociale.
L’itinerario della PP, anche se rappresenta la dilatazione a universale delle precedenti Encicliche, cosa che ci fornisce una spiegazione intellettuale dell’evoluzione, non può essere compresa nella sua intima essenza se si prescinde dall’itinerario umano del sacerdote Montini, che ci fornisce il chiarimento spirituale. Non potrei non cominciare da quella baracca trasformata in Chiesa dove l’Arcivescovo di Milano, mons. Montini, celebrò la Messa di Natale il 25 dicembre del 1955; quel giorno documentò al mondo che la Chiesa è nata tra i poveri ed è destinata ai poveri, ed è la sola voce che può e deve levarsi forte per sostenere i diritti dei più deboli e dei più fragili, di quelli che non hanno voce per farsi sentire.
Come Arcivescovo mons. Montini visitò l’America Latina e l’Africa, ma non si fermò ad ammirare i superbi reperti archeologici dei conquistadores, ma guardò la realtà dell’indio e del negro, come realtà di uomini sofferenti in mezzo ad altri uomini opulenti ed egoisti; lì dovette maturare la convinzione del nuovo peccato commesso ogni giorno da quanti non vedono nel prossimo bisognoso la presenza di quell’Uomo che porta una Croce non Sua in giro per il mondo, appesantita dall’egoismo di tanti uomini, in una nuova Via Crucis dove si rinnova, stazione dopo stazione, il peccato sociale. Ricordando la pastorale del Natale 1955, in quel gelido tugurio dove il Cristo era presente nei derelitti di una Milano occupatissima a celebrare non il rinnovarsi del mistero della Natività, ma il rito del cenone, e la lettera Enciclica PP, ritroviamo tutto l’itinerario dell’uomo Montini e la dilatazione degli orizzonti operata dall’assunzione della paternità universale.
L’esigenza di toccare con mano la miseria che affligge una grande parte del mondo, condusse Paolo VI, , eletto al Pontificato, a visitare la Chiesa dei poveri in un pellegrinaggio che lo portò, innanzitutto, in Palestina nel 1964, in quella terra travagliata e contesa; era solo il 1964, ancora l’esercito israeliano non aveva scatenato quella che la storia ricorderà come ’la guerra dei sei giorni’, quando con un’azione aggressiva quanto fulminea occupò i territori che l’ONU aveva assegnato ai palestinesi, dalla striscia di Gaza a Sud, alla Cisgiordania a Nord, alle alture del Golan, insediando i coloni e schierando l’esercito a difesa dei territori occupati. Furono oltre 2 milioni i palestinesi costretti a fuggire dalle loro case, dai loro villaggi, dalle loro cittadine, riparando nelle nazioni arabe vicine, come profughi non sempre ben tollerati.
Un ulteriore viaggio fra i poveri portò Paolo VI fra gli orgogliosi grattacieli di New York, illuminati quotidianamente a festa, simboli tangibili di un’opulenza che mortifica tutta quella larga parte del mondo dei vinti, utilizzando la illusorietà del benessere, destinato, però, solo a pochi privilegiati. A New York il Santo Padre non si soffermò a compiacersi della esibizione di ricchezza, andò a cercare i più deboli in quei ghetti dove il colore della pelle marchia, ancora oggi, escludendoli dal consorzio del benessere, gli emarginati di Harlem; l’eccezione di Condoleeza Rice ne è la riprova, in quanto, giunta ai massimi vertici del potere si è schierata con il più forte dimenticando la storia che la riguarda personalmente.
Nel noto discorso all’Assemblea dell’ONU papa Montini indicò in quell’organismo lo strumento di promozione e di equilibrio fra tutti i popoli della terra e incoraggiò l’ONU:

’a diffondere la cultura, a dare una moderna assistenza, a mettere a servizio di tutti le risorse della scienza e della tecnica ai fini di giustizia internazionale’


Venne citato più volte il profetico e terribile documento del Concilio ’Gaudium et Spes’, Gioia e Speranza, lì dove assicura gioia e speranza a chi riconosce nel povero l’immagine di Cristo, escludendo coloro i quali, nazioni, popoli o singole persone, hanno privilegiato l’accaparramento delle ricchezze in contrapposizione alla distribuzione della solidarietà; fu una citazione profetica e apocalittica, con una promessa e una condanna.


Rosario Amico Roxas



Martedì, 15 aprile 2008