Crisi chiese
Comunione anglicana: la conferenza di Lambeth scongiura lo scisma

di Agenzia Adista

34559. LAMBETH-ADISTA.

Un successo "considerevole", "superiore alle aspettative di molti": in una lettera inviata il 26 agosto a tutti i vescovi della Comunione Anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams ha descritto in questi termini i risultati della Conferenza di Lambeth, l’incontro plenario che ogni dieci anni raccoglie tutti i vescovi anglicani (v. Adista nn. 55 e 57/08) e che si è tenuto dal 16 luglio al 4 agosto a Canterbury. E, in realtà, i motivi per un cauto ottimismo sul futuro di quella che è la seconda Chiesa cristiana del mondo per numero di fedeli, sembrano esserci, soprattutto se raffrontati con la situazione di ’quasi-scisma’ o ’scisma implicito’ con la quale si era arrivati alla Conferenza.

Da anni, infatti, la Comunione Anglicana sembra procedere lentamente, ma inesorabilmente, verso la spaccatura definitiva, dopo la decisione delle province statunitense e canadese di ordinare vescovi apertamente gay e di celebrare cerimonie di benedizione per le unioni omosessuali. Le province del Global South, guidate da quella nigeriana del reverendo Peter J. Akinola, non hanno mai accettato questa svolta che, a loro dire, costituisce un tradimento della tradizione anglicana e della verità della Scrittura; e, in risposta, hanno offerto la loro "supervisione" a quelle parrocchie e diocesi degli Stati Uniti che non riconoscono l’autorità di vescovi pro-gay o del primate anglicano negli Usa, il reverendo Katharine Jefferts Schori. La loro opposizione si era andata approfondendo negli ultimi mesi, con l’organizzazione di una contro-Lambeth conservatrice a Gerusalemme e il boicottaggio, da parte di circa 200 vescovi, della conferenza di Lambeth vera e propria.

Con queste premesse, erano in molti a temere che Lambeth avrebbe portato ad uno scisma conclamato ed irreversibile all’interno della Comunione. La Conferenza, però - priva com’è di un effettivo potere decisionale, che appartiene alle singole province -, non partiva con l’obiettivo di prendere "decisioni vincolanti" per risolvere la crisi. Piuttosto, come scrive Williams, "era profonda convinzione degli organizzatori che i principali bisogni della nostra Comunione fossero la ricostruzione dei rapporti - della fiducia gli uni negli altri - e la sicurezza della nostra identità anglicana". "Credo - prosegue Williams nella sua lettera - che la Conferenza sia riuscita a fare questo in misura considerevole, superiore alle aspettative di molti".

Unità nella pluralità

Il merito di questo risultato risiede, probabilmente, nel metodo adottato a Lambeth: invece di assemblee plenarie in cui si vota a favore o contro una serie di risoluzioni, Williams e la commissione preparatoria hanno optato per una serie di assemblee più ristrette, che permettessero ad ogni voce di farsi sentire con le sue sfumature e di porre l’accento sui punti in comune, oltre che sulle differenze. La parola scelta per questo processo è indaba, un termine della lingua zulu che descrive un’assemblea riunita per discutere temi di grande importanza. I punti chiave delle riflessioni di tutti i gruppi sono poi stati raccolti in un testo unico, che, piuttosto che fornire una sintesi unitaria, ha cercato di offrire "un resoconto onesto di ciò che è stato discusso e sostenuto nei gruppi". Le riflessioni, nota Williams, "anche senza essere un Rapporto formale, contengono alcune indicazioni sugli scopi e i fondamenti comuni della Comunione". In sostanza, la direzione emersa a Lambeth è quella di un rafforzamento delle strutture e dell’identità unitaria degli anglicani, attraverso la stesura - già in fase avanzata - di un Anglican Covenant, ovvero un "patto" che "aiuti a definire identità e coesione" degli anglicani, "pur evitando toni legali e giuridici". Nella prima metà del 2009, l’assemblea dei Primati delle 38 province anglicane e l’Anglican Consultative Council (un organo che raccoglie a livello mondiale vescovi, preti e laici anglicani) diranno se sarà questa veramente la "strada" per il futuro della Comunione.

Lambeth ha anche riaffermato il sostegno alle tre ’moratorie’ che dovrebbero impedire nuovi casus belli come quello del vescovo gay del New Hampshire Gene Robinson: stop, fino a nuovo ordine, all’ordinazione di vescovi apertamente omosessuali e ai matrimoni gay ma, allo stesso tempo, stop alle intromissioni pastorali ed ecclesiali delle province conservatrici sul terreno di quelle liberal. Soprattutto, dalla Conferenza è emersa la proposta di istituire un Pastoral Forum, un luogo "dedicato ad affrontare tensioni presenti e future" e in cui discutere "proposte sulla cura pastorale di gruppi contrari agli orientamenti dominanti nelle proprie province, per evitare situazioni confuse, con violazioni dei confini provinciali e giurisdizioni in competizione tra loro". In conclusione, Williams ha osservato che "molti, soprattutto tra i vescovi più giovani, sono rimasti stupiti della convergenza che avevano trovato" alla Conferenza, anche se "restare uniti è una sfida e la possibilità di nuove divisioni è costante".

Roma guarda con interesse

I risultati positivi della Conferenza di Lambeth sono stati riconosciuti anche dal Vaticano che potrebbe, volendo, peggiorare notevolmente le cose offrendo una via d’ingresso privilegiata ai tradizionalisti anglicani in disaccordo con la propria Chiesa. Un articolo scritto sull’edizione inglese dell’Osservatore Romano dal responsabile uscente (sarà sostituito a settembre per normale avvicendamento) del dossier anglicano presso il Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, mons. Donald Bolen, parla di percorso "promettente" e loda l’approccio "trasparente" degli anglicani nell’affrontare la loro crisi: questo perché gli anglicani a livello mondiale sembrano andare verso un rafforzamento delle loro strutture e quindi diventano, agli occhi del Vaticano, ‘più Chiesa’. Se, scrive Bolen, gli anglicani andranno come sembra verso "una maggiore stabilità ecclesiologica e se si realizza una coerenza all’interno della Comunione Anglicana, questo sviluppo verrà con ogni probabilità accolto e sostenuto dalla Chiesa cattolica". Non a caso, la bozza attualmente allo studio dell’Anglican Covenant è in buona misura frutto del lavoro decennale della Commissione teologica mista anglicano-cattolica sui temi della Chiesa, dell’autorità e del primato. (alessandro speciale)

Articolo tratto da
ADISTA

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Martedì, 02 settembre 2008