La visita di Benedetto XVI negli USA
I Pontefici all’ONU

di Rosario Amico Roxas

Discutere del recente viaggio papale negli USA non è facile, per la semplice ragione che non si può fornire una interpretazione svincolata dalla lettura degli altri viaggi pontificali.

Il momento centrale è rappresentato dall’intervento all’ONU, che non può essere letto isolandolo dalla lettura degli interventi all’ONU di Paolo VI nel 1965  e di Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995. 

In mezzo alle facili e superficiali manifestazioni di giubilo che stiamo leggendo nei quotidiani, in tutti i quotidiani, non è possibile analizzare concretamente l’evento; ci troviamo con una platea già condizionata e distratta dal valutare la complessità di tale viaggio e gli interventi che si sono succeduti, che vanno letti tutti, indistintamente, per potere seguire l’itinerario indicato che non risulta sempre coerente.

Non possiamo limitare gli interventi come pensieri espressi da una persona, dal capo della Chiesa cattolica di Roma o dal capo dello Stato Città del Vaticano (v. nota 1) , oppure dal professore emerito. E’ la voce della Chiesa che va esaltata, nella continuità di un coerente percorso di incontro con i popoli della terra, tutti rappresentati all’ONU.

La coerenza è mancata, ma ne parleremo quando si saranno calmati i facili entusiasmi, dettati da contingenti motivi di apparenza.

Ciò che emerge rimane la sostanziale differenza che identifica la voce della Chiesa espressa dai pontefici che si sono alternati all’ONU.

Paolo VI ha parlato agli uomini, a tutti gli uomini, inaugurando la Sociologia del Nuovo Umanesimo, sulla scia del Concilio Vaticano II.

Giovanni Paolo II ha parlato ai cuori, stimolando la nobiltà dell’uomo che deve condurre all’interpretazione della giustizia.

Benedetto XVI ha parlato agli intelletti, alla ragione; invitando al dialogo con tutte le culture e le religioni, ma per analizzare gli aspetti che ci dividono e, così, esaltare un primato che condizionerebbe ogni possibile ideale di fratellanza e di umana solidarietà.

Diventa controversa, così, l’immagine stessa del cristianesimo e con l’immagine del cristianesimo anche l’immagine stessa di Cristo:  da una parte il Cristo della predicazione, delle Beatitudini, dell’Insegnamento , della Via Crucis, della Persecuzione, delle Fustigazioni e della Croce, dall’altra il Cristo della Resurrezione.  

La Resurrezione è una promessa, alla quale possiamo credere per Fede, come incondizionata accettazione al mistero che genera e conclude la vita; non potrà mai essere empiricamente documentata, non potrà mai far parte del bagaglio delle conoscenze umane se non supportata dalla Fede; è l’esaltazione di Cristo-Dio che avvolge di mistero il farsi della storia e il divenire dell’umano pensiero.

Cristo-Uomo è la sola certezza elargita agli uomini, perché donata con quell’Amore che solo Dio sa e può dare. Cristo-Uomo ha voluto raccogliere in sé  tutti i mali che possono colpire gli uomini; ha fatto soffrire anche su Madre che ha visto  morire il figliolo. Questa partecipazione, intesa come suprema manifestazione d’Amore, fa paura, perchè chiama gli uomini, tutti gli uomini, alla partecipazione collettiva, alla solidarietà, alla com-partecipazione, alla responsabilità individuale e collettiva.

Cristo-Uomo non si può discutere, non si può dibattere, non può diventare metodo storico o fenomeno antropologico; nella semplice chiarezza del Suo insegnamento c’è tutta la potenziale grandezza dell’uomo che viene esaltata lungo le tappe di una Via Crucis lunga quanto il tempo.

Paolo VI e Giovanni Paolo II, davanti ai rappresentanti del pianeta,  hanno glorificato “L’imitazione di Cristo” invitando gli uomini, di tutte le razze, di tutte le culture e di tutte le religioni a privilegiare ciò che unisce l’intera umanità, identificando anche il “peccato sociale”  che viene commesso nelle discriminazioni, nelle divisioni, nelle aggressioni, nelle guerre.

Nota 1

 (Benedetto XVI ha avuto bisogno di presentare le credenziali di Capo di Stato per fermare un procedimento della  Corte distrettuale di Harris County (Texas), la quale  ritiene che la Chiesa abbia  preferito gestire il problema dei preti pedofili   restando esclusivamente nell’ambito del diritto canonico (peccato del quale pentirsi per essere assolti) , senza coinvolgere le autorità civili (reato che va giudicato e punito secondo le leggi dello Stato nel quale tale reato è stato commesso). Per questo motivo ha indagato, e nel gennaio 2005 ha  imputato Joseph Ratzinger per sospetta copertura dei casi di abusi da parte di preti negli Stati Uniti con imputazione di «ostruzione alla giustizia».

Tale imputazione è tutt’ora in vigore, ma Ratzinger non può essere processato dopo aver inviato al presidente Bush formale richiesta di immunità in quanto «Capo di Stato in carica», richiesta che è stata accolta.

Rosario Amico Roxas



Martedì, 22 aprile 2008