Le donne vescovo nella Chiesa d’Inghilterra

di Peter Ciaccio

Proponiamo in anteprima l’editoriale che verrà pubblicato sul prossimo numero del settimanale delle chiese battiste, metodiste e valdesi “Riforma”. L’autore è pastore della chiesa metodista.

Il 7 luglio il Sinodo generale della Chiesa d’Inghilterra ha deliberato l’ordinazione delle donne al ministero episcopale. Un dibattito serrato di sei ore ha concluso il percorso iniziato nel 2000 con una mozione che chiedeva di discutere la questione delle donne vescovo. Il primo passo di questo cammino fu l’affermazione del Sinodo del 1975 “non vi sono obiezioni fondamentali all’ordinazione delle donne al sacerdozio”, seguita dall’ordinazione della prima diacona nel 1984 e della prima pastora nel 1994. Si prevede che la prima donna vescovo sarà consacrata nel 2015.
Anche se la Chiesa d’Inghilterra non è la prima chiesa della Comunione anglicana né la prima chiesa episcopale a deliberare in tal senso, si tratta di una decisione storica in primo luogo per il carattere simbolico di una chiesa nata da uno scisma che il Vaticano ha sempre ritenuto ricucibile. Nella storia dell’Anglicanesimo ci sono state varie oscillazioni filo-cattoliche fino al recente esodo di un cospicuo gruppo di ministri verso la Chiesa cattolica in reazione all’ordinazione delle donne. L’insuccesso del corteggiamento cattolico nei confronti degli anglicani deriva sicuramente dalla richiesta, sempre sottintesa, di uniformarsi totalmente a Roma.
La Chiesa anglicana presenta caratteristiche ibride cattoliche e protestanti ed è la chiesa di Stato in Inghilterra e in Galles, dove rispecchia la suddivisione in classi della società (da cui la tradizionale distinzione tra “chiesa alta” e “chiesa bassa”). I ministri di culto anglicani possono considerarsi sia preti sia pastori, a seconda della propria vicinanza al cattolicesimo o al protestantesimo.
Tuttavia queste sono tutte questioni secondarie, frutto del carattere primario dell’Anglicanesimo: una chiesa con una forte vocazione ecumenica e inclusiva, a partire dal proprio interno, fondata sull’idea di una chiesa di cui tutti possano sentirsi parte. Questo è il vero motivo della storicità del Sinodo di York: la discussione sull’accesso delle donne a tutti i livelli del ministero può concludersi solo con una parte che accetta la posizione dell’altra. Eppure dal 1994 era in atto un tentativo di mediazione, con l’istituzione delle cosiddette “diocesi volanti” extraterritoriali di Ebbsfleet, Richborough e Beverley, cui potevano far riferimento i dissidenti sull’ordinazione delle donne. Queste erano state il tentativo di accogliere i preti che avevano inizialmente lasciato la Chiesa anglicana, ma che poi, fatta esperienza diretta del Cattolicesimo, erano ritornati sui loro passi (ovviamente la stampa italiana ha glissato sul ritorno in massa dei transfughi). Tuttavia, le diocesi volanti hanno finito per accentuare il dissenso, creando uno scisma di fatto, e il Sinodo di York ha concluso tale esperimento: gli anglicani devono accettare l’episcopato, sia maschile sia femminile, nella sua natura territoriale e non “volante” e virtuale.
La decisione di York, inoltre, è un passo in avanti nel percorso, già iniziato, di una piena unità visibile con la Chiesa metodista in Inghilterra. I forti legami a livello locale avevano già portato in anni recenti al progressivo avvicinamento tra le due chiese, fino alla firma nel 2003 del Patto Anglicano-Metodista che afferma tra l’altro il reciproco riconoscimento dei ministeri. Dunque, l’atto del Sinodo di York non è riducibile ad uno scontro tra conservatori e liberali, ma è una tappa importante del cammino ecumenico. Infatti, le differenze principali tra i ministeri delle due chiese erano da una parte l’episcopato anglicano e dall’altra la parità di accesso per le donne ai ministeri della chiesa metodista. Questa decisione del Sinodo anglicano getta le basi per un alto compromesso tra le due chiese, in cui l’una ammette le donne vescove e l’altra potrebbe accettare l’episcopato.
La decisione del Sinodo riguarda solo le province di Canterbury e York della Comunione anglicana. L’altra questione controversa, riguardante i ministri omosessuali, che verrà discussa alla prossima Conferenza di Lambeth, riguarda invece la Comunione anglicana nella sua globalità. Su questo tema le posizioni sembrano ormai radicalizzate e lo scisma pare inevitabile: una nuova sfida per il progetto anglicano di una chiesa ecumenica, unitaria e inclusiva.



Giovedě, 10 luglio 2008