Dichiara fallimento la diocesi di davenport negli USA

Sempre più lontani i risarcimenti per le vittime di abusi


di Agenzia ADISTA n. 75 del 28-10-2006

33602. DAVENPORT-ADISTA. La diocesi di Davenport, nello stato dello Iowa, è la quarta diocesi statunitense ad andare in fallimento perché non in grado di pagare i risarcimenti richiesti dalle vittime di abusi sessuali perpetrati da membri del clero. Due giorni dopo aver portato i libri in tribunale per chiedere la protezione offerta dalla legge americana sotto il cosiddetto "capitolo 11" – un tribunale gestisce i beni della diocesi con lo scopo di rifondere i creditori ma assicurando, per quanto possibile, la sopravvivenza della società – il vescovo, mons. William Franklin, si è visto accettare le dimissioni per raggiunti limiti d’età (ha 76 anni compiuti) dal Vaticano, che ha nominato mons. Martin Amos, ausiliare a Cleveland, come suo successore.
Secondo mons. Franklin, che l’ha annunciata con una lettera sul settimanale diocesano The Catholic Messenger, la decisione di dichiarare fallimento serve ad assicurare un risarcimento anche a chi lo richiederà in futuro: pagare adesso, ha scritto, "vorrebbe dire che coloro che hanno già avanzato una richiesta consumerebbero quel che rimane dei beni della diocesi, lasciando senza soldi chi non ha ancora deciso di farsi avanti".
L’ultimo colpo alle dissestate finanze diocesane era arrivato il 18 settembre, quando una giuria aveva assegnato un risarcimento di un milione e mezzo di dollari a Michl Uhde. Soldi che la diocesi dice di non avere, dopo aver pagato a partire dall’ottobre 2004 dieci milioni e mezzo di dollari in accordi extragiudiziali con le vittime. Oltre al caso di Uhde – per cui la diocesi aveva scelto per la prima volta di andare in tribunale invece di patteggiare – ci sono altre 25 cause pendenti con richieste di risarcimento pari a 7 milioni di dollari.
Lo scandalo delle molestie sessuali aveva toccato i livelli più alti della Chiesa dello Iowa: solo tra i casi ancora pendenti, ci sono quindici denunce contro mons. Lawrence Soens, vescovo emerito di Sioux City, sette contro mons. Thomas Feeney, ex-vicario generale a Davenport, e una contro mons. Carl Meinberg, ex-presidente della locale università cattolica.
Ma la decisione di dichiarare fallimento ha suscitato numerose polemiche nella comunità locale. Per i comitati delle vittime, infatti, portare i libri in tribunale non era necessario e servirà soltanto a gonfiare le tasche degli avvocati della diocesi. Il "capitolo 11" blocca il pagamento di ogni risarcimento fino a quando il tribunale fallimentare non avrà deciso il modo migliore di amministrare i beni della diocesi.
Gli avvocati delle vittime avevano invece presentato un piano alternativo, che prevedeva il pagamento di tutti i risarcimenti pendenti senza che la diocesi andasse in bancarotta – ma il vescovo e il suo staff legale non hanno dato nessuna risposta a questa proposta e si sono rifiutati di sottoporre i beni della diocesi – stimati in appena 5,6 milioni di dollari – ad una valutazione indipendente.
Il motivo di questa scelta, secondo Ann Green, leader di un gruppo di cattolici locali, è uno: verrà fissato dal tribunale un termine ultimo per tutte le richieste di risarcimento, passato il quale le vittime non potranno più rivalersi economicamente sulla diocesi. Ma chi è vittima di abusi, dice la Green, "viene a patti con il ricordo dell’abuso subito solo con i propri tempi. Non può essere forzato, né farlo secondo i comodi del vescovo". La Green lamenta anche la totale chiusura di Franklin, che non ha mai voluto partecipare a incontri di riconciliazione nelle parrocchie né incontrarsi con i loro rappresentanti.
Apparentemente conscio della propria impopolarità, alla conferenza stampa di presentazione del proprio successore Franklin, che non intende abbandonare Davenport ma si è offerto di aiutare il nuovo vescovo, ha detto soltanto: "Per 17 mesi abbiamo pregato per un nuovo vescovo. Ora, le nostre preghiere sono state esaudite". La concomitanza del fallimento e della nomina del suo successore sarebbe, per lui, pura coincidenza.
Intanto, un’altra delle diocesi ‘fallite’, quella di Spokane, vicino a Washington, ha venduto il prestigioso edificio dove sono ospitati i propri uffici centrali per circa due milioni di dollari. Cifra ingente, ma una goccia nel mare a fronte di richieste di risarcimenti per oltre 80 milioni di dollari. Il vescovo mons. William Skylstad, che è anche presidente della Conferenza episcopale statunitense, non dovrà però traslocare, almeno per ora: gli acquirenti si sono detti infatti intenzionati a negoziare un accordo conveniente per riaffittare l’edificio alla diocesi. (a. s.)



Martedì, 24 ottobre 2006