33413. POTENZA-ADISTA. Anche un monsignore della Curia romana, non si sa ancora bene a che titolo e con quale ruolo, è coinvolto in uninchiesta della procura di Potenza su una maxi-truffa ai danni di diversi imprenditori italiani che ha già portato allarresto di 17 persone (12 in carcere e 5 ai domiciliari), e che interessa pure il vicepremier e il ministro dellInterno della Somalia, la ndrangheta, la massoneria e, appunto, il Vaticano. Le indagini della magistratura hanno messo in luce una serie truffe a diversi imprenditori (oltre che lucani, anche laziali, pugliesi e romagnoli) per svariati milioni di euro da parte di unorganizzazione guidata da Massimo Pizza. Il meccanismo era piuttosto semplice: lorganizzazione convinceva gli imprenditori a costituire alcune società di comodo a Nizza, che poi avrebbero permesso di fare investimenti sicuri in Somalia (garantiti dalle stesse autorità somale) e di usufruire di finanziamenti e mutui agevolati; tutto falso, tranne i soldi delle spese legali per la costituzione delle società che sparivano nelle tasche di Pizza e dei suoi collaboratori, fra cui un consulente della Polizia e un ex sottufficiale dei Carabinieri già agente del Sisde. Oltre a questo, vere e proprie patacche degne del miglior Totò: vendita di false nomine ad agenti segreti e di opere darte per un valore di oltre 12 milioni di euro. Ma linchiesta, tuttora in corso e continuamente in movimento, potrebbe riservare ulteriori sorprese, per il coinvolgimento nelle indagini di alcune logge massoniche deviate (che avrebbero sede in Basilicata e in Calabria e sarebbero entrambe legate alla ndrangheta calabrese) e di insospettabili, fra cui mons. Francesco Camaldo (54 anni, di Lagonegro; per quasi 15 anni segretario del cardinale vicario di Roma Ugo Poletti, attualmente aiutante di studio della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e cerimoniere pontificio; secondo voci di corridoio, potrebbe presto sostituire mons. Pietro Marini, maestro delle cerimonie pontificie), tirato in ballo dallo stesso Pizza e già interrogato dal pm di Potenza, Henry John Woodcock, che ha notato diverse contraddizioni nelle parole del prelato. Con mons. Camaldo, Massimo Pizza dice di avere uno "scambio fruttuoso di notizie" e aggiunge che il prelato si sarebbe mosso "per distruggere" una loggia massonica, "che può togliere seguaci e può distogliere soprattutto soldi e capitali da unaltra loggia massonica". Pizza descrive Camaldo come molto influente e, riferendosi anche ad alcuni uomini politici lucani e non solo, dice che "mezza Basilicata va da mons. Camaldo a lamentarsi" perché "sono terrorizzati da alcune inchieste che li coinvolgono". Il "Quotidiano della Basilicata" (16 maggio) riferisce che mons. Camaldo, interrogato dai magistrati lo scorso 15 maggio, respinge ogni addebito: nega di essere massone e di aver avuto un ruolo nellorganizzazione, anche se ammette di conoscere sia un faccendiere coinvolto nella truffa (il potentino Giorgio Rubolino, morto nellestate di qualche anno fa, i cui funerali sono stati celebrati in Vaticano), sia Massimo Pizza, per il quale avrebbe fatto da intermediario per lacquisto di un finto crocifisso di Michelangelo del costo di 380mila euro. Vicenda ancora intricata, quindi, con coinvolgimenti illustri. Linchiesta va avanti. (luca kocci)
Mercoledì, 31 maggio 2006
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