Il Papa alla Sapienza
Comunicato della Consulta Romana per la laicità delle istituzioni

di Enzo Marzo

Questo comunicato è stato emesso prima che giungesse la notizia che il Papa rinunciava ad andare alla Sapienza.


Roma 15 gennaio 2008
Non siamo d’accordo con la presenza del Papa alla Sapienza. Non perché non avrebbe dovuto accettare l’invito ma perché non avrebbe dovuto essere invitato.
Risulta del tutto incomprensibile che all’inaugurazione dell’anno accademico 2007-2008, dedicata alla lotta contro la pena di morte, si inviti il capo della Chiesa cattolica (romana), che nel suo Catechismo ancora la ritiene legittima [1]. Sconcerta poi che un’istituzione che dovrebbe promuovere la libertà di ricerca, il libero pensiero, il metodo scientifico e la società aperta della ricerca si rivolga ad uno dei massimi esponenti del pensiero dogmatico ed antiscientifico.
Il problema non è se si voglia censurare o meno il Papa ma a quale titolo sia stato invitato. Qualcuno ha detto che il Papa ha diritto di inaugurare l’anno accademico come ogni cittadino [2]. Nessuno è tanto cieco da credere che sia stato invitato un comune cittadino. Invitare il capo della Chiesa cattolica (romana), come quello di qualsiasi altra fazione politica, è una scelta di divisione. Si tratta del capo di una confessione religiosa e tale scelta, oltre a discriminare chi non crede e chi crede altrimenti, mette fortemente in dubbio la neutralità dell’istituzione pubblica, che dev’essere laica.
Il protocollo e le precedenze faranno il resto, mettendo moralmente in ginocchio la più grande istituzione culturale della città di Roma.




Note

[1] Al par. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica si legge infatti: "L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani. Se, invece, i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall’aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l’autorità si limiterà a questi mezzi, poiché essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana. Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l’ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo « sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti".
[2] Sarebbe interessante domandarsi se il Papa goda della libertà di manifestazione del pensiero che l’art. 21 della Costituzione italiana parrebbe, secondo alcuni, riservare ai soli cittadini. Essendo egli cittadino tedesco e quindi comunitario ne godrebbe probabilmente uti civis. Non certo come Sovrano dello Stato del Vaticano né della Santa Sede, in quella veste esercita poteri, non diritti.


enzo marzo
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Martedì, 15 gennaio 2008