Viviamo ormai in tempi di regime partitocratico. E un fatto oggettivamente indiscutibile che ci porta ad una amara constatazione riguardo alla crisi delloccidentale mondo contemporaneo, che solo a parole o per reali motivi dinteresse economico (un più facile approvvigionamento delloro nero) dichiara guerra al fanatismo, allintegralismo dei sistemi teocratici dominanti nel mondo islamico. Lo strapotere della politica partitocratica risulta ormai evidente dagli scandali che esso suscita quotidianamente, dai “piccoli traffici” poco trasparenti dei politici locali agli scandali eclatanti di quel mondo di tangentopoli che è stato alla sua base e continua ad esserlo. Certo queste sono parole vaghe e senza alcuna documentazione ma per la verità di esse basta sfogliare le pagine di cronaca di ieri e dellaltro ieri senza troppo andare indietro nel tempo, quando la prassi della corruzione a tutti i livelli della nostra classe politica nazionale era una consuetudine alquanto consolidata. Oggi tuttavia lo scandalo che questa stessa classe politica ci offre, da destra a sinistra, senza alcuna distinzione di sorta, tranne qualche salutare eccezione, è la sua invasione di campo, la sua prevaricazione su ambiti di cui essa non può rivendicare una assoluta competenza, ambiti questi che pertanto riguardano i soggetti di una ricerca scientifica e filosofica libera da ogni dogma teologico come sosteneva Bertrand Russel, di cui è sempre bene, di questi tempi, ricordare una sua affermazione , “ il mondo non ha bisogno di dogmi ma di libera ricerca. ” So bene di essere del tutto impopolare, in questi tempi di caccia alle streghe, nellesprimere le mie idee che sono sempre state e continuano ad essere di ispirazione liberale ma proprio per questo non voglio rinunciare, ad esprimere a titolo prettamente personale, il mio pensiero. Qui è in giuoco la dignità fondata sulla libera scelta dellindividuo, alla quale non voglio abdicare, prostituendomi, per conformismo, allopinione espressa quasi in maniera unanime dai partiti dellintero arco costituzionale del nostro Parlamento sulla mancata visita del pontefice allUniversità “La Sapienza” a Roma. Su questa mancata visita, a causa di una contestazione studentesca, si è detto che essa costituisce una pagina vergognosa ed incancellabile della nostra storia. Si può dissentire dallopinione dei nostri parlamentari nonché paladini di presunti valori di libertà e di democrazia? Premesso infatti, per non essere frainteso, che il papa ha tutto il diritto di parlare e di esprimere le sue idee, il suo pensiero senza alcuna restrizione di sorta nel campo in cui Egli rappresenta la massima autorità, ossia quello teologico, non ci riesce difficile comprendere perché Sua Santità sia stato invitato ad inaugurare linizio dellanno accademico allUniversità degli Studi “La Sapienza” di Roma. Questo invito è infatti un fatto allarmante di una cultura che, per dirla con Heidegger, sembra di aver smarrito la memoria dei suoi percorsi, dei suoi sentieri. Da tempo immemorabile infatti eravamo abituati a riflettere, a pensare secondo quel “ rasoio di Ockham”, che in maniera salutare, già nel medioevo, aveva operato una scissione tra teologia e pensiero scientifico, filosofico, bandendo da questi ultimi ambiti i problemi teologici tra laltro non dimostrabili razionalmente secondo la tesi rigorosa di Duns Scoto. “Invitare” il papa non ad un concistoro di vescovi o ad un sinodo ecclesiale, dove di diritto gli sarebbe spettata la parola bensì allinaugurazione di un anno accademico universitario è stato pertanto un errore (voluto?) o un prestabilito piano politico finalizzato a ripristinare confusione se non subordinazione tra diversi ambiti del sapere, tra teologia da una parte e filosofia e sapere scientifico dallaltra, sulla cui reciproca autonomia e dignità si deve invece prendere atto a partire da una loro netta separazione. Bene hanno fatto soprattutto i giovani e i pochi docenti universitari a contestare una imminente visita del papa, che per fortuna non si è verificata, alla Sapienza di Roma. A tale inaugurazione infatti avremmo preferito che fosse stato invitato un eminente scienziato o un eminente filosofo che di certo non sarebbe stato un pesce fuor dacqua nel contesto universitario in cui avrebbe preso la parola. Piero Montana
Giovedì, 17 gennaio 2008
|