In Campania con il partito democratico si volta pagina?

di Nino Lanzetta

La vera novità di questo fine d’estate è la rinuncia dell’On. Ciriaco De Mita a candidarsi alla segreteria del nuovo partito democratico. E’ una rinuncia sofferta scaturita dopo le molte perplessità manifestate a livello centrale, e gli inviti espliciti a desistere per favorire un cambiamento percepibile dagli elettori. Un cambiamento che esprimesse la volontà di rinnovare il modo di far politica ed instaurasse un nuovo e più efficace rapporto con gli elettori. Il tentativo è di bloccare l’antipolitica dilagante che da noi ha più facile gioco, per i tanti episodi di malgoverno dei quali la squallida vicenda dei rifiuti è la più eloquente.
La politica in Campania è ingessata in un sistema di potere consolidato e rigido, che ha visto ultimamente nel duo Bassolino/ De Mita i registi e i detentori. Dalla sanità, ai fondi europei, dal controllo degli Enti alla gestione politico-amministrativa delle Regione, non si muove foglia che la diarchia non voglia.
Eppure i supporter di De Mita, a cominciare dai consiglieri regionali Sena, Valiante e Anzalone, per finire a molti consiglieri comunali di Napoli e a tutto l’apparato provinciale della Margherita, agli “amici” di Salerno, si erano mossi bene. Avevano teso una rete idonea ad imbrigliare le resistenze, per la verità contenute, di una parte dei DS e di qualche avversario interno. Il fatto nuovo è venuto dai vertici romani. La neutralità espressa da Rutelli, l’invito esplicito della Bindi a farsi da parte, lo smarcamento di Veltroni e il conseguente imbarazzato silenzio di Bassolino hanno finito per piegare ogni possibile ulteriore resistenza. Così è maturato il gran rifiuto ripiegando sulla volontà di contribuire alla ricerca di un candidato “condiviso” che portasseee avanti le sue idee. E’ venuto così fuori il nome del deputato salernitano Tino Iannuzzi, sul quale Bassolino ha dato il proprio assenso.
Per De Mita era importante - ha detto- candidare le sue idee e il suo progetto. Di idee e di progetti, almeno per ora, però, non si è sentito parlare. Silenzio soprattutto sulla strategia da adottare per favorire uno sviluppo idoneo a diminuire lo squilibrio tra le aree interne, che si vanno sempre più desertificando e le zone costiere sempre più affollate. Senza uno straccio di progetto, senza idonee iniziative, con l’uso dissennato e clientelare dei fondi europei, la Campania aumenta il suo gap negativo nei confronti delle altre regioni anche meridionali.
Occorre cambiar pagina radicalmente, come ammonisce, fra i tanti osservatori politici, anche il sindaco di Salerno Enzo De Luca. Bisogna abbandonare il sistema clientelare della gestione del potere, utilizzata esclusivamente a fini dell’acquisizione del consenso elettorale, e iniziare un processo di moralizzazione della politica. Il sistema clientelare instaurato dalla Democrazia Cristiana cinquant’anni fa sembra perpetuarsi ancora oggi con gli stessi metodi dei Gava!
Nella nostra provincia la situazione non si presenta in modo diverso. La DC ha gestito tutto il potere con mano di ferro, prima con Sullo, poi con De Mita. Quest’ultimo ha perfezionato una macchina elettorale perfetta. Tutte le pedine ai posti di combattimento e la fedeltà come requisito principale per aspirare ad una carriera sicura! Il potere assoluto dura, ormai, da trentacinque anni: dall’inizio degli anni settanta, dopo la rivolta che portò alla defenestrazione del “vecchio boss” - come lo chiamavano. La gestione del potere di Sullo era, però, finalizzata alla ristrutturazione di un sistema, amministrativo e politico, fascista-agrario-padronale che aveva tenuto l’Irpinia in grande arretratezza economica e culturale. Sullo inventò ed impose una nuova classe dirigente e politica Da De Mita a Bianco, da Gargani a Mancino e a Zecchino, da Aurigemma ad Agnes e Savignano e tanti altri, furono sue creature. A distanza di quasi un quarantennio, nulla è cambiato: molti di quei personaggi calcano ancora le scene della politica.
Avviò poi la ricostruzione, dopo le macerie della guerra, con una politica di opere pubbliche (l’autostrada Napoli Bari con il raccordo per Salerno e Benevento, la viabilità interna, l’elettrificazione delle campagne e gli acquedotti) che si dimostrarono essenziali per il futuro sviluppo dell’Irpinia. Fu l’uomo dei fatti che nascevano, però, dalle idee, da un progetto, da un’analisi, da una programmazione.
Si sarebbe dovuto proseguire su quella strada! Così non è stato!
L’industrializzazione post terremoto si è dimostrato un fallimento perché non si è calata nella nostra realtà né ha teso a sviluppare ed evolvere l’artigianato locale, né ad incrementare l’agricoltura di qualità valorizzando i prodotti locali tipici e tradizionali, favorendo la ricerca.
Dagli anni settanta De Mita è rimasto sulla scena fino ai grandi fasti della politica nazionale, sopravvivendo politicamente - a differenza dei molti suoi amici- a tangentopoli. Ritornato a fare politica provinciale e regionale, ha ripreso tutto il potere senza mai mollarlo. I suoi amici - la squadra di una tempo- hanno dovuto arrangiarsi: chi ha smesso, chi ha trovato casa in altre posizioni politiche, chi ha dovuto perfino cambiare provincia per continuare a fare politica! In tutto questo tempo, nessun rinnovamento, nessuna nuova classe dirigente. I giovani, e non solo questi, dovevano garantire fedeltà assoluta. Fuori chi sgarrava: Di Nunno, Amalio Santoro, Maselli sono gli esempi più recenti.
Bassolino a Napoli ha emulato De Mita. Tra i due un patto di ferro ha blindato il sistema: sanità, fondi europei, controllo degli Enti, moltiplicazioni di carrozzoni tipo Soresa e Paser, consulenze, incarichi, spazzatura.
Altro che rinascimento napoletano! Siamo nel pieno degli anni bui. De Mita, nel bene e nel male è stato, per molti lustri, un protagonista di questo stato di cose. Non si poteva mandare un messaggio di cambiamento lasciandolo ancora alla guida di un partito più forte di quello che ha guidato negli ultimi dieci anni. Il suo pensionamento, forse, aiuta a voltare pagina, anche se le incognite sono molte e i rischi pure, stante la mediocrità della classe politica che gli ha ruotato intorno e che non ha saputo emanciparsi. Dalle crisi, però, a volte nascono le opportunità. E se De Mita, come chiede Veltroni, metterà al servizio dei giovani la sua sapienza storico- politica, che è davvero eccezionale, e la sua esperienza darà un contributo sicuramente più utile al risveglio anche culturale e non solo della nostra provincia.

Nino Lanzetta




Venerdì, 14 settembre 2007