La settimana politica irpina
In Irpinia cambiare si può?

di NINO LANZETTA

Cambiare si può recita il motto del nuovo partito democratico di Veltroni. Correre da soli per non essere costretti ad accettare compromessi ed equilibri e realizzare, se si vince, il programma sottoposto agli elettori senza gli inevitabili compromessi e patteggiamenti con i vari Mastella e Pecoraro Scanio.
E’ una sfida a cambiare l’Italia che parte dal cambiare prima se stessi.
Questa è la strategia posta in campo da Veltroni. Non sono gli italiani che devono cambiare o l’Italia che deve alzarsi, come sostiene Berlusconi, ma è la politica che deve cambiare. E poiché la politica si regge sulle gambe degli uomini, sono questi ultimi, a cominciare da quelli che hanno maturato tre legislature, a far posto ai giovani e alle donne. Solo poche deroghe, appena ventisei, per assicurare una necessaria continuità.
Perché il messaggio sia forte e chiaro occorre essere credibili e il cambiamento vasto, diffuso, facilmente percepibile e convincente.
Questo è possibile nelle regioni meridionali, specie in Calabria e in Campania nelle quali il sistema di potere è esercitato da un diffusissimo clientelismo e da commistioni con la malavita organizzata? E il cambiamento è possibile in Irpinia, provincia amministrata da sempre dagli eredi della d.c. che, pur senza denunciare gli sconquassi delle altre province, da tempo si è avviata ad un inesorabile declino?
In Campania il fallimento del rinnovamento, che si faceva riferire al tentativo bassoliniano di un nuovo rinascimento, è miseramente fallito. E Bassolino, che molti avevano salutato come un moderno imperatore, intelligente e democratico, è ormai un re nudo, che resiste nella speranza che, passata la bufera possa riconquistare le posizioni perdute .
Per ora galleggia sulla quotidianità, tentando di stare al coperto quanto più possibile e di far parlare i fatti, se riuscirà a farli. Il tentativo della nuova Giunta regionale, infarcita di tecnici di prestigio, ne è un tentativo , se i partiti lo lasceranno fare. Certo nella Sanità non si muove foglia e l’assetto di potere sembra resistere a qualsiasi refolo di vento.
Con tutta la buona volontà di qualche politico onesto, che pure non manca, non si riesce a scalfire di un’unghia quel sistema di potere che gestisce, con pugno di ferro, tutta la vita amministrativa e politica della Campania.
E questa gestione ha mostrato la corda, se in nessuna regione i servizi offerti sono così pessimi! E non ci riferiamo, per carità di patria, alla sola gestione dei rifiuti, che continua stancamente a trascinarsi nella ripetizione di una telenovela ormai squallida, senza che nessuno, dico nessuno -compresa la Chiesa- dica ai sindaci con le fasce che sarebbe ora di fare la differenziata porta a porta nei loro comuni, prima di mettersi alla testa dei cortei.
Ci riferiamo alla sanità nella quale non c’è un solo portantino che non sia nominato dai partiti politici, e dove i reparti sono disegnati a misura di primari nominati esclusivamente per fedeltà politica, e nella quale, (è inutile nascondersi dietro un dito!) assistiamo alla più vergognosa fronte di speculazione privata, di sperpero di denaro pubblico e di pessimo servizio erogato.
Ci riferiamo alle Amministrazioni dello Stato, a cominciare dalla Regione, per finire alle province, ai comuni, alle circoscrizioni e alle comunità montane, che si caratterizzano per una dilapidazione di soldi pubblici e fondi europei, di consulenze e di appalti, che non hanno alcun nesso di causalità da finanziamenti effettuati e utilità dei progetti realizzati: quelli che si riescono a terminare!
In tutte le Amministrazioni pubbliche, il personale impiegato è almeno il triplo delle altre regioni (salvo alla regione Campania dove il rapporto diventa sei volte di più : 17000 rispetto ai 3000 di quella lombarda!) ma i servizi restano di gran lunga inferiori e, per averli, bisogna andare alla ricerca dell’ impiegato amico, o della raccomandazione!
Ci riferiamo alla mediocrità di tanti nostri politici di seconda e terza fila, che ostinatamente continuano a nascondere, nelle chiacchiere e nelle frasi fatte, la povertà delle loro idee e lo scarso senso del servizio, che pure dovrebbe essere una delle doti principali di chi vuol fare politica.
Cambiare si può, recita lo slogan del partito democratico! Cambiare si deve dice il cittadino che ha a cuore le sorti del proprio paese. Cambiare quanto basta, dice a se stesso il politico di turno: per dare l’impressione, almeno sotto elezioni, che non si è insensibili “ al grido di dolore cha da gran parte d’Italia si leva”!
In Irpinia, però, la parola cambiamento è blasfema e poco usata per non irritare i padroni del vapore. Chi osa pronunciarla è costretto a subire i sorrisi di scherno di chi mastica politica da una vita e vuole insegnarla al cittadino, ignaro e sprovveduto. I problemi sono altri, sottintende, e di quelli dobbiamo avere a cuore la soluzione più che cambiare gli uomini che sono deputati a farlo. E se non ci si riesce la colpa è sempre degli altri: noi siamo al di sopra di qualsiasi sospetto e… giudizio! Le elezioni non servono a questo ma a ricambiare!
Il circolo vizioso si stringe irrimediabilmente e non lascia nessun spazio aperto. Ecco perché da noi i politici resistono tanto e poi, alla fine sono sempre gli stessi, che saltando da palo in frasca e da un partito all’altro rimangono… al posto di comando. Ecco perché Mastella si da dà fare, nel grigiore e nel torpore generale, per piazzarsi al meglio e il più politico di tutti, il buon De Mita, dopo quarant’anni e undici legislature alle spalle, è convinto della sua insostituibilità alla guida di quella politica irpina e campana che, quanto a risultati, va sempre più indietro al resto d’Italia. Com’è sotto gli occhi di tutti!

NINO LANZETTA



Lunedì, 18 febbraio 2008