Si riuscira’ a fare una nuova legge elettorale prima di andare a votare?

di Nino Lanzetta

Molti politici, opinionisti e costituzionalisti, che hanno a cuore le sorti dell’Italia ritengono necessaria, prima di tornare a votare, una nuova legge elettorale che corregga? le storture e le iniquità del vigente “porcellum” di calderoliana memoria.
Questa legge ha provocato - com’era nelle intenzioni dei proponenti- un’ingovernabilità al Senato, per via del premio di maggioranza attribuito su base regionale, ed è iniqua ed odiosa per la sottrazione agli elettori della scelta dei candidati e per aver aumentato oltremisura il frazionismo dei partiti.
Il solo Berlusconi, sordo ai richiami anche del Capo dello Stato e alle sollecitazioni dell’Unione, si ostina - come un disco rotto- a chiedere elezioni anticipate, anche con la legge attuale, pur sapendo che non avrebbe una maggioranza consistente come l’ebbe nel 2001 e non tenendo in nessun conto che il Paese è diviso e i valori repubblicani, che hanno tenuto insieme una realtà sociale e culturale variegata e complessa, sono in caduta libera e che la contrapposizione politica, pur spinta al massimo, deve trovare una limitazione nella collaborazione per l’attuazione di quelle leggi che riguardano le regole del gioco e la corretta funzionalità delle Istituzioni.
Il problema che oggi si presenta di difficile soluzione è come arrivare ad una condivisione, la più ampia possibile, su una nuova legge elettorale idonea a garantire governabilità evitando veti incrociati e riducendo drasticamente i partiti, contribuendo, quindi, a rasserenare il Paese che oggi è spaccato a metà, checché ne dicano i trionfanti sondaggi berlusconiani.
Il guaio è che ogni partito ne vuole una a sua misura, e nessuno si spinge a guardare un po’ più al di là del proprio naso e all’interesse generale del quale, solo a parole, dice di farsi carico.
Berlusconi vuole solo andare a votare subito. Non gli interessa altro. Sa, per una questione anagrafica, che il tempo … e Casini gli giocano contro e neppure gli inviti del Capo dello Stato, riescono a farlo ragionare. Se si dovrà fare una nuova legge elettorale ci penserà lui quando sarà il momento. Ora bisogna tornare al voto, perciò è necessario che il Governo cada e ne stabilisce anche la data al 15 novembre!
Fini non vuole questa legge elettorale, pur avendola votata, ed ha firmato il referendum pur di cambiarla. Non vuole, però, una legge proporzionale perché sa di rischiare l’isolamento dopo lo sdoganamento per opera di Berlusconi e i salti mortali per darsi un’anima democratica e abiurare il passato. Inoltre sa bene di godere un alto gradimento nell’opinione pubblica e di poter aspirare a succedere a Berlusconi alla guida di un partito unificato del centro destra o di una federazione.
Casini, che pure aveva fortemente voluto e votato la vituperata legge Calderoli, sostiene tenacemente una nuova legge di tipo proporzionale sul modello tedesco, nella palese considerazione che solo così riuscirebbe a destrutturare l’attuale assetto politiche si poggia su coalizioni ampie, non omogenee e per forza di cose rissose. Il proporzionale sul tipo tedesco, poi, con uno sbarramento al 5% farebbe finalmente piazza pulita di partiti e partitini e permetterebbe un raggruppamento al centro - di cui diverrebbe il capo- di quelle forze che in vario modo si richiamano alla vecchia DC.
La Lega non sarebbe contraria ad una legge proporzionale che continuasse a garantirgli la sopravvivenza grazie ai serbatoi di voti consistenti in larghe zone della “Padania”.
E veniamo al centro sinistra.
I ds sono stati da sempre fautori del sistema elettorale di tipo maggioritario, con collegi uninominali e doppio turno alla francese, che porrebbe fine al frazionismo dei partiti ( oggi sono arrivati a più di 25!) e favorirebbe la formazione di due coalizioni omogenee guidate da due forti partiti.
Nella Margherita le posizioni sono diverse con una prevalenza verso il sistema tedesco.
Ora, con il partito democratico, le carte si sono mischiate e, con realismo politico, vari esponenti ex ds, a cominciare da D’Alema e Fassino, mostrano di non disdegnare il sistema tedesco.
Rifondazione comunista si è sempre espressa per il sistema proporzionale tedesco che, per il processo di fusione o di federazione in atto, non vedrebbe contrari i Comunisti italiani, i verdi e la sinistra democratica di Mussi.
Neanche Mastella e Di Pietro sarebbero contrari, per principio, ad un sistema proporzionale possibilmente corretto nella soglia di sbarramento, in modo da garantir loro la sopravvivenza, e magari non intaccare quel potere di veto che, sfruttato spregiudicatamente, ha permesso di espandersi oltre il peso elettorale.
Questo è, ad oggi, il panorama dei partiti.
Da non sottovalutare il referendum previsto per la prossima primavera, che i piccoli partiti vogliono assolutamente evitare. E la fibrillazione politica in atto, che presenta serie incognite sulla fine anticipata del Governo Prodi, più per implosione della stessa maggioranza che dell’opposizione. Il Capo dello Stato ha chiaramente fatto intendere che con questa legge elettorale sarebbe sconsigliabile andare a votare e che sarebbe opportuno mettersi d’accordo, maggioranza e opposizione su una nuova legge. Il Governo, finora, ha sollecitato il Parlamento a procedere alla modifica della legge, con la maggiore condivisione possibile nella considerazione che le leggi sulle “regole” devono essere fatte bipartisan. Il Ministro Chiti si è dato da fare in tal senso nei mesi scorsi, però, con scarsissimi risultati.
L’accordo, per ora non sembra possibile. Se però il Governo supererà lo scoglio dell’approvazione della Finanziaria e conseguirà una boccata d’ossigeno, dovrà porsi direttamente il problema e porre mano alla nuova legge e, magari a quelle riforme costituzionali approvate, nella Commissione presieduta da Violante, anche dall’UDC e dalla Lega e l’astensione di F.I. e di A.N..
Come andrà a finire?
E’ importante licenziare una buona legge elettorale e non una qualsiasi, specie dopo i cattivi risultati delle ultime due, quella del 1993 che porta il nome di Mattarella ( il Mattarellum, come la chiama il politologo Sartori) e l’ultima di fine legislazione di Berlusconi del 2005 (il porcellum di Calderoli).
Prima di queste due leggi, quella del 1948 ha resistito per 45 anni. Era una legge proporzionale con sbarramento al 4% in collegi elettorali abbastanza ampi e con voto di preferenza. Il partito che comunque conquistava anche un solo quoziente elettorale, senza raggiungere la fatidica soglia del 4%, concorreva alla ripartizione dei seggi del collegio nazionale attribuiti con il sistema dei resti Ciò ha permesso a partiti storici, quali i Repubblicani, i Liberali, i Socialdemocratici di sedere in Parlamento anche con percentuali a volte inferiori al minimo previsto. Il sistema ha funzionato in modo soddisfacente ed i partiti rappresentati in Parlamento nonhanno mai superato mai la soglia dei dieci. Non riuscì a De Gasperi nel 1953 di conquistare, per circa 50.000, voti il premio di maggioranza che una legge, che i comunisti chiamarono truffa, assegnava alla lista o alle liste apparentate che avessero preso la metà più uno dei voti . La legge in seguito fu abrogata. La mancata alternanza al governo non fu determinata dal sistema elettorale ma, più correttamente, dalla politica dei due blocchi contrapposti ( l’America e la Russia) ai quali i due partiti, la DC e il PCI, ideologicamente differenti s’ispiravano. Con la caduta del muro di Berlino e la fine del comunismo, quella legge, seppur con opportune modifiche, sarebbe stata ancora utile all’Italia, nella considerazione che il concetto del bipolarismo non è stato mai concretamente applicato nè dal Mattarellum, maggioritaria per il 75% ma proporzionale per il restante 25% né dal Porcellum, tutta proporzionale che ha abbassato la soglia di sbarramento addirittura al di sotto del 2%, oltre a contenere altre nefandezze.
A questo punto occorre fare una scelta. O si continua sul maggioritario, ma si aboliscono le quote di proporzionale e s’inserisce il doppio turno di collegio come in Francia o si passa al proporzionale sul tipo della Germania o della Spagna. Tertium non datur. I pasticci sulla contaminazione dei due sistemi non hanno funzionato.
Se si ha senso dello Stato e si vuole perseguire il bene comune e porre fine all’antipolitica, alla delegittimazione reciproca e ai privilegi di una “casta” sempre più percepita come inefficiente e corrotta, occorre mettersi tutti intorno ad un tavolo e ritrovare il bandolo della matassa e costruire regole valide per tutti e nell’interesse superiore della Nazione. Poi si può, più correttamente, ritornare alle battaglie politiche. Se si continua, invece, in questo marasma si può davvero finire - come ha felicemente ricordato un illustre opinionista- come nel famoso film felliniano “ Prova d’Orchestra” nel quale la bacchetta del Maestro, che non riusciva a farsi ascoltare dai suoi orchestrali, che continuavano a suonare ognuno la propria musica, si trasformava improvvisamente in mitragliatrice e ristabiliva l’ordine in sala che, però, si era riempita di cadaveri!
Quale la soluzione possibile? Il sistema tedesco oggi appare avere maggiori possibilità di realizzazione potendo mettere d’accordo il maggior numero di partiti da tutta, o quasi, l’Unione alla Lega e all’UDC. Con un auspicio, però. Niente pasticci e soprattutto niente elezione diretta del Premier. Il leader del partito più forte che vince l’elezioni rivestirà la carica di Presidente del Consiglio.
Non c’è tempo da perdere prima che la deriva ci colpisca tutti.

Nino Lanzetta



Sabato, 27 ottobre 2007