Personaggi famosi dell'Irpinia
Francesco Solimena.

di NINO LANZETTA

Anche nella pittura l’Irpinia ha avuto figli illustri. Uno di questi, il più famoso è stato sicuramente: Francesco Solimena che è considerato uno degli artisti che ha meglio incarnato la cultura tardo barocca in Italia.
Nacque a Canale di Serino il 4 ottobre 1657. Ragazzo, cominciò a frequentare la bottega del padre, anche lui pittore, a Nocera città della madre. Dal padre, che aveva studiato i quadri di Luca Giordano, imparò l’arte del disegno. La collaborazione durò fino a quando si trasferì a Napoli.
Dai tredici ai ventitré anni eseguì le prime opere con il padre: il Paradiso, nella Cattedrale di Nocera e la Visione di San Cirillo d’Alessandria nella Chiesa di San Domenico a Solofra. In questo primo periodo subì l’influenza del solofrano Francesco Guarino, uno dei pittori più prestigiosi della scuola napoletana della prima metà del seicento e, in seguito, fu attratto dalla pittura scenografica e fantasiosa di Luca Giordano e da quella “tenebrista” di Mattia Preti, ambedue illustri rappresentanti del barocco napoletano. Rispetto ai dipinti di Mattia Preti “il disegno era meno esatto ed il colore meno vero, ma i suoi volti avevano maggiore bellezza”, scrisse un critico contemporaneo. Fu amico e competitore di Luca Giordano, meno singolare di lui nel genio, ma più regolare nell’arte. A Napoli l’affermazione dello stile barocco si divulgò soprattutto per loro merito. Ad essi si ispirò il Solimena fino, poi, a diventare il protagonista di quella fase storica che orientò lo sviluppo pittorico verso un nuovo classicismo, magniloquente ed accademico, che riuscì a fondere, in una nuova enfasi compositiva, l’intonazione luminosa del Preti e lo stile dell’ultimo Giordano. Dal Lanfranco, che considerava il suo maestro, imparò a dosare il chiaroscuro, che più forte agli inizi, scemò nel tempo “piegandolo al facile e al dolce”. Dipinse di tutto: ritratti, storie, paesi, animali, fiori.
Dopo il 1680 l’artista cominciò a distaccarsi dalla pittura naturalistica e progressivamente si accostò al gusto barocco, che esaltò in forme espressive do rilevante bellezza. Aprì, inoltre, anche la strada al manierismo.
Opere di questo periodo sono da ricordare gli affreschi di San Giorgio a Salerno e le tele delle Virtù nella sacrestia di San Paolo Maggiore a Napoli. Nella tela di San Francesco che rinuncia al sacerdozio (Sant’Anna dei Lombardi di Napoli, 1691-92) è evidente l’influsso di Mattia Preti.
Lo stile cambia con le pitture della Chiesa del Gesù nuovo (Eliodoro dal Tempio) e gli affreschi nella Cappella di San Filippo Neri nei Gerolamini.
Nel 1728 una sua tela raffigurante il Cardinale Althann che offre il catalogo della pinacoteca imperiale all’Imperatore d’Austria, “suscitò un vero entusiasmo” ed il Solimena divenne uno degli artisti più corteggiati e meglio pagati. Lavorò per le maggiori corti europee, anche se si mosse poco da Napoli. La sua bottega divenne un punto di riferimento nella cultura tardo barocca ed ebbe molti allievi e discepoli. Fra i tanto è giusto ricordare Paolo Gamba, Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Francesco De Mura e Giuseppe Bonito che conquistarono fama e notorietà.
Suoi dipinti sono nella Chiesa di Santa Maria degli Angeli e nella Chiesa dell’Annunziata di Aversa, nella Reggia di Caserta, all’Aquila, a Teramo, ad Assisi, e nella Galleria Dresda, dove sono conservati numerosi quadri.
Fu anche architetto e suo è il campanile della Cattedrale di Nocera.
Morì a Napoli, nel suo palazzo di Barra, all’età di novant’anni, nel 1747.
 
NINO LANZETTA


Mercoledì 24 Dicembre,2008 Ore: 13:12