Notizie dall’Irpinia - I personaggi
Pasquale Stanislao Mancini.

di NINO LANZETTA

Proseguendo in un’ideale galleria di profili irpini, stavolta ci vogliamo soffermare su Pasquale Stanislao Mancini, illustre figura risorgimentale di giurista e di politico.
Nacque a Castel Baronia nel 1817, lo stesso anno della nascita del De Sanctis, e, per certi versi le loro attività spesso s’incrociarono.
Ebbero in comune l’amor patrio, la dirittura morale ed una grande cultura. Furono i primi, l’uno nel diritto, l’altro nella critica letteraria.
La prima volta le loro vite s’incrociarono, quando parteciparono entrambi ai moti napoletani del 1848 e furono condannati, in contumacia, a pene severissime.
Entrambi si rifugiarono in Piemonte, a Torino, dove ebbero fortune diverse.
Fecero politica coniugandola felicemente con la loro prevalente attività culturale e non ricevendone da essa alcun benessere materiale.
Si ritrovarono a rappresentare in Parlamento posizioni liberali democratiche. Per il resto le loro strade si divisero.
L’uno può essere considerato il padre e l’inventore del diritto internazionale, che con lui acquistò dignità di autonoma disciplina giuridica, l’altro fu il primo e insuperato critico letterario, che diede un assetto unitario e di analisi alla letteratura non solo italiana.
Ma veniamo al Mancini.
Esercitò da giovane in modo brillante l’avvocatura a Napoli e, nel contempo, fece attività giornalistica. Fondò un giornale, il Riscatto che, con i suoi scritti, tentò di spingere il Re Ferdinando II sulla via del liberalismo.
Rifugiatosi a Torino dopo i moti del ’48, fu istituita per lui la cattedra di diritto internazionale. Nel 1851 la sua prolusione sulla “ Nazionalità come fonte del diritto delle genti” ebbe immensa risonanza mondiale. Questa teoria fu la dottrina giuridico-politica del Risorgimento italiano.
Fu deputato al Parlamento nazionale già dal 1860 dopo che lo era stato nel parlamento napoletano. Una seconda volta la sua vita s’ incrociò con quella del De Sanctis. Lo sostituì, infatti, al ministero della pubblica istruzione nel 1862, con il governo Rattazzi, anche se mantenne l’incarico per soli due mesi.
Nel 1872 si trasferì all’Università di Roma. Nel 1873 fu nominato Presidente dell’Istituto di diritto internazionale che aveva sede a Ginevra. Nel 1876 fu ministro della Giustizia nel Ministero Depretis e nel 1881, sempre con Depretis fu ministro degli Esteri.
In quest’ultima veste fu l’artefice principale del Trattato di Alleanza con la Germania e l’Austria che fu stipulato nel 1882 e che prese il nome di Triplice Alleanza e durò fino alla grande guerra del 1914. Il Trattato ebbe carattere squisitamente difensivo e contribuì a fare uscire l’Italia dall’isolamento internazionale. Si trattò di una vera svolta nella politica nazionale del giovane Regno anche se la nuova alleanza con l’odiato regno austro ungarico fu accettata molto a malincuore da larga parte della popolazione, specie delle province di Trento, Trieste e dell’Istria che dovettero frenare le loro aspirazioni di unirsi all’Italia. Inoltre erano ancora dolenti le ferite per la sconfitta di Custoza. I contrasti con la Francia per la questione della Tunisia ( divenuta protettorato francese con il trattato di Bardo del 1881), dove più numerosi dei francesi erano i coloni italiani, e che per la vicinanza costituiva un pericolo alla sicurezza dei confini, portarono ad un mutamento drastico del sistema di alleanze precedenti.
Si dimise da ministro degli esteri nel 1885 per contrasti sulla politica coloniale da lui iniziata con la conquista di Assab.
Prima, nel 1876, era stato ministro della Giustizia. Sotto il suo ministero prese impulso il progetto del nuovo codice penale che, approvato dopo una lunga gestazione e rifacimenti solo nel 1889 è conosciuto come codice Zanardelli, Ministro della Giustizia pro-tempore.
Già nella impostazione del nuovo codice si delineò come linea guida la riforma - sulla scia del Beccaria- la riforma della pena concepita non più come “supplizio” ma come rigenerazione del colpevole.
Ebbe un’attività culturale poliedrica, spaziando dal campo letterario a quello scientifico e filosofico, persino musicale. Aveva il culto della libertà della Patria e della libertà costituzionale. Fu l’astro più fulgido della scienza giuridica dell’800 ed esempio di moralità e di amor patrio.
Anche per merito suo il Risorgimento italiano fu pure targato irpinia.

NINO LANZETTA




Martedì, 08 gennaio 2008