Profili di irpini illustri
GUIDO DORSO

di Nino Lanzetta

 Guido Dorso è un avellinese che ha onorato la sua terra. A sessant’anni dalla morte, nello scorso mese di maggio,  è stato commemorato al teatro Gesualdo alla presenza del Capo dello Stato.

La grande partecipazione popolare, l’interesse che suscitano ancora le sue analisi, la vasta rinomanza nazionale ne fanno uno degli scrittori politici più importanti che abbia avuto l’Italia. Rileggendo oggi i suoi scritti si compie una interessante rivisitazione della storia politica del Mezzogiorno e ci si rende conto che sono validi ed attuali anche ora che la situazione del mezzogiorno sembra profondamente mutata. 

Nel corso della sua breve e non facile esistenza ha affrontato i lunghi anni del fascismo in solitudine ed isolamento,  allontanato dagli studi ed attività che prediligeva  e privo di quei riconoscimenti che meritava.

Con lui Avellino è balzato agli onori della storia nazionale come laboratorio politico. Fino che ha potuto, ha intrattenuto rapporti e scambi culturali con i grandi intellettuali e politici del tempo, da Gabetti a Gramsci, da Giustino Fortunato a Benedetto Croce, da Sturzo a Togliatti.

Quest’ultimo gli offrì una sicura candidatura all’Assemblea Costituente. Non accettò per capeggiare una lista di Alleanza repubblicana in Puglia ed in Lucania, dopo essere uscito dal Partito d’Azione, del quale era stato un esponente di punta, per il venir meno di quel partito all’impegno meridionalista. Riteneva che solo un partito meridionale d’azione “che doveva fatalmente sorgere” poteva concorrere al riscatto del Sud. La sua iniziativa ebbe, purtroppo, scarsa fortuna!

 Quella “rivoluzione meridionale” che sognò e delineò nella sua opera principale fin dal 1925, non si materializzò neanche in occasione delle prime elezioni libere dopo la fine e le macerie del fascismo e della monarchia! Era  già fallita precedentemente, dopo la “conquista “ regia piemontese e il compromesso istituzionale che si era instaurato tra la monarchia sabauda e la vecchia classe politica meridionale, pseudo liberale e trasformista “mostruoso feticcio che l’immobilità del blocco agrario ha alimentato per quasi un secolo di vita unitario” (La Voce, Napoli, 19.11.44) e che fu tenuta in piedi dal “sistema” giolittiano.

Per un’effettiva rinascita del Mezzogiorno d’Italia ed il suo riscatto dallo sfruttamento del Nord  riteneva che occorresse una “autonoma” volontà meridionale azionata da una classe politica capace di una rivoluzione.

“ Ma esiste una nuova classe politica nel Mezzogiorno? Esistono cento uomini d’acciaio, col cervello lucido e l’abnegazione indispensabile per lottare per una grande idea? Oppure la nostra dolce terra perderà un’occasione unica più che rara, e continuerà il suo duro martirio al seguito della tradizionale miserabile classe politica meridionale, dopo che questa si sarà salvata da un naufragio per l’assoluta impotenza della nostra terra ad esprimere nuove energie politiche?” (Ruit hora, 13.11.43).

Come doveva essere la nuova classe politica meridionale? Sull’Azione, quotidiano di Napoli che dirigeva, così scriveva il 2.7.45: “Perciò questa nuova classe politica meridionale, che dovrà razionalmente innestarsi nella grande classe politica nazionale…dovrà esserne la sezione più agguerrita, più vitale, perché nelle nostre regioni, attraverso la predicazione meridionalista, si dovrà necessariamente pervenire ad istituire per la prima volta nella sua interezza la lotta politica moderna” (L’Azione, 2.7,45). Riteneva l’arretramento del Meridione conseguenza della “insufficienza civile e politica della classe politica meridionale e l’incapacità del popolo di rinnovarla” ( Nuovo Risorgimento, Bari 20.4.45).

Una nuova classe politica meridionale è stato il sogno irrealizzato di un grande scrittore e di un patriota del Sud!

La nostra classe politica, salvo poche eccezioni – come Fiorentino Sullo e pochi altri che non sono stati seguiti né dai discepoli né dalle masse- ha continuato per la strada del “trasformismo”, del clientelismo, del personalismo e dell’assistenzialismo pensando più a a gestire il potere, che a rinnovarsi. Poco proclive ai superiori interessi del Mezzogiorno che pure ha rappresentato e tuttora rappresenta anche in importanti ruoli nazionali. Lo stato di degrado morale, culturale ed economico della Campania, come quello della Calabria, della Sicilia e della Puglia, la situazione della sanità o l’invereconda gestione della emergenza rifiuti, il permanere se non il rafforzamento di una mai combattuta criminalità (Mafia/ Camorra) hanno finito per aumentare il distacco Nord Sud e ridurre la speranza dei cittadini, che si allontanano dalla politica e dei giovani che hanno cominciato ad emigrare.

E come l’emigrazione del secolo scorso, con le enormi rimesse di denaro e i risparmi postali, ha finanziato l’industrializzazione del Nord così l’emigrazione dei giorni nostri, soprattutto dei giovani, privando il sud di risorse indispensabili per il proprio sviluppo, finisce, ancora una volta, per favorire il nord.

Scriveva Dorso nella Rivoluzione meridionale: “ No il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia: non chiede aiuto, ma libertà. Se il Mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, con la sua libera iniziativa e seguendo l’esempio dei suoi figli migliori, tutto sarà inutile, perché paternalismo e trasformismo sono facce dello stesso fenomeno, e dopo il rinnovellato trionfo del primo, il secondo rifarebbe capolinea”. Idee di una validità impressionante!

Purtroppo esiste ancora oggi una questione meridionale i cui nodi dipendono, ancor oggi, dalla classe politica meridionale. Per Dorso – ed è vero ancora oggi- “La questione italiana è… la questione meridionale, e la rivoluzione italiana sarà la rivoluzione meridionale….Se il popolo meridionale è finalmente compreso della necessità di fabbricarsi da se stesso il proprio destino e di abbandonare la triste abitudine di attendere dalla Provvidenza divina o dal governo la carità..” ( La rivoluzione meridionale) Altro che economia assistita, protezionismo, assistenzialismo, Cassa per il Mezzogiorno, Fondi europei! Sentite cosa scriveva a proposito dei Lavori pubblici nel Corriere dell’Irpinia del 15.6.1925: “ A cosa serve, infatti, la politica dei lavori pubblici in Italia se non a creare nuova fonte di corruzione politica e a rinsaldare il traballante dominio dei trasformisti meridionali, senza riuscire a produrre quei rimedi finanziari atti a modificare come che sia la struttura economica e sociale delle regioni del Sud?” Lo riscriverebbe oggi con le stesse parole! Rinunzia alla politica dei sussidi lotta alle industrie protette e parassitarie “…interessi padronali ed interessi operai, si saldano ancora una volta ai danni del Mezzogiorno. I padroni tentano di salvare le aziende, gli operai lottano per non perdere i salari e fino a quando non ci saranno partiti disposti a sollevare pietosamente questo velo, tutta l’agitazione sulla Questione meridionale suonerà falsa, tutto il meridionalismo apparirà una nuova e più raffinata etichetta per nascondere il nuovo contrabbando. E’ la sostanza del trasformismo vecchio stile che continua… Qui è il fulcro del problema e il Mezzogiorno lo deve sapere, per non essere nuovamente indotto a cadere sotto l’influenza politica di quei partiti nei quali si annidano gli industriali parassitari, o di quelle altre formazioni, perfettamente equivalenti, che non riescono a superare sul piano nazionale le esigenze particolariste degli operai protetti (da L’Azione del 19.10.45). Sembra scritto ieri!

Invitava a combattere il personalismo e il trasformismo, ad educare le masse, dando coscienza agli umili trasformandoli “da oggetto inconsapevole del vecchio baratto trasformista in soggetto della politica autonomista”. Rendendoli cioè protagonisti del loro futuro, inteso in senso collettivo, e della democrazia non antagonisti o in competizione con lo Stato o con le Istituzioni, come, purtroppo, sta avvenendo con le rivolte popolari guidate dai Sindaci contro le discariche che nessuno vuole e non fa nulla per evitarle.

E la rivoluzione non si poteva fare senza i giovani! “ Ma appunto perciò occorre che i giovani, i quali hanno già dato qualche segno di non voler seguire le linee di sviluppo della tradizione dei padri, escano dallo stato di fatalismo, che incombe sulle anime meridionali, per dimostrare che le élite del sud non sono costituite soltanto da speculatori geniali capaci di anticipare di secoli le grandi scoperte del pensiero umano, ma sono costituite anche da uomini d’azione, capaci altresì di compiere il miracolo di svegliare un popolo di morti” ( Rivoluzione meridionale) E ancora: “Ma se la gioventù meridionale- questa miserabile (nel senso di povera n.d. r.) gioventù così assetata di giustizia e di verità- spronata dalla miseria, che è divenuta pungente, e avvilita da tante sventure, non sentirà il pungolo della resurrezione e riprenderà, triste e scorata, la dolorosa via dei piccoli impieghi e della dedizione allo Stato violento e accentratore, allora anche i pochi semi che sono nati per caso sull’arido terreno del Mezzogiorno saranno sommersi, e nuovi sistemi di compressione e di sfruttamento risorgeranno dalle ceneri ove ora sembrano sepolti” ( La Rivoluzione Meridionale). Come si sta puntualmente verificando.

La rivisitazione di Guido Dorso potrebbe servire, se non altro, a promuovere ed accrescere la rivoluzione morale e culturale che è premessa per quella economica!

NINO LANZETTA



Lunedì, 16 luglio 2007