IN IRPINIA FINISCE L’ERA DE MITA !

di NINO LANZETTA

IN uno storico congresso provinciale della DC, che si tenne il 31 marzo 1969, Ciriaco De Mita scalzò dal potere e dal partito Fiorentino Sullo.
Giustificò quell’operazione contro la “dittatura” Sullo affermando che “ l’obbiettivo di noi giovani, che non condividevamo completamente il modo di fare politica dell’On. Sullo era di far crescere una nuova classe dirigente” ( A.Levi, a cura di, De Mita intervista sulla DC, Laterza, Bari 1986, pag. 111). Da quel congresso ebbe inizio l’era De Mita.
Da allora sono passati quasi cinquanta anni di potere indiscusso in Irpinia , di successi nazionali: segretario politico della DC, presidente del Consiglio, undici legislature e 45 anni di attività parlamentare.
In tutti questi lunghissimi anni , in Irpinia, però, non è stata creata alcuna nuova classe dirigente, perdurando ancora, Padreterno permettendo, quella creata da Fiorentino Sullo.
De Mita, onusto d’anni e d’età, vuole stare ancora sulla scena da protagonista operativo, e, sdegnato ed offeso, sbatte la porta al partito che pure aveva contribuito a creare, perché non gli danno la candidatura alla quale egli crede di aver diritto per la sua intelligenza e cultura politica.
Fa di più. Medita vendetta e, contraddicendo la sua storia ed il suo passato, come hanno fatto tanti altri che non alla sua altezza, fa il salto della quaglia e si candida nell’unione di centro di Casini. Lavora contro, con lo scopo di togliere voti al suo ex partito e incurante che il suo gesto getta scompiglio tra gli elettori e lacera un tessuto di rapporti e di relazioni che in questa provincia, proprio per il diffuso clientelismo ed assistenzialismo, ha fatto della politica più un fatto di relazioni e fedeltà personale che di idee, legando indissolubilmente al rapporto politico alla fedeltà al capo che decide per tutti.
L’appiattimento è generalizzato e desolante. Ed è il risultato di troppi anni di potere e di favoritismi, di clientelismi, di nepotismi , di ingiustizie che ha la sola attenuante di essere praticato da tutti i partiti, compresi quelli che si dicono di sinistra.
Peccato che i commentatori locali, delle televisioni e dei giornali, non abbiano messo in evidenza che questo stato di cose, il degrado, il sottosviluppo e l’arretratezza è il risultato di cause ben note e della responsabilità di una classe politica mai, di fatto, rinnovata, autoreferenziale e che si crede insostituibile.
Gli addetti all’informazione sono, invece, più alla ricerca della notizia, degli inciuci e dei pettegolezzi, che delle cause e dei perché dei fatti e gli stessi fatti sono ricostruiti, spesso, sulle dichiarazioni degli interessati.
La vicenda De Mita, per l’Irpinia è un fatto eccezionale che cambia la storia di questa provincia.
Con la sua uscita dal partito democratico e la confluenza nel centro di Casini e Tabacci, si chiude inesorabilmente l’era di De Mita, sia che venga eletto sia che non venga eletto.
Strana parabola questa, di un personaggio che ha segnato, nel bene e nel male, le sorti dell’Italia della prima Repubblica, e che ad ottanta anni ricomincia daccapo, a fianco di personaggi che potrebbero essere suoi discepoli, e che, fino a qualche ora fa, ne hanno detto peste e corna. Come si troverà con Pionati e con una generazione di dirigenti regionali e provinciali che non sono cresciuti alla sua corte e che con lui sono stati così criticamente impietosi? Il senatore Pionati, per anni lo ha additato come il responsabile unico del degrado dell’Irpinia! Come giustificherà la sua nuova posizione di schieramento con un Casini che, ha sempre combattuto da posizione di sinistra, lui che ha proposto il patto costituzionale con i comunisti già negli anni settanta ? Che, dopo la fine della prima Repubblica, ha contribuito al superamento e alla fusione dei vari riformismi prima nella Margherita e poi nel Partito democratico? Che si è dichiarato sempre ostile ad un capitalismo selvaggio e distruttivo dell’ambiente e delle risorse come quello incarnato da Berlusconi? Come si troverà in un partito che, fino ad ieri è stato fedele alleato di Berlusconi e che, al massimo vuol proporre un’edizione ammodernata e corretta della teoria dei due forni? E se Casini dovesse far confluire i suoi voti su Berlusconi, lo seguirebbe?
Suvvia! La storia del bipartitismo non si affronta cambiando partito, ma contribuendo, con la forza delle riflessioni e delle analisi (che sono, quelle sì degne d’attenzione e di approfondimento) alla formazione di una nuova cultura politica che deve pur nascere,dopo l’ubriacatura del nuovismo, dei concetti della mercatistica e dell’antipolitica che proprio Berlusconi porta con sé e sono parte integrante del suo patrimonio genetico.
Per l’Irpinia è in ogni modo finita un’epoca ed il quadro politico, che emergerà nei prossimi mesi, sarà profondamente diverso.
De Mita è rimasto arroccato al potere, soprattutto quello provinciale, nella consapevolezza che in Irpinia e nel Partito democratico non si può fare a meno di lui, della sua intelligenza e del suo cervello e che lui con i guai dell’Irpinia non c’entri proprio nulla. E dai comportamenti sembra che ci credano anche molti dei suoi sostenitori. Che se non fosse così, poverini, ci sarebbe da avere comprensione ed indulgenza per i giorni di ambasce, di tormenti, che stanno vivendo, nel dubbio di una scelta tra il dovere della riconoscenza o della preminenza delle proprie convinzioni.
A meno che non sia avvenuta una folgorazione collettiva … sulla via dell’UDC o una riflessione collettiva e democratica, finita ai voti, che le cronache non riportano!
Volerla mettere, poi, in politichese, e giustificare con argute disquisizioni e analisi politiche un gesto, singolo prima, collettivo dopo a poche ore dalla negata candidatura, contraddice l’intelligenza non solo dei protagonisti ma anche degli stessi elettori.
Il racconto degli avvenimenti, la loro chiave di lettura, i giudizi, le dichiarazioni dei politici, dei commentatori televisivi e di molti di coloro che scrivono sui giornali locali, le strumentalizzazioni elettorali assumono anomala rilevanza in un contesto ed in un ambiente, quello irpino, dipendente e condizionato da interessi politici ed economici. Al quale contesto hanno contribuito, con eguale responsabilità, non solo i partiti della destra prima e della Democrazia cristiana poi, ma, negli ultimi anni, anche da quei partiti che si dicono di sinistra, dagli stessi sindacati, da una certa cultura e, purtroppo, talvolta, dalla stessa Chiesa che ha dato, talvolta, l’impressione di stare più con i forti, i politici e gli uomini delle istituzioni, che con i deboli.

NINO LANZETTA



Domenica, 09 marzo 2008