INTERVISTA
Jean Baubérot: "Una laicità dinamica in una società plurale"

a cura di Gianna Urizio, regista della rubrica di RAIDUE “Protestantesimo”

Roma (NEV), 1 ottobre 2008 - Dal 22 al 25 settembre si è tenuto un incontro su “Religioni e laicità nella società post-secolare” organizzato dalla Summer School Internazionale “Duccio Garimberti” di Cuneo (vedi NEV 39/08). Tra i relatori Jean Baubérot, protestante, professore emerito di sociologia delle religioni alla Ecole pratique des hautes études di Parigi, che recentemente ha pubblicato un pamphlet dal titolo “La laicità spiegata al Signor Sarkozy (e a coloro che scrivono i suoi discorsi)”. Abbiamo approfittato dell’occasione per rivolgergli qualche domanda sulla laicità.

Professor Baubérot, come mai una ironica discesa in campo su un tema che in questi giorni appassiona non solo i filosofi o i sociologi?
Il presidente Sarkozy, nei suoi numerosi discorsi, ha proposto una visione dispregiativa della laicità che a mio avviso ha rivelato un’idea imprenditoriale dello Stato, come se la società e la nazione stessa fossero un’impresa. In questo quadro, lo Stato si occuperebbe della gestione economica, mentre delegherebbe le questioni di senso alla religione. C’è bisogno invece di preservare dei valori comuni che in una società plurale non possono che essere laici, cioè valori che siano normativi rispetto alle diverse convinzioni e visioni; valori che accolgano le diverse religioni e convinzioni senza privilegiarne alcuna. In questo caso è stato privilegiato il cattolicesimo a svantaggio di altre convinzioni religiose o non religiose.

In Italia si parla spesso di “laicità alla francese” di cosa si tratta esattamente?
La laicità, mi riferisco alla legge del 1905, è un equilibrio tra il riconoscimento della libertà di coscienza e della libertà di culto. La Repubblica garantisce questa libertà di culto ma nello stesso tempo afferma che non esiste alcuna religione ufficiale; la religione non è al servizio del pubblico, le religioni sono un fatto privato, da intendersi non in forma riduttiva, ma nel senso che la religione è una scelta personale di ciascun cittadino. Questa è la laicità. La laicità dunque consiste nell’affermazione che nessuna chiesa è ufficiale e tutte hanno il diritto alla libera espressione.

Le nostre società sono notevolmente cambiate dal 1905. E’ ancora possibile riproporre l’idea di laicità di allora?
E’ vero, oggi le nostre società sono molto più articolate e ci sono delle posizioni molto divergenti, e quindi è davvero necessario in quanto cittadini e cittadine avere un’etica della responsabilità per costruire una morale condivisa. Una morale del bene comune, naturalmente mantenendo ciascuno le proprie convinzioni. Ad esempio la legge sull’aborto in Francia, che ovviamente non obbliga nessuno ad abortire, riconosce anche l’obiezione di coscienza dei medici che in base alla loro coscienza non vogliono effettuare gli aborti. E’ quindi una legge laica perché da un lato separa le norme religiose dalla legge civile, ma nello stesso tempo è una legge che riconosce l’obiezione di coscienza. Dunque la laicità è tanto più necessaria quanto più la società è plurale. Di fronte alle nostre società sempre più plurali, la laicità si deve rinnovare ed evolvere non contro le religioni, ma in uno spirito di responsabilità di ciascun cittadino e del potere politico, cui compito è quello di trovare dei valori condivisi nella società.

E’ per questo che qualcuno oggi parla di “laicità aperta”?
Non sono contrario ad aggiungere degli aggettivi al termine “laicità” ma a patto di non svuotare in tal modo il sostantivo, l’idea stessa di laicità. Quando si dice “laicità aperta” cosa si vuole sottolineare? Se con questo termine si sottolinea solo l’apertura alla religione non sono d’accordo, se è un modo per qualificare la laicità, perché no? Se si vuol dire che la laicità dev’essere dinamica, non arcaica, sono assolutamente d’accordo, a condizione di non mettere tra parentesi la sua stessa essenza.

Prendiamo un recente caso eclatante della società francese: il divieto, in nome della laicità, per le ragazze musulmane di portare il velo a scuola. Lei cosa ne pensa?
Ho fatto parte della commissione che ha preparato la legge, sono stato contrario a questa misura perché in questo caso mi è sembrato che la laicità si trasformasse in una forma di religione civile. Quello che la laicità deve esigere - e che ha fatto per anni - è che le ragazze che portano il foulard lo portino in maniera discreta, non ne facciano strumento di proselitismo all’interno delle scuole e che non abbiano quindi un atteggiamento aggressivo nei confronti di quelle musulmane che non portano il foulard. Effettivamente ci sono stati dei problemi, dei conflitti nelle scuole, e si è pensato di risolvere il problema con questa legge. Credo che si sia trattato di una scorciatoia e spero che quando la situazione internazionale sarà meno dura la legge venga modificata.

I protestanti sembrano più favorevoli alla laicità come mai?
Effettivamente i protestanti francesi hanno giocato un ruolo importante nell’elaborazione della laicità. Credo che il protestantesimo possa essere disponibile nei confronti della laicità perché i suoi presupposti sono fondati sulla fede in Gesù Cristo e la sua etica è fortemente legata a questa fede, e quindi non può essere imposta a tutti gli esseri umani credenti o non credenti. Nel cattolicesimo, al contrario, la difficoltà nasce con la sua concezione di morale naturale, diritto naturale indicati dalla chiesa cattolica. Si afferma così la sacralizzazione dell’istituzione che rende più difficile accettare la pluralità, il fatto cioè che la gente possa avere diverse morali a seconda delle proprie convinzioni o filosofie. In un quadro di laicità la gente può seguire le proprie convinzioni filosofiche, avere morali diverse, ma è obbligata a trovare dei valori condivisi, e nello stesso tempo sapere che i propri valori non possono coinvolgere la totalità degli esseri umani perché in una società democratica ciascuno ha la sua libertà. Quindi indubbiamente c’è un contrasto tra la posizione cattolica, per lo meno quella ufficiale, e la laicità. Ma in Francia si riesce a gestire bene questo dissenso e in generale i cattolici sono ben integrati nella cultura della laicità francese.



Domenica, 05 ottobre 2008