QUESTO 25 GENNAIO 2008
Una chiesa «altra» esiste già: basta farla vivere!

di Alberto B.Simoni

25 gennaio 2008: un giorno che porterebbe ad altre amare costatazioni e considerazioni su insensatezze e macchinazioni politiche di “Quaquaraquà” di parte, più che di partito. Ma bisogna non arrendersi e ritrovare motivazioni sempre nuove! Saper guardare altrove, per non lasciarsi divorare da “rabbie” sterili!
Oggi, ad esempio, la Chiesa celebra la “conversione di S.Paolo”, un evento esterno ad essa, che deve accoglierlo anche suo malgrado, come superamento di se stessa e sconfinamento da se stessa, per entrare nel mondo degli uomini.
È la data di nascita di una “Chiesa dei Gentili”, non tanto per volontà della chiesa nascente ed esistente, quanto per decisione ed intervento del suo unico Signore, che la fa nascere a Damasco così come in seguito ad Antiochia: la chiesa di Gerusalemme sarà costretta a prenderne atto e Pietro a stringere la mano a Paolo!
Ed è quanto ci porta a dire che una Chiesa “altra” esiste già, così come in ogni città degli uomini c’è un popolo numeroso nascosto da chiamare alla luce, la luce delle genti (Lumen gentium): è uno spazio aperto e libero, nel quale il vento dello Spirito soffia dove vuole. E non a caso il 25 gennaio è anche la data dell’annuncio del futuro Concilio nella Basilica di S.Paolo, di quell’evento che avrebbe dovuto portare una ventata d’aria fresca nella Chiesa costituita.
Sono semplici accenni, che però ci fanno credere - nel senso più vero della parola - che una “Chiesa dei Gentili” esiste già, prima ancora che sia fatta oggetto di riflessioni e di dibattiti: è la riscoperta e la consapevolezza di un modo di essere, che diventa responsabilità e impegno di confronto e di convergente obbedienza a Cristo da una parte e dall’altra. Di conseguenza, sentirsi parte viva della “Chiesa dei gentili” diventa un modo di vedere, di pensare e di vivere gli avvenimenti e le situazioni.
Tra i fatti rivelativi di modi diversi di “fare chiesa” - quasi una cartina tornasole - possiamo prendere ancora una volta il mancato incontro del Papa alla “Sapienza”: nell’ottica di una “Chiesa dei Gentili” viene spontaneo fare un parallelo con la visita di Paolo all’Areopago di Atene con successivo abbandono: Paolo, nella sua ansia di farsi tutto a tutti, tenta la via filosofica alla fede, ma si lascia guidare dagli eventi, per capire che deve affidarsi alla “stoltezza della predicazione”, senza presumere di conoscere altro se non il Cristo e questi crocifisso, facendo capire che la verità del Vangelo non serve per andare in soccorso alla pura ragione umana e non deve chiedere aiuto a questa, ma può solo attivarla e dischiuderla ad un rapporto personalizzato col Verbo di Dio fatto carne, in cui c’è pienezza di grazia e di verità.
Un’analisi dei fatti e dello stesso discorso “non fatto” ma discusso di Benedetto XVI è stata presentata nel “Forum 81”. Ma ciò che preoccupa non è che una mancata “lectio magistralis” venga discussa, semmai che venga presa come dottrina “papale”, quando ad esempio il card. Bagnasco, nella sua prolusione al Consiglio permanente della Cei, evoca la “fiducia nella forza della ragione aperta alla verità”, innescando un processo deduttivo ma ambiguo, per non dire equivoco, proprio a proposito di “verità”. A tutto danno della “predicazione del Vangelo” così come Paolo l’ha intesa e vissuta e ad apparente vantaggio di una “dottrina su Dio” che fa da contrafforte a posizioni di ordine etico e sociale che sono più paletti che segnali di marcia.
È lecito chiedersi - sempre dal punto di vista di un Vangelo che è potenza di Dio per la salvezza di chiunque creda - se una Chiesa che parla di un Paese e ad un Paese “sfilacciato, frammentato al punto di apparire ridotto addirittura a coriandoli”, si proponga poi come ricettacolo di quanti rappresentano questa fantasmagoria di colori, di suoni e di voci (si pensi a Piazza S.Pietro del 20 gennaio e alle variegate presenze) e sembri avallare o favorire operazioni disgregatrici debitamente benedette, o presunte tali. Con gli esiti che sappiamo, naturalmente per il bene supremo del Paese!
Ecco il punto: non mancano neanche oggi manifestazioni ed espressioni di chiesa, che sono sì della chiesa di sempre e di tutti, ma sono anche del tutto diverse da quelle che vengono regolarmente e ripetutamente proiettate come chiesa di potenti quando non di potere, come chiesa dominatrice più che serva, come chiesa custode della dottrina della fede prima che credente…
Se teniamo presente che il punto di intesa e di convergenza tra tutte le chiese - il vero banco di prova comune - è “ricordarsi dei poveri”, possiamo rallegrarci che a questa istanza ci riporti il neo-eletto Generale della Compagnia di Gesù Adolfo Nicolas, che nella sua omelia dice espressamente: “Ieri, dopo l’elezione, dopo il primo shock, è venuto un momento di aiuto fraterno, e tutti voi mi avete dato un saluto molto generoso, offrendo appoggio e aiuto, e uno di voi mi ha detto, quasi in un sussurro: «Non ti dimenticare dei poveri». Forse questo saluto è il più importante, come ha fatto Paolo con le chiese più ricche, ricordando loro i poveri di Gerusalemme. «Non ti dimenticare dei poveri»: queste sono le nostre nazioni. Queste sono le nazioni per cui la salvezza è ancora un sogno, un desiderio. Forse essa è già fra loro; io credo che sia già fra loro, però non la sentono ancora”.
Il riferimento è alle parole di Paolo nella lettera ai Galati, a cui è bene tornare spesso come al luogo fondante di un “Vangelo per i non circoncisi” di cui Paolo è apostolo per i pagani in maniera diversa da Pietro: “Da parte dunque delle persone più ragguardevoli - quali fossero allora non m’interessa, perché Dio non bada a persona alcuna - a me, da quelle persone ragguardevoli, non fu imposto nulla di più. Anzi, visto che a me era stato affidato il vangelo per i non circoncisi, come a Pietro quello per i circoncisi - poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani - e riconoscendo la grazia a me conferita, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Barnaba la loro destra in segno di comunione, perché noi andassimo verso i pagani ed essi verso i circoncisi. Soltanto ci pregarono di ricordarci dei poveri: ciò che mi sono proprio preoccupato di fare” (Gal 2,6-10).
Davanti a manifestazioni e dichiarazioni così esplicite - “e riconoscendo la grazia a me conferita” dice Paolo - non si può omologare tutto in termini di potere giurisdizionale, ma va riconosciuta la diversità di carismi, di vocazione, di missione, di destinazione e di scelte. E non si pensi che sia del tutto indifferente ritrovarsi da una parte o dall’altra, come del resto ci dimostra l’omelia di P.Alfredo Nicolas che riportiamo volentieri di seguito.

Alberto B.Simoni


Articolo tratto da:

FORUM (82) Koinonia

http://www.koinonia-online.it



Sabato, 26 gennaio 2008