La pubblicazione di alcuni recenti documenti cattolici spinge il SAE a ripensare una volta di più al Concilio Vaticano II come riferimento fondamentale per la propria storia e della propria esperienza. Tutte le componenti confessionali dellassociazione riconoscono, infatti, che senza di esso la vocazione ecumenica non avrebbe potuto svilupparsi nella Chiesa Cattolica nei modi e nelle forme degli ultimi decenni. Riconosciamo, dunque, nel Concilio un grande dono di Dio, che ha reso possibile lavvio di un percorso in precedenza precluso: non una rottura, ma una reale novità, suscitata dallo Spirito nella storia della Chiesa. Il SAE è associazione interconfessionale: non si pone al di sopra o al di fuori delle identità confessionali, ma nel rispetto di esse, a servizio delle Chiese, per la maturazione di una spiritualità ecumenica che sostenga un cammino verso la comunione. Nella propria storia il SAE ha vissuto e vive lecumenismo come incontro tra credenti, come ascolto reciproco, come dinamica di comunicazione che cerca la condivisione. Sono le stesse prospettive riconosciute per la prima volta dal magistero cattolico nel decreto conciliare Unitatis Redintegratio, che si è riferito al movimento ecumenico come ad unespressione significativa per il nostro tempo del sapiente disegno di grazia del Signore dei secoli (cf. UR 1b). Ad oltre quarantanni dallo stesso Concilio ed a quasi sessanta dalla fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese, ci rendiamo conto che i frutti dellesperienza ecumenica che già viviamo non ne esauriscono le prospettive: esse sono ancora dinanzi noi, come oggetti di impegno e di speranza. Vivere il dialogo ecumenico, infatti, significa sperimentare la presenza dello Spirito, che illumina e sostiene lesperienza di tutti i cristiani e delle chiese di cui sono membri; significa scoprire la forza vivificante che si esprime nel Vangelo da esse annunciato e nei loro sacramenti, come nella qualità della comunione che le abita. Nel dialogo, cioè, si tocca con mano la ricchezza della presenza del Signore nelle diverse chiese che ne confessano il nome e delle quali - lo crediamo profondamente - Egli si serve per lannuncio della sua Parola. Riconoscerlo è confessare la potenza dello Spirito, la sua novità che si manifesta in forme diverse. Per questo non possiamo non condividere il turbamento prodotto in numerosi ambienti ecumenici dalle recenti Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa emanate dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. È vero che esse si presentano come riaffermazioni del tradizionale magistero cattolico, riprendendo testualmente enunciati dei documenti conciliari Lumen Gentium e Unitatis Redintegratio. È altrettanto vero, però, che un medesimo enunciato può assumere significati diversi in rapporto al contesto ed allorizzonte intenzionale in cui è inserito. Le Risposte, nel “precisare il significato autentico” dei testi conciliari, ne orientano di fatto loriginaria apertura di senso ad uninterpretazione esclusiva e vincolante. Considerate in questottica, esse, proprio mentre si riconnettono letteralmente al Concilio, contribuiscono a smorzarne la corrente ed il corso della recezione, quale si è espressa tra laltro nei numerosi dialoghi cui anche la Chiesa Cattolica ha partecipato. Quanto, infatti, nei documenti conciliari esprime il gioioso riconoscimento della presenza dei doni di Cristo e dellazione dello Spirito anche al di fuori della Chiesa Cattolica, ora sembra invece riproposto per definirne più fermamente i confini. Le nostre preoccupazioni assumono maggior forza nel momento in cui le Chiese dEuropa si preparano per la III Assemblea Ecumenica Europea di Sibiu, dalla quale il movimento ecumenico spera rinnovato slancio per il proprio cammino. La luce di Cristo che illumina tutti, guidi la Sua Chiesa allaccoglienza fedele delle novità dello Spirito.
Chianciano, 31 luglio 2007
Il Presidente e il Comitato Esecutivo del SAE
Mercoledì, 01 agosto 2007
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