Roma (NEV), 30 aprile 2008 - In Italia non si legge molto la Bibbia, ma in parecchi vorrebbero che si studiasse a scuola. Il dato emerge da una ricerca commissionata dalla Federazione biblica cattolica e condotta dalla GFK-Eurisko, intitolata "La lettura delle Scritture in alcuni Paesi", e presentata lunedì 28 aprile durante una conferenza stampa in Vaticano. Si tratta di unindagine di respiro internazionale che si è svolta su un campione di 13mila intervistati, la quale esamina il rapporto che la popolazione adulta ha con la Bibbia in alcuni paesi (Stati Uniti dAmerica, Regno Unito, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Francia, Italia, Polonia, Russia). In Italia un buon 75% ha una Bibbia in casa, ma solo il 27% lha letta negli ultimi 12 mesi (negli Stati Uniti sono il 75%). Di conseguenza scarsa anche la conoscenza: solo il 14% degli italiani intervistati ha risposto correttamente ad alcune domande di base, come: i Vangeli sono parte della Bibbia? Gesù ha scritto libri della Bibbia? Chi tra Mosé e Paolo era un personaggio dellAntico Testamento? Chi ha scritto un vangelo tra Luca, Giovanni, Paolo e Pietro? E il 38% non sa dire i nomi dei quattro evangelisti. Gli italiani invece di leggere la Bibbia - la apre il 16% del campionario - preferiscono ascoltare unomelia o una predica (31%) oppure seguire una trasmissione televisiva di argomento religioso (23%). Fin qui i dati. LAgenzia stampa NEV ha chiesto a Daniele Garrone, presidente della Società Biblica in Italia, nonché decano della Facoltà valdese di teologia a Roma, di commentarli: “In Italia la Bibbia si legge meno che in altri paesi perché pesante è leredità del passato. Per secoli, e in particolare a partire dal XVI, la lettura della Bibbia nella lingua quotidiana è stata vietata al popolo dallautorità cattolico-romana. Soltanto a partire dal Concilio Vaticano II, cioè da pochi decenni - un lasso di tempo minimo sullo sfondo di un sequestro secolare - è stato finalmente concesso a tutti i laici di possedere e leggere una Bibbia nella loro lingua. Questa è senza dubbio una svolta epocale e le sue conseguenze sono tangibili, anche e proprio nella dimensione ecumenica”. Dalla ricerca Eurisko emerge che in Italia il 62% è totalmente o abbastanza daccordo con linsegnamento della Bibbia nelle scuole, mentre il 26% è decisamente contrario. Secondo Garrone la scuola ha la grande responsabilità di “recuperare la storia delle ripercussioni della Bibbia nellinsegnamento dellarte, della filosofia, della letteratura, della storia e persino della scienza. Un compito arduo, che sarebbe errato delegare allinsegnamento religioso confessionale”. Quella che secondo Garrone invece è ancora pressoché sconosciuta in Italia è la postura emersa dalla Riforma protestante, per cui “il cristiano è un essere libero e responsabile che affronta la vita Bibbia alla mano, non attendendo direttive dallalto o piegandosi a indicazioni della gerarchia, magari disattendendole, ma senza mai contestarle”. Guardando ai risultati della ricerca nel loro insieme, non stupisce allora che “dove questa postura si è diffusa, le chiese hanno favorito lalfabetizzazione e la scolarizzazione; la Bibbia ha permeato - anche con letture errate, certo - la modernità, come è evidente ad esempio dalla storia e dalla letteratura della Gran Bretagna e degli Stati Uniti o della Germania e dei Paesi Bassi. Da noi, la Bibbia è rimasta il libro assente e ciò che essa ha creato altrove è una dimensione perduta per gli italiani”, ha concluso Garrone.
Mercoledì, 07 maggio 2008
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