La Bibbia fa paura?

di Eric Noffke, pastore valdese

È significativo e nuovo che anche la chiesa cattolica abbia commissionato un’indagine sulla conoscenza della Bibbia in alcuni paesi occidentali (condotta dalla GFK-Eurisko), tra cui l’Italia. Come già tre anni fa aveva evidenziato una ricerca simile, commissionata questa volta dalla Tavola valdese, anche qui appare chiaro che gli italiani non conoscono il testo sacro del cristianesimo. I dati presentati fanno riflettere.
Il primo elemento da evidenziare, a mio parere, è che l’indagine è stata commissionata dalla Federazione biblica cattolica in vista del Sinodo dei vescovi italiani. Il fatto stesso e, direi soprattutto la circostanza, potrebbero costituire un segnale finalmente positivo per il dialogo ecumenico in un tempo segnato da una generale chiusura delle gerarchie vaticane al mondo protestante. La Bibbia è un terreno comune tra le chiese e le due persone che hanno sostenuto questa ricerca lo sanno bene: si tratta di Gianfranco Ravasi e di Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della cultura il primo, vescovo di Terni e anche presidente della Federazione biblica cattolica il secondo. Loro la Bibbia la conoscono e sanno che su di essa è possibile trovare uno spazio di incontro veramente ecumenico.
A livello generale, i risultati dell’indagine Eurisko suscitano alcune riflessioni. Il dato incoraggiante è che il 75% dei nostri concittadini possiede una Bibbia, fatto molto positivo e per nulla scontato, vista l’eredità storica italiana... Il dato deprimente è che, apparentemente, questo libro rimane a prendere polvere sullo scaffale: solo il 27% dei nostri concittadini la legge, almeno occasionalmente, e la percentuale scende al 14% quando si verifica se di essa si abbia una conoscenza anche minima. Evidentemente, invece di parlare tanto di radici cristiane dell’Europa, si dovrebbe spendere qualche energia in più per migliorare la qualità del cristianesimo attuale.
Un altro dato importante tra quelli rilevati è che il 62% degli interpellati in Italia è favorevole all’insegnamento della Bibbia nella scuola. L’idea è ottima, ma non è certo nuova: l’associazione laica Biblia, che si prefigge appunto la diffusione della conoscenza delle Scritture cristiane, da anni ha lanciato questo progetto. Viene da chiedersi se davvero la Bibbia entrerà nei programmi di studio della scuola pubblica. Francamente non lo credo, e per una ragione fondamentale: la Bibbia fa paura, Omero no. Non per nulla essa è vietata ancora in diversi paesi del mondo. Fa paura, perché nella Bibbia parla la voce del Dio vivente. Fa paura perché può cambiare la vita di uomini e donne. Fa paura, perché la Bibbia non può essere controllata e resta lì, a metterci costantemente in questione. E non sono solo i poteri “di questo mondo” a temerla: le chiese stesse sono le prime ad averne paura o ad essere messe in imbarazzo da questo libro, che le esamina e le chiama a rendere conto della loro fedeltà all’evangelo.
Se davvero si riuscisse a portare la Bibbia nelle scuole (chi sia a portarla non fa differenza, perché la Bibbia si sa difendere da sola!), si sarebbe fatto un gran passo in avanti. Il fatto che la chiesa cattolica abbia commissionato e pubblicizzato questa indagine, dando spunto ad una riflessione pubblica sul tema “Bibbia” è un segnale positivo. Per il momento, però, resta l’impressione di avere ancora molto, molto lavoro da fare. Speriamo di farlo sempre più insieme, tra cristiani. (NEV-18/08)



Mercoledì, 07 maggio 2008