Agenzia NEV - SPECIALE: Terza Assemblea ecumenica europea
(Sibiu, 4-9 settembre 2007)

Cristo illumina anche le nostre resistenze al dialogo e la luce necessaria per superarle

di Letizia Tomassone

pastora valdese, coordinatrice della delegazione protestante italiana a Sibiu


Le difficoltà dell’ultimo giorno non devono oscurare del tutto l’importanza della grande Assemblea ecumenica europea (AEE3) che abbiamo vissuto a Sibiu. Dobbiamo infatti riconoscere che abbiamo ricevuto dall’assemblea almeno tre cose molto importanti:

- una buona profondità storica di convivenza, legata alla città stessa di Sibiu e alla sua storia di città di molte culture e molte appartenenze religiose;

- una visione dello stato della situazione rispetto all’unità visibile della chiesa, che ha mostrato molte più sfaccettature di quanto si poteva pensare;

- una prospettiva su cui muoversi legata alla collaborazione già in atto e anche a quella da sviluppare sui temi della giustizia, dell’ambiente, contro il traffico di esseri umani, ecc.

Quest’ultima prospettiva è quella che dà speranza rispetto al futuro. Da un lato, infatti, uno dei limiti grossi dell’AEE3 è stato il fatto di non aver dato voce a tutte le molteplici e ricche esperienze presenti. L’assemblea di fatto è stata più una grande conferenza fatta dal palco che una vera assemblea partecipata. Sicuramente c’è stata paura ad attivare l’assemblea in questo senso, perché i percorsi sotterranei e molto concreti dell’ecumenismo avrebbero fatto saltare le costruzioni teologiche che fanno barriera fra una chiesa e l’altra. Un ecumenismo che tenga conto del dinamismo del popolo di Dio e della movimentazione che lo Spirito di Dio opera, non può accontentarsi delle dichiarazioni definitorie degli uffici per l’ecumenismo delle diverse chiese.

A partire da Sibiu mi sembra si possa dire che oggi diventa centrale la costruzione di reti trasversali che tengano conto della complessità dei problemi: es. ambiente e giustizia, libertà di movimento e diritto al radicamento nella propria cultura, ecc.

A più riprese si è fatto riferimento alla fine di una fase e si è come abbozzato un nuovo inizio nel cammino ecumenico. Il vescovo luterano Huber, per esempio, ha affermato che non dovremmo più basarci sulla riflessione ecclesiologica – cioè sulla domanda di quanto ci costituisce come chiesa – ma sulla domanda cristologica: in che modo le chiese trasmettono il messaggio della salvezza? cosa è per noi e per la nostra predicazione la salvezza in Gesù Cristo oggi?

Che questa assemblea abbia segnato la fine di un certo tipo di ecumenismo è stato detto in modo duro dal cardinale cattolico romano Kasper, quando ha parlato di fine di un “ecumenismo delle coccole” e di necessità di rendere testimonianza alla Verità anche dicendo cose sgradevoli al partner ecumenico. Per lui, in linea con la Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, il tema della salvezza è legato prima di tutto alla concreta mediazione della chiesa nel suo aspetto ministeriale.

In un certo senso abbiamo sperimentato un dialogo mancante, che dà per scontati larghi pezzi del discorso, che preferisce ignorare il cammino di altre chiese e le comprensioni teologiche e di fede di altri credenti. E’ una ignoranza basata sulla presunzione che la propria posizione sia l’unica interpretazione possibile dell’evangelo: la chiesa sacramentale, in fondo, non è la sola depositaria della grazia e della verità?

Certo, se guardiamo a questi discorsi che dal primo giorno si sono ripetuti con accenti diversi, viene da dire che il palco dell’assemblea ha mostrato fratture e divisioni profonde, senza saper offrire un sogno e una visione che ci illuminasse davvero tutti immergendoci nella luce di Cristo. E queste fratture sono emerse tutte nell’incidente ecumenico legato al messaggio finale, che conteneva testi diversi nelle diverse lingue.

Ma che dire della testimonianza dei e delle giovani – il cui messaggio comune è stato per diversi giorni l’unico documento ufficiale disponibile a conclusione dell’AEE3: non è questo un bel segno che invita le chiese, in un certo senso, a passare la mano alle giovani generazioni?

O degli incontri avvenuti fra i delegati negli interstizi dell’assemblea, in cui emergeva improvvisa la quantità di competenze e azioni ecumeniche già in atto, e di attese di azioni anche semplici, come quella tutta italiana di veder fiorire Consigli delle chiese cristiane in ogni città e anche a livello nazionale.



Sabato, 15 settembre 2007