Verso SIBIU
L’ecumenismo è in difficoltà.

di Noi siamo chiesa

“Noi Siamo Chiesa” auspica che nella prossima assemblea di Sibiu i cristiani e le loro Chiese riprendano il percorso ecumenico dandosi obiettivi concreti e strumenti di azione comune.


I cristiani di fronte al difficile inizio del millennio
Siamo alla vigilia del terzo incontro ecumenico europeo che si terrà a Sibiu in Romania all’inizio di settembre su “La luce di Cristo illumina tutti. Speranza di rinnovamento ed unità in Europa”. Il nostro ricordo va subito ai due che l’hanno preceduto, quello di Graz del 1997 e quello di Basilea del 1989 che si concluse con un documento finale su “La pace nella giustizia per tutto il creato”. Partendo da questa riflessione non possiamo che constatare gli aspetti negativi che in questi anni si sono aggravati per quanto riguarda la convivenza nel nostro pianeta: la globalizzazione dell’economia presenta più aspetti fortemente criticabili che dati positivi; l’11 settembre ha fatte emergere il fondamentalismo di stampo terroristico di fronte al dominio economico e militare degli USA e dell’Occidente; la guerra è, più di prima, considerata e praticata come mezzo naturale di risoluzione dei conflitti; gli obiettivi del millennio stabiliti in sede ONU sono, fino ad oggi, sostanzialmente disattesi; il riarmo è ormai generalizzato; la cancellazione del debito estero dei paesi poveri (oggetto della mobilitazione delle Chiese) non è stato raggiunto; il deterioramento delle condizioni ambientali continua. Questo scenario cupo richiede una ripresa urgente del processo di avvicinamento e di azione comune di tutti coloro che credono nell’Evangelo da perseguire in un rapporto positivo con le altre religioni.
Con tutto il cuore auspichiamo quindi che l’incontro di Sibiu non sia una palestra per la ripetizione di cose già dette che restano senza seguito ma che sia uno stimolo per una nuova cultura e soprattutto per una nuova prassi dell’incontro e dell’azione comune tra i credenti in grado di superare le paure, le reticenze, gli espliciti stop degli apparati ecclesiastici ed ogni altra resistenza interna alle Chiese .

La Charta Oecumenica
In questo ultimo decennio il cammino ecumenico in Europa ha portato alla firma il 22 aprile del 2001 della Charta Oecumenica da parte della KEK (Conferenza delle Chiese europee) e del CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali europee). “Noi Siamo Chiesa” l’ha giudicata subito positivamente dando, in fase di redazione, il suo contributo. Essa è il frutto diretto dei due incontri ecumenici europei precedenti.. Valido e nuovo è stato il metodo con cui è stata elaborata, fondato su larghe consultazioni, permettendo un sensibile miglioramento della prima bozza. Di grande importanza sono gli obiettivi che vi sono affermati e che ci permettiamo di ricordare : rendere visibile l’unità tra i cristiani, eliminare la concorrenza nell’annuncio del Vangelo, rielaborare la storia delle Chiese e la disponibilità alla penitenza per i peccati commessi nei reciproci rapporti, rafforzare ogni iniziativa ecumenica, pregare insieme e proseguire e ricercare il dialogo su tutto alla luce del Vangelo. Importante è pure l’affermazione di una comune responsabilità nei confronti dell’Europa per contribuire a plasmarla, dell’impegno a riconciliare popoli e culture, a salvaguardare il creato, ad approfondire la comunione con l’ebraismo e a curare le relazioni con l’Islam e con le altre religioni e visioni del mondo.
Un documento tanto impegnativo ed apprezzabile merita, prima di Sibiu, un primo bilancio su quanto esso si proponeva, cioè la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa.

La situazione in Italia
“Noi Siamo Chiesa” esprime qualche considerazione sulla situazione italiana. Essa non è positiva. Il cosiddetto “popolo ecumenico” si è attivato ma è mancata, salvo eccezioni, nel tessuto ordinario della nostra Chiesa (diocesi, parrocchie, associazioni, congregazioni religiose) una vera attenzione alla Charta Oecumenica, ai suoi contenuti, ai suoi obiettivi, quasi fosse qualcosa che riguardasse solo altre situazioni, quelle dei paesi del centroeuropa e dell’est. Prova di ciò è l’assoluta marginalità che ha avuto la tematica ecumenica nel quarto Convegno ecclesiale di Verona dello scorso ottobre. Anche iniziative importanti, sorte dal basso, come la Giornata del dialogo cristiano-islamico, giunta ormai al settimo anno, ed i due incontri dei giovani “Osare la pace per fede” non hanno avuto un appoggio significativo, generale ed ufficiale, mentre su questioni etiche importanti (referendum sulla legge n. 40, ddl sui DICO e altre) c’è stata assenza di dialogo e posizioni divaricate tra le istanze ufficiali della nostra Chiesa ed il mondo evangelico.

Il nuovo pontificato
Dobbiamo inoltre dire con chiarezza che il nuovo pontificato, che ha un’influenza in Italia superiore a quella che ha in altri paesi, manifesta un orientamento che non ci sembra favorisca il percorso ecumenico. L’accentuazione della gestione autoritaria e personalista della Chiesa cattolica da parte di Benedetto XVI crea solo diffidenze e sospetti nelle altre Chiese cristiane. L’approccio teologico e pastorale all’Eucaristia, sia con la Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis sia con il Motu Proprio Summorum Pontificum”, è di segno regressivo, tutto pensato in logiche interne alla Chiesa cattolica e crea solo ostacoli nella “direzione dell’obiettivo della condivisione eucaristica” (che è il punto 5 della Charta Oecumenica). Il discorso di Ratisbona, l’interpretazione “continuista” del Concilio Vaticano II (in polemica esplicita con quella che sostiene che il Concilio ha segnato una rottura nella storia della Chiesa) sono fatti che vanno nella direzione di una accentuazione delle distanze soprattutto nei confronti degli evangelici e che sono alla base delle difficoltà dell’ecumenismo oggi. Anche il discorso del Papa per il cinquantennale dell’Unione Europea del 25 marzo è stato di supporto alla COMECE (l’organizzazione dei vescovi dell’Unione Europea) nel momento in cui si ricordava questa data in modo separato dalle altre Chiese cristiane europee.
Inoltre la ripetizione dei contestatissimi contenuti della Dominus Jesus del Card. Ratzinger nel documento della Congregazione per la dottrina della fede del 29 giugno, alla vigilia dell’incontro di Sibiu e della riunione della Commissione mista cattolico-ortodossa di ottobre, sembrano riproporre ancora una volta una centralità della Chiesa cattolica che. nei fatti, rende più difficile il percorso ecumenico. Ci chiediamo se il Papa ha letto la Charta Oecumenica e se la considera parte del patrimonio del popolo di Dio nel continente europeo, in linea di continuità e di sviluppo con il Concilio Vaticano II.

Che cosa ci aspettiamo dall’incontro di Sibiu
Nell’incontro di Sibiu speriamo che i delegati godano di un tempo adeguato per la discussione, che essi possano presentare e votare documenti e che ci sia un rispetto sostanziale dell’assemblea da parte degli apparati delle Chiese che l’hanno promosso. Da Sibiu ci aspettiamo una riflessione su questi anni, su come è stata “usata” la Charta Oecumenica in Europa, ci aspettiamo parole di speranza, che valorizzino l’unità nella diversità tra i credenti nell’Evangelo e che non ci si attardi sulle differenze pure esistenti “a proposito della Chiesa e della sua unità, dei sacramenti e dei ministeri” (punto 1 della Charta). I propositi per una presa di posizione e per una azione comune che noi vorremmo ribaditi ed estesi riguardano soprattutto:
--l’espressione congiunta di un radicale rifiuto della guerra come strumento di soluzione delle controversie tra i popoli e tra gli Stati;
-- l’intenzione di agire, nei confronti delle istituzioni e dei poteri economici, perché sia modificato il rapporto tra l’Europa ed i paesi del Sud del mondo in vista del superamento delle condizioni di miseria e di sofferenza che affliggono la maggior parte della popolazione del pianeta;
--l’abbandono della ricerca di un ruolo istituzionale delle Chiese nell’ambito delle istituzioni dell’Unione Europea ( come quello previsto dall’art. 52 del progetto di Costituzione Europea) a favore di una presenza evangelicamente ispirata che si caratterizzi sul piano etico, culturale e sociale;
--l’impegno ad una ricerca comune sui nuovi problemi etici che sorgono dal progresso della scienza ed in particolare della medicina;
--un impegno generalizzato per un approccio di simpatia e di dialogo con le altre religioni (ed in particolare con l’Islam) per prevenire e contraddire ogni fondamentalismo di tipo religioso;
Ci aspettiamo anche da Sibiu decisioni che permettano di rendere operativi almeno alcuni degli obiettivi della Charta, con l’indicazione degli strumenti necessari. Ipotizziamo, per esempio, la costituzione di Consigli delle Chiese cristiane da istituirsi ovunque ai vari livelli, la organizzazione di una Rete europea dei cristiani per la pace e la istituzione di una giornata ecumenica di preghiera per la salvaguardia del creato.

Questi obiettivi li proponiamo e li viviamo ricordando le parole di Paolo agli Efesini “Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4, 1-6).

NOI SIAMO CHIESA
(aderente all’International Movement We Are Church-IMWAC)
Roma agosto 2007



Martedì, 07 agosto 2007