In Romania la terza assemblea tra cattolici, ortodossi e protestanti
Il cardinale Kasper cerca di rimediare ai colpi bassi del Vaticano

di Fulvio Fania

L’impasse dell’ecumenismo nell’era di Papa Ratzinger


Riprendiamo questo articolo dal quotidiano liberazione di oggi 6 settembre 2007

Sibiu nostro inviato

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Diavolo d’un documento. Ci voleva anche l’ex Sant’uffizio a complicare la vita al cardinale Walter Kasper. Lui, votato per indole e per ufficio a cercare l’unità con protestanti, ortodossi e anglicani e la Congregazione vaticana per la dottrina a ripetere invece che le chiese della Riforma non sono chiese autentiche e che quelle d’Oriente lo sono ma mancano comunque di qualcosa. Il brutto colpo è stato sferrato proprio alla vigilia di questa assemblea convocata dalla conferenza degli episcopati cattolici e dalla Kek, l’organismo che riunisce tutte le altre comunità cristiane d’Europa. E’ il terzo incontro del genere dopo Basilea nell’89 e Graz nel ’97; il "partito" dell’ecumenismo lo attende da tempo per risalire il riflusso. Eppure questo raduno ci appare un po’ isolato dal mondo, qui sotto un tendone bianco al centro della capitale della Transilvania irraggiungibile per le sue strade tortuose e soffocata da una pioggia furiosa, mentre papa Ratzinger se la cava inviando un messaggio in cui raccomanda il dialogo «nella verità» e la «fraternità» nell’ascolto, ma intanto da venerdì dirotterà le telecamere sul suo viaggio al santuario in Austria.

Kasper sa bene che quella nota dottrinaria, emanata a luglio, è un ulteriore ostacolo tra i fratelli separati e che sicuramente gliene chiederanno conto. Perfino gli ortodossi si sono infuriati. Il vescovo luterano Wolkgang Huber è infatti pronto ad attaccare: «Una chiesa che pretende di essere l’unica attualizzazione di Cristo degrada inevitabilmente le altre chiese e impedisce di ragionare assieme». Che bisogno c’era - incalza il protestante - di «riscaldare la minestra ribadendo affermazioni già proclamate» da Ratzinger quando era cardinale.

Kasper riesce tuttavia a giocare d’anticipo: «So che molti fratelli si sono sentiti feriti, non era nelle nostre intenzioni». Insomma l’uomo vaticano dell’ecumenismo prende le distanze dal documento della discordia. Era destinato solo «all’interno» non introduce cose nuove - aggiunge - «forse avremmo potuto usare una formula diversa», e comunque - conclude - è sempre meglio dirsele chiare piuttosto che cullarsi in «un’ecumenismo di coccole o di facciata». Il fatto è che, secondo Kasper, ormai si è esaurito anche il «metodo delle convergenze», cioè la ricerca del minimo comune denominatore tra le diverse famiglie cristiane. Occorre tentare altre strade confrontandosi «onestamente» sulle diversità.

Strano spettacolo. Al momento della preghiera comune lo stile degli evangelici ha il sopravvento e anche la barba bianca del patriarca ortodosso di Costantinopoli Bartolomeo I è costretta ad ondeggiare al suono della chitarra, così diverso dai suoi inni bizantini, mentre le berrette rosse e viola devono recitare in coda all’Esercito della salvezza. Venti vescovi italiani sono arrivati in aereo insieme ai valdesi; gruppi ecumenici del nord Europa sorridono all’idea che prendere la comunione insieme ad un cattolico per il papa possa essere peccato; la platea è piena di esponenti di piccole comunità e di minuscole chiese fino a contarne addirittura centoventi di ogni parte d’Europa. I padroni di casa romeni si presentano con il fardello delle loro liti tra ortodossi e i cattolici di rito orientale per la proprietà delle chiese restituite dallo Stato. Nel pomeriggio i duemilacento delegati si riuniscono per le sessioni tematiche: unità, spiritualità, testimonianza, Europa, religioni, migrazioni, ambiente, giustizia e pace. Tutti confessano che a Graz, dieci anni fa, c’era più entusiasmo, più slancio, più popolo, tanto da insospettire le gerarchie refrattarie. All’epoca partecipò anche Camillo Ruini. Nel 2001 venne redatta una Carta ecumenica per l’azione comune, fu una pietra miliare ma poi la macchina ha frenato. Certo, la fede nella «luce di Cristo» unisce tutti e allora perché non ripartire proprio dai fondamenti?

Facile a dirsi. «E’ necessario darsi obiettivi molto concreti - insiste il pastore Jean Arnold De Clermont, presidente della Kek -, dobbiamo avere il coraggio di affrontare i nostri blocchi e le nostre divisioni». Da Mosca è arrivato il metropolìta Kirill, candidato a succedere al patriarca Alessio II. Il suo discorso contro i mali della post-modernità fa impallidire perfino lo zelo di Ratzinger contro il relativismo. Kirill non cita espressamente i protestanti ma ce l’ha chiaramente con loro quando denuncia l’idea che «le norme morali possano evolversi» e non siano date una volta per tutte dalla tradizione. Troppi cristiani, a suo parere, soccombono allo spirito malefico dei tempi. Nessun dubbio, la sua chiesa procede a gonfie vele, la secolarizzazione è un problema altrui. Huber gli risponde per le rime, gli ricorda che la modernità non è tutta da buttare e che semmai vi si possono individuare anche altri mali tra cui il dominio assoluto del mercato. Due mondi lontani. E pensare che Dimitra Koukoura, teologa di Salonicco, ci aveva spiegato che, in fin dei conti, il problema dei protestanti appartiene solo alla chiesa cattolica perché Lutero si rivoltò al papa, non alle chiese orientali. Del resto neppure Kasper sopporta le donne vescovo degli evangelici.

Bartolomeo, primus inter pares tra i patriarchi ortodossi, generale a capo di un piccolissimo esercito di fedeli ma con l’autorità della storia, torna a proporsi come ponte con Roma e rilancia il tema «etico e teologico» della difesa del pianeta dalla rovina ambientale. E’ un suo cavallo di battaglia, recentemente assunto anche da Benedetto XVI. Ecco, appunto: si potrebbero trovare campi d’azione comune tra i cristiani europei. «Dare un’anima all’Europa» potrebbe essere la ragione di un lavoro unitario secondo monsignor Vincenzo Paglia, che è tra i promotori dell’incontro e osserva: «Mentre l’Europa politica ed economica fa fatica, qui sono raccolte tutte le chiese cristiane del continente». Il documento per questa assemblea è zeppo di suggerimenti raccolti nel lungo lavoro preparatorio passato per due incontri a Roma e a Wittemberg. C’è chi propone di abbandonare l’energia atomica e chi di «chiarire il peccato contro gli animali», chi la Tobin tax e chi la smilitarizzazione d’Europa. Ma un vescovo ci confida che queste cose, buone per gli ambientalisti, non bastano all’unità dei cristiani. L’ecumenismo di base, magari attraverso i matrimoni misti, se ne frega dei canoni dottrinari, in compenso trascina le anime più dei convegni.

06/09/2007 - su Liberazione a pag.8 -

http://www.liberazione.it/



Giovedì, 06 settembre 2007